Di Andrea Palladino - il manifesto | 10 Gennaio 2012
È silenziosa la morte che colpisce da decenni i luoghi desolati dove sono cresciute le industrie e i depositi dei veleni in Italia. Un conteggio continuo, infinito, che dura ancora oggi senza mai conquistare un titolo, allargandosi come una macchia d'olio, partendo a volte da ammassi ferrosi rimasti a marcare la memoria collettiva del paese dei veleni. Si chiamano Pitelli, Caffaro di Brescia, Valle del Sacco, Casale Monferrato, Porto Marghera, Gela, solo per citare i toponomi più noti dell'elenco dei 57 siti d'interesse nazionale che coprono l'intero paese, dalla Valle d'Aosta alla Sicilia. Espressione di fatto ipocrita, che suona più come una condanna perpetua per chi vi abita.