di Antonio Ferraro – responsabile nazionale Politiche sociali Prc-Se (Liberazione del 26 febbraio 2010)
La campagna nazionale “i diritti alzano la voce” rappresenta il tentativo più avanzato di costruire una nuova alleanza tra organizzazioni del sociale, politica, istituzioni e cittadini per contrastare il piano del governo di distruzione dello Stato sociale. Un’opposizione che parte innanzitutto dalla lucida consapevolezza della situazione drammatica che stiamo attraversando, oscurata dai media e determinata non solo dalla crisi economica ma anche dai tagli e dalle politiche del governo, che ne acuiscono gli effetti. Come ci dicono i maggiori osservatori nazionali e internazionali, disuguaglianze e povertà continuano ad aumentare, mentre il governo rilancia la social card come unico rimedio. “Una parodia offensiva della solidarietà'' come l'ha definita Lucio Babolin del Cnca. Una campagna autonoma dai partiti, “ma che mira a dialogare con essi” per dare forza ad un modello sociale fondato sui diritti e l’uguaglianza da contrapporre a quello mercantile e caritatevole che si tenta di instaurare nel nostro paese. “Crediamo sia giunto il momento – si legge nel manifesto del welfare che accompagna l’iniziativa – per dire che lo Stato sociale va non solo salvato ma anche rilanciato e che si deve tornare all’affermazione dei diritti di cittadinanza sanciti dalla nostra Costituzione”. Emerge così la necessità di organizzarsi tutti insieme, abbandonando atteggiamenti di autoreferenzialità, per favorire uno sbocco verticale al conflitto sociale che, altrimenti, rischiamo solo di subire. Per fare ciò la ricetta della campagna pare essere opportuna. Contro un disegno di vero e proprio “darwinismo sociale”, facilitato dalla deresponsabilizzazione del pubblico e dalla riproposizione del mercato come regolatore di tutto, va “alzata la voce”, ma va messa in campo anche una strategia che punti a “farla ascoltare”. Una voce forte di significati e proposte alternative che vanno dalla rivendicazione di maggiori risorse, incrementando la spesa sociale italiana, tra le più basse d’Europa, alla costruzione di politiche profonde e finalizzate all’effettiva redistribuzione del reddito e del benessere nel nostro paese. Le proposte agiscono su punti fondamentali di un modello sociale alternativo, che tiene insieme lavoro e questione sociale. Vanno definiti i livelli essenziali di assistenza sociale, riducendo così anche le enormi disuguaglianze territoriali, già alimentate dalla riforma del titolo quinto della Costituzione e a rischio di precipitazione con l’introduzione del federalismo fiscale. Va introdotto il diritto di voto per i migranti, riformata la legge sulla cittadinanza. Istituito il reddito minimo di inserimento come misura efficace di contrasto alla povertà (solo Italia, Grecia e Ungheria ne sono sprovviste). Promossa una giustizia fiscale attraverso politiche improntate sulla progressività e la lotta all’evasione. Generalizzati gli ammortizzatori sociali, contrastata la precarietà del lavoro. Proposte condivise da Rifondazione comunista, che sostiene la campagna e accoglie positivamente l’idea di stabilizzare un’alleanza tra forze politiche e sociali per dare vita ad una stagione duratura di lotta su questi temi, che vada oltre la mobilitazione di sabato al fine di passare, come ha suggerito Luigi Ciotti alla manifestazione di “Strada Facendo 4”, dal concetto di “farsi strada” a quello di “fare strada”. E le ultime parole del manifesto del welfare ci indicano la strada da fare: “dalla crisi si esce solo aumentando le tutele, non togliendole. Lo Stato o è sociale o non è”.
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