120801gcLa crisi economica sta determinando effetti devastanti. I dati sulla recessione, sulla disoccupazione giovanile, sull’aumento della povertà e sull’incidenza dei contratti precari sul mercato complessivo del lavoro sono inequivocabili. 36% di disoccupazione giovanile, 4 milioni e mezzo di precari, più di 2 milioni di giovani senza lavoro e fuori dal ciclo della formazione, il 78% dei contratti attivati per i giovani nell’ultimo anno in forme precarie, una previsione di recessione fino (dicono il Fmi e Confindustria) al 2017. Il governo Monti – in questo quadro – è parte integrante del problema: è un governo di destra che fa politiche di destra, inique, classiste e recessive. I 100 miliardi di finanziarie già approvate, i 10 miliardi di tagli alla sanità della spending review, la controriforma del mercato del lavoro con l’attacco all’articolo 18, l’introduzione del pareggio di bilancio in Costituzione sono atti di guerra – per usare i termini scelti dalla Confindustria – contro i lavoratori, gli studenti, i pensionati, contro i diritti acquisiti ed il sistema di welfare del nostro Paese. A questo si aggiunge la recentissima approvazione del fiscal compact, il vero paradigma delle scelte del governo.

La previsione di 20 anni a 45 miliardi di tagli lineari ogni anno (già di per sé drammatico) è fatta in una ipotesi di crescita della ricchezza nazionale. Ma oggi siamo in recessione e la diminuzione del prodotto interno lordo allontana automaticamente l’obiettivo di mantenere a 60/100 il rapporto con il debito pubblico. Tradotto in termini materiali un massacro di dimensioni inedite. Di fronte ad una crisi di tali proporzioni e alle politiche di destra del governo, quel che serve è una sinistra all’altezza dei suoi compiti. Innanzitutto con una vocazione europeista, che investa sull’idea di costruire un soggetto politico che vede nella dimensione europea la soluzione alla crisi del capitalismo europeo (che è, allo stesso tempo, crisi delle socialdemocrazie europee e del loro progetto storico) che rifugga le illusioni nazionaliste o catastrofiste. In altri termini, la soluzione non è l’uscita dalla moneta unica o la rinuncia alla costruzione di una nuova identità politica e culturale della democrazia e della civiltà del lavoro. Da questo punto di vista le relazioni con le organizzazioni giovanili della sinistra su scala europea sono per i Giovani Comunisti essenziali e andranno in futuro sempre più rinsaldate e approfondite, per lavorare alla costruzione di una convergenza di analisi, di pensiero e di pratiche tra tutte le forze giovanili della sinistra d’alternativa su scala continentale. In secondo luogo con un programma radicale, avanzato e al contempo di governo, che sia percepito non come la testimonianza marginale di un disagio o di una opposizione pregiudiziale ma come la proposta autorevole e credibile di un soggetto potenzialmente maggioritario ed egemonico. La pianificazione democratica dell’economia, la costruzione di un piano straordinario per l’occupazione che ponga l’obiettivo del riassetto idro-geologico del Paese e dello sviluppo produttivo del territorio (allo scopo di impiegare in primo luogo la forza lavoro giovanile), l’introduzione di un reddito sociale e di una soglia di salario minimo al di sopra della quale cominci la contrattazione, l’introduzione di una tassa patrimoniale, la reintroduzione della scala mobile: proposte chiare che indicano una inversione netta nella politica economica del Paese. In terzo luogo, quel che serve è una sinistra che si ponga strategicamente sul terreno dell’unità. In questo ribadiamo la centralità del processo federativo della sinistra, come primi passi della costruzione di un soggetto politico ampio, unitario e plurale della sinistra italiana (non solo della Fds, di Sel e dell’Idv ma anche delle realtà di movimento, associative, di tutte le esperienze in conflitto con le politiche neo-liberiste). Le scadenze dell’autunno, a partire da Firenze 10 + 10, dal lavoro unitario per la convocazione di uno sciopero generale contro il governo Monti e dalla determinazione di una manifestazione nazionale dell’opposizione di sinistra, fotograferanno le condizioni dell’unità possibile. Dobbiamo lavorare con tutte le nostre forze in quella direzione, dentro il partito e come organizzazione giovanile. Dentro questo quadro poniamo con forza, di nuovo, la questione generazionale e il tema del rinnovamento. La sconfitta della sinistra italiana è anche la sconfitta dei suoi gruppi dirigenti, di tanti fallimenti, di troppe divisioni, di infinite e colpevoli disarticolazioni. Urge attivare un processo di aggregazione unitaria a sinistra che sia percepita come la vera novità della politica italiana: è anche questo l’insegnamento greco di Syriza, che sfonda anche nella sua capacità di rompere lo schema trasversale della “vecchia politica” di austerità e rigore nazionale. Anche su questo terreno è indifferibile un confronto sincero dentro il partito e con il partito, perché i gruppi dirigenti – a tutti i livelli – concepiscano la giovanile come parte essenziale del lavoro di radicamento e militanza del partito e, al contempo, nella sua autonomia, come una risorsa importante e non come un problema.

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