di Matteo Bartocci

«Siamo davanti a un importantissimo passaggio nel percorso di costruzione europea, con nuove e sostanziali cessioni di sovranità, è un momento storico e insieme possiamo farcela», afferma il ministro per gli affari europei Enzo Moavero di fronte a un'aula della camera mezza vuota e soprattutto terrorizzata dal «generale agosto» e dalle voci di una nuova manovra del governo.
Montecitorio ha approvato definitivamente in un paio di giorni di non-dibattito i trattati di ratifica del «fiscal compact» e del «Mes», il fondo salva-stati (o salva-banche) dell'eurozona.

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di Enrico Galatini

Spending review è un termine che nei fatti non vuol dire nulla, che viene utilizzato per coprire operazioni di altra natura, in questo caso di semplice taglio, perché quello che è importante per l’Europa sono i saldi. La vera operazione sarebbe stata, se dobbiamo usare sempre l’inglese, uno “zero base budget”, un bilancio a base zero, dove ogni voce di bilancio delle diverse categorie di enti, dallo Stato agli enti locali, viene riesaminata per valutarne l’utilità ai fini della collettività. Questo esercizio, che qualche paese ha fatto e fa, sia pure una volta ogni cinque-dieci anni, da noi non è mai stato fatto. E così ci trasciniamo una struttura di bilancio che è stata rivista – credo – solo una volta in più di cento anni e dove i cambiamenti, che ci sono stati, sono stati quasi tutti aggiuntivi.

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di Antonio Sciotto

Un quadro disastrato, e in nettissimo peggioramento, quello tracciato dall'Istat nel suo Rapporto sulla povertà in Italia, relativo al 2011. Stanno male soprattutto gli operai, gli anziani, le coppie con figli, e pesa sempre di più il fenomeno dei giovani che non riescono a trovare occupazione, rimanendo a carico di redditi (da lavoro o da pensione) già spesso debolissimi.
Le famiglie «relativamente povere» (reddito inferiore a quello «soglia», pari a 1.011,03 euro) sono l'11,1%, in tutto 8,173 milioni di persone; all'interno di queste, ci sono i nuclei «assolutamente poveri» (quelli che non riescono a comprare beni necessari), pari al 5,2% (e a 3,415 milioni di persone).

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di Emiliano Brancaccio

Man mano che la crisi della zona euro si aggrava, tra gli imprenditori italiani e persino negli ambienti della destra “rispettabile” inizia a far capolino l’ipotesi di una uscita dell’Italia dalla moneta unica. Come quasi sempre accade, allora, per riflesso pavloviano anche gli intellettuali e gli economisti di “sinistra” si vedono costretti a uscire dalle consuete ambiguità retoriche e ad assumere posizioni più chiare sul da farsi. Vari articoli pubblicati di recente, così come un seminario sulla crisi organizzato pochi giorni fa dalla Fondazione Di Vittorio e dall’ARS, hanno dato conto di questa tendenza.

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di Aldo Giannuli

Due anni e mezzo fa i grandi geni dell’economia (quelli che la crisi non l’avevano prevista nemmeno il giorno prima del fallimento della Lehman Brothers e che ridicolizzavano i pochi che ne segnalavano l’arrivo) decretarono che la crisi era ormai risolta o in via di soluzione e che alla fine del 2010, al più tardi nel 2011, l’economia avrebbe recuperato il terreno perso e sarebbe tornata a galoppare. Infatti….

La nuova fiammata iniziata esattamente un anno fa avrebbe dovuto rendere tutti un po’ più accorti e far venire qualche sospetto. Invece, la crisi continua ad essere trattata come un incidente di percorso, certo un po’ più noioso del previsto, ma, insomma, destinato a risolversi in breve (al massimo un paio d’anni).

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