di Claudio Grassi

La raccolta firme in difesa del mondo del lavoro rappresenta una straordinaria occasione non soltanto per difendere il principio che non si può accettare la compressione dei diritti, ma anche per identificare e rilanciare il mondo del lavoro come soggetto vitale della e per la democrazia. Ed in ultima analisi è questo anche il migliore antidoto a quel senso diffuso di scollamento e rifiuto verso la politica che troppo frettolosamente viene  spesso identificato nella generica formulazione dell’antipolitica.

La modifica dell’art.8 ci ha parlato di una stagione di declino, dove fu messo in atto da un berlusconismo alle sue fasi terminali il maldestro tentativo di ultima supplica verso i poteri forti per evitare la sua cacciata. Si è provato a barattare, perché di questo si è trattato, la possibilità di derogare la contrattazione nazionale in cambio di una maggiore clemenza nei tempi del redde rationem all’interno del capitalismo nostrano.

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di Luca Fazio

Non è un corteo, forse è qualcosa di più. E non è solo questione di numeri o di masse oceaniche che sfilano. «Dobbiamo dare voce al mondo del lavoro che appare invisibile, costretto a mettere a rischio se stesso perché il governo lo ignora», dice Susanna Camusso per spiegare le ragioni di questo strano happening che per tutta la giornata trasformerà piazza San Giovanni in un luogo aperto dove il lavoro cercherà di tornare protagonista (ore 10,30-17,30).
Sul palco, prima e dopo l'intervento del segretario generale della Cgil (alle 16), si alternano delegati sindacali, attori, lavoratori, precari e artisti, tra cui Eugenio Finardi; a rappresentare il «villaggio del lavoro», tutt'intorno sono stati allestiti trenta stand regionali per evidenziare come la crisi abbia già lacerato il tessuto produttivo del paese (e troverete anche un banchetto de il manifesto).

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di Francesco Piccioni

La legge è uguale per tutti. E soprattutto, di questi tempi, serve a tutelare i più deboli. Specie se la controparte si chiama «Fiat modello Marchionne».
I metalmeccanici della Fiom hanno accolto con compostezza la pubblicazione della sentenza della Corte d'Appello di Roma che ribadisce un concetto semplice, già espresso in primo grado dal giudice del lavoro: nelle assunzioni della newco Fip (Fabbrica Italia Pomigliano) c'è stata «discriminazione collettiva» perché nessun iscritto alla Fiom è stato fatto rientrare tra i 2.000 «neo-assunti». Siccome la Fiat sembra dura d'orezzhio e non intende la necessità di rispettare, se non le leggi, almeno le sentenze dei tribunali, la stessa Corte dà 40 giorni di tempo al Lingotto per riassumere - intanto - i 19 lavoratori che hanno fatto ricorso individualmente, con nome e cognome, insieme alla Fiom.

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di Livio Pepino

La montagna ha partorito il topolino. Non senza qualche inganno.
Un secolo fa le indagini di Mani pulite sembravano avere «girato l'Italia come un calzino». Ma, nonostante le inchieste, gli arresti, i dibattimenti, le condanne, la mobilitazione della piazza e della stampa, i processi di allora non hanno lasciato tracce durature nel sistema.

A poco a poco, i fattori extragiudiziari che avevano favorito inchieste e processi si sono modificati e i promessi interventi istituzionali tesi a prevenire e disincentivare la corruzione sono come evaporati.

Alla fine, il cuneo aperto con Mani pulite si è rinchiuso confermando la regola secondo cui la giustizia può colpire alcuni forti ma alla lunga, senza cambiamento politico, è impotente di fronte alla categoria dei forti complessivamente considerati.

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di Paola Natalicchio

Storia del femminicidio numero 93 dall’inizio dell’anno, nella civile Italia. Due sorelle. Carmela e Lucia Petrucci. Carmela la piccola, 17 anni. Lucia appena maggiorenne, solo un anno più grande. Frequentano la stessa classe: la terza L dello storico Liceo Classico Umberto di Palermo. Sono appena tornate da una vacanza-studio in Inghilterra, a Brighton. Due “figlie di famiglia”, come si direbbe nel loro sud. Padre impiegato della Corte dei Conti, madre impiegata in Regione. Ieri, a prenderle da scuola, va la nonna. Le lascia in macchina sotto casa, intorno alle 13, nell’appartamento a via Uditore, a pochi passi dal centro. Va via, a fare la spesa nel vicino supermercato. Loro citofonano a casa, sperando che il fratello apra al più presto. Si sono già accorte del pericolo. Ma non hanno il tempo di salire. Succede tutto in un attimo.

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