Welfare, contro il Libro Verde si riparte da inclusione e democrazia

di Fabrizio Salvatori

Articolo di Liberazione del 11-12-2008

Una manifesto che serva da base agli stati generali del Welfare e una manifestazione per protestare contro il cambio di impostazione su sanità e assistenza messo in atto dal Governo Berlusconi. E’ questa la direzione di lavoro uscita dal seminario-incontro promosso dal Prc nazionale a Roma lo scorso martedì. All’iniziativa, dal tiolo “Ripartiamo dai diritti, per un Welfare inclusivo e partecipato”, sono intervenuti numerosi rappresentanti del cosiddetto Terzo settore, da Giulio Marcon, di Sbilanciamoci, a Lucio Babolin, presidnte del Cnca, dagli assessori Silvana Cesani e Damiano Stufa, ad Enrico Pugliese, professore universitario e studioso, a RobertoLatella, di Città Visibile. Quasi venti interventi, il cui minimo comune denominatore è stato quello di cercare una risposta non episodica e autorappresentativa al nuovo corso aperto dal Libro verde del ministro Sacconi e, nello stesso tempo, cominciare a sperimentare nuove forme di alleanze con gli enti locali, che con il regime dei forti tagli si trovano senz’altro al centro dello scontro. Un cambio di paradigma contro il quale è possibile opporre un modello partecipativo e allargato in cui si faccia largo l’idea di una nuova coalizione. Una nuovacoalizione che, come ha sottolineato il segretario del Prc Paolo Ferrero nelle conclusioni, dovrebbe riunire tutti i soggeti che condividono il no al mercato dei serivzi, alla precarizzazione, l’apertura a forme di mutualismo ela rottura del cerchio tra Stato e mercato. Al centro della proposta del Prc, delineata nei due interventi introduttivi di Roberta Fantozzi e Antonio Ferraro. Alla media europea della spesa per assistenza e sanità, in Italia manca un punto e mezzo di Pil. «Viceversa la manovra del Governo è stato pesantissima perché ci sono solo nella sanità 6 miliardi in meno - spiega Roberta Fantozzi, della segreteria del Prc, responsabile del  settore Lavoro e Welfare - senza contare i tagli sull’istruzione e quelli che modificano il paradigma indirizzato verso una logica privatistica con assicurazione private nuovo ruolo degli enti bilaterali e sanità integrativa». «Al modello della Social Card, dell’elemosina di Stato che viola i diritti universali sanciti dalla Costituzione e dai trattati internazionali - ha sottolineato Antonio Ferraro, responsabile Politiche sociali del Prc - noi contrapponiamo un modello che rilanci un welfare pubblico, costruito sui diritti e partecipato dalla cittadinanza per divenire realmente inclusivo. Un modello che parta dal basso, dalle donne e dagli uomini in carne ed ossa, dalla loro quotidianità che deve essere vissuta dignitosamente e nel benessere».

Damiano Stufara (Assessore Politiche Sociali e Abitative Regione Umbria)

Antonio Ferraro (Responsabile Nazionale Politiche Sociali P.R.C.)

La rivolta della Regione Umbria e dei comuni del cuore verde di Italia contro i tagli al sociale decisi dal governo oltrepassa le differenze politiche e diventa generalizzata, con l’adesione, per una volta unite, di CGIL-CISL-UIL, e dell’intero terzo settore regionale. Mentre il mondo della scuola in ogni angolo del Paese manifesta sotto la parola d’ordine “noi la crisi non la paghiamo”, dall’Umbria parte un’altra onda: quella che denuncia i drammatici tagli a tutti i fondi che sostengono i servizi sociali e i sistemi locali di welfare in Italia e chiede al Governo di cambiare strada, di non acuire ulteriormente le disuguaglianze nella nostra società guardando solo al mercato ed indebolendo il sistema di protezione sociale, già inadeguato a rispondere ai crescenti bisogni e disagi della cittadinanza.

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Dichiarazione di Antonio Ferraro, responsabile nazionale Politiche sociali Prc- SeI dati Istat sulla povertà preoccupano, ma dovremmo preoccuparci maggiormente per quello che avverrà nei prossimi mesi, quando aumenteranno considerevolmente i poveri per via della crisi economica in atto e della totale mancanza di azioni di contrasto alla povertà daparte del Governo. Infatti, nel pieno della crisi il Governo pensa solo a salvare le banche e le imprese, ignorando totalmente milioni di cittadini in difficoltà socioeconomica.Al dramma sociale si risponde con responsabilità sociale e il Governo dimostra di non averla, soprattutto se l'unica soluzione finora proposta è quella caritatevole ed inefficace della 'social card'.Bisogna alzare redditi e pensioni, bloccare i prezzi dei beni di prima necessità.Lo Stato non deve fare la carità, ma garantire condizioni di vita dignitosa a tutti.
Roma, 5 Novembre 2008

Tagli alla sanità, alla scuola, alle politiche sociali, in un paese impoverito

di Antonio Ferraro*

Anche quelle poche certezze (la scuola pubblica in primis), quelle flebili speranze di crescita del bene-essere in questa società, sono messe lì tutte in fila, in attesa di essere fucilate una ad una dal governo. Spesso, poi, lo sparo del colpo alla testa viene concesso all'alleato prediletto, Confindustria.
Si sta attaccando su più fronti il sistema di protezione sociale del nostro Paese: dai tagli previsti in finanziaria, alle politiche di privatizzazione del welfare, al federalismo fiscale che indebolisce principalmente i servizi essenziali alla persona e aumenta le distanze tra nord e sud. Tagli alla sanità, si calcolano 7,5 miliardi di euro in meno nel prossimo triennio (fonte Conferenza delle Regioni). Tagli al fondo nazionale per le politiche sociali, 270 milioni in meno. Nulla sul fondo sulla non autosufficienza a partire dal 2010. E nel pieno di una crisi economica, da cui emerge palese il fallimento del capitalismo moderno, l'antidoto proposto dal governo per rilanciare il welfare (vedi il libro verde di Sacconi) è di venderlo allo stesso mercato che ha alimentato la povertà di milioni di persone. Il disegno è scientifico e quasi diabolico se aggiungiamo le manovre a favore delle  banche invece che a sostegno dei cittadini e quelle contro la scuola pubblica (approvato mercoledì il decreto Gelmini) per facilitare il passaggio da una educazione da garantire a tutte e a tutti alla mercificazione selvaggia della conoscenza. Un vero attacco ai diritti universali, che vengono risucchiati e mortificati in un'ottica di produttività esasperata, dove la tutela pubblica viene a mancare e si scarica la responsabilità sul cittadino che deve "acquistare" i propri diritti sul mercato, che non fa sconti a nessuno. Eppure non lo dice solo Rifondazione che c'è bisogno di interventi urgenti contro il caro vita, contro la povertà, a partire dall'innalzamento delle pensioni, comprese quelle di invalidità, e dei salari. Non è solo Rifondazione che invoca la definizione dei livelli essenziali di assistenza sociale per rendere esigibili i diritti omogeneamente su tutto il territorio nazionale. Ma qualcuno ha almeno letto l'ultimo rapporto della Caritas sulla povertà (un quarto della popolazione è povera)? Se l'Ocse ci mette al sest'ultimo posto per la disuguaglianza tra ricchi e poveri vorrà dire qualcosa o no? Non vogliamo fare i catastrofisti, ma crediamo che la politica debba fare i conti con la realtà e muoversi di conseguenza per cambiarla in meglio. E la realtà ci dice che siamo solo all'inizio di una tragedia sociale, da anni annunciata, che si articolerà in ogni angolo del Paese. Aumenteranno ancora di più i disoccupati, i poveri. Aumenterà la paura del futuro, del diverso. Si ridurranno i servizi essenziali per le persone in difficoltà, dai disabili agli anziani.Opporsi a questo stato di cose e a quello prefigurabile vuol dire opporsi con forza al governo Berlusconi. Un'opposizione che diviene una responsabilità sociale che ogni soggetto politico di sinistra dovrebbe assumersi, perché il conflitto abbia voce e palpabilità politica e si traduca in lotta di classe per ridurre le distanze tra chi specula sulla pelle della gente e chi vuole vivere una vita dignitosa. Una lotta di classe che, nelle coscienze e nelle pratiche della gente, si sostituisca alla guerra fra poveri. Fortunatamente le alleanze su questo terreno di lotta non si costruiscono a tavolino, nelle segreterie dei partiti; ma nascono dal basso, tra la gente, da dove si consuma il conflitto sociale e si articola un'opposizione fatta di azioni concrete. Un'opposizione vera ed utile.

*responsabile nazionale delle Politiche sociali Prc-Se

Liberazione del 02/11/2008

Dichiarazione di Antonio Ferraro, responsabile nazionale delle Politiche sociali del PRCE' inaccettabile tagliare le risorse allo sport, come sta facendo il governo, perché in questo modo si indebolisce uno degli strumenti più efficaci di inclusione sociale e di crescita individuale e collettiva a disposizione.
Vanno invece certamente ridotte le risorse pubbliche al Coni, soprattutto perché finalizzate prevalentemente alla privatizzazione del sistema attraverso la Coni Servizi Spa. Ma contemporaneamente vanno incrementate quelle per la promozione delle attività motorie e sportive nelle scuole, elementari in testa, e nei contesti sociali dove il problema dell'esclusione è più sentito.
Dobbiamo cominciare a riconoscere e sostenere il ruolo sociale ed educativo dello sport, come avviene negli altri Paesi europei, e non la degenerazione moderna dello sport-business, che ha portato a stipendi altissimi dei manager e al soffocamento delle associazioni sportive di base.
Roma, 31 ottobre 2008

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