di Salvatore Usala* (Liberazione del 25 maggio 2011)
16 novembre 2010: noi malati SLA (Sclerosi Laterale Amiotrofica) scendiamo in piazza per rivendicare il diritto ad una vita indipendente e dignitosa, per chiedere maggiori risorse per assistenza e ricerca. In quella occasione il Governo ci fa una promessa: 100 milioni ai malati Sla. Subito i media evidenziano la notizia come un successo della nostra lotta. Ecco quindi che viene inclusa nel “milleproroghe”, dove però ci accorgiamo che la promessa viene modificata unilateralmente: la disponibilità diventa ‘fino a 100 milioni’ prelevati, tra l’altro, dai fondi del 5xmille e questo significa non garantire la certezza dell’intero finanziamento promesso. Indignati, proviamo più volte a chiedere un incontro al Governo, ma nessuna risposta. Passano sei mesi e, di fronte al silenzio e all’indifferenza, scendiamo di nuovo in piazza, noi malati di SLA, con tutte le difficoltà che si possono immaginare. La protesa stavolta si allarga contro l’azzeramento del fondo nazionale per la non autosufficienza e la drastica riduzione di quello per le politiche sociali che stanno determinando un ulteriore indebolimento di prestazioni e servizi di cui abbiamo bisogno, di cui abbiamo diritto di beneficiare. Quindi il 17 maggio, puntualmente ci presentiamo alle 10,30 davanti al Ministero dell'Economia. Chiaramente sono tutti impegnati ad analizzare il risultato elettorale e a leccarsi le ferite per la bruciante sconfitta. Nessuna telecamera, nessun giornale, la competizione elettorale non può lasciare spazio a niente altro, men che meno a 80 disperati con 15 malati gravi in carrozzina. Una nostra delegazione viene ricevuta dal dott. Volpe, consigliere del ministro Tremonti, mentre gli altri mantengono il presidio sotto il ‘palazzo’. Ci portano nel ‘parlamentino’ del Ministero, una gran sala con un tavolo enorme e platea. Dopo breve attesa ci raggiunge il dott. Volpe che ci illustra la situazione: “decreto attuativo in preparazione, successivo passaggio alla Presidenza, ritorno all'Economia per l'assegnazione del capitolo di spesa, trasferimento dei fondi del 5x1000 all'incasso, cioè fra due anni”. La nostra risposta è perentoria: i fondi devono essere subito disponibili per le famiglie, non ci interessano i cavilli tecnici e l’iter burocratico. A questo aggiungiamo che non ci saremmo mossi senza una risposta certa. L'attesa è lunga ed estenuante: ben 4 ore abbandonati senza acqua, affamati, soli, con due finanzieri in un palazzo deserto, popolato da burocrati indifferenti ai nostri gravi disagi di persone allettate 24 ore al giorno. Alle 14,30 ci facciamo portare da fuori dei panini con dell'acqua; alle 15, stanchi di aspettare, con i compagni al sole, si iniziano a distribuire fischietti tra i manifestanti. Inizia un po' di rumore. Alle 15,30 diamo il benestare per bloccare il traffico in via XX Settembre: vengono tutti identificati e minacciati di sanzioni penali ed amministrative. La nostra delegazione si mette nell'andito deserto, facciamo presente che l'autonomia delle batterie è ultimata: tra un'ora tutto si spegnerà, anche la nostra vita. Alle 16 si presentano due funzionari che ci garantiscono che hanno predisposto un DPCM d’urgenza e che il provvedimento è stato inoltrato alla Presidenza del Consiglio. Chiediamo un comunicato stampa o una comunicazione scritta che ci viene concessa: possiamo ricaricare le batterie, non è ancora giunto il momento della morte anche se eravamo decisi a tutto. Dopo la SLA, nulla ci fa paura. Alle 16,30, dopo 5 ore lasciamo il Ministero e raggiungiamo i nostri compagni. Un paio di giorni dopo riusciamo a sapere da fonti ministeriali, grazie anche all’interessamento di Rifondazione Comunista, che il DPCM è stato firmato dal presidente Berlusconi e dal Ministro Tremonti ed è stato inoltrato alla Corte dei Conti per la ‘registrazione’. Tornerà ora all'Economia per il formale inserimento nel capitolo di spesa. La cosa fondamentale è stata ottenuta: lo sblocco immediato dei 100 milioni. Certamente vigileremo sul processo successivo perché tali fondi non si disperdano tra Ministeri ed assessorati, ma vadano integralmente alle famiglie, i malati vogliono essere rappresentati senza deleghe in bianco. La portata della nostra battaglia ha una valenza per tutti i disabili; noi vogliamo aprire una breccia, indicare la strada. Bisogna credere nella lotta finalizzata agli obiettivi e smetterla con dialoghi inconcludenti che servono solo all'associazionismo connivente in cerca di stupidi privilegi. Vogliamo vincere questa battaglia e iniziarne delle altre per vederci riconosciuti i nostri diritti, quelli costituzionali. Nient’altro, anche se oggi in Italia sembra chiedere troppo.
*malato SLA e fondatore del Comitato ‘16 Novembre’ www.comitato16novembre.org