da Sinistra in rete.info

Helena Janeczek intervista Vladimiro Giacchè. Si chiama Titanic Europa (Aliberti, 14,00€), ma in circa 170 pagine contiene una nave e un iceberg ben più grandi: la crisi economica presa da molto prima del crack di Lehman Brothers, fino alla Grecia e l’Italia, perno del possibile naufragio, too big to fail ma troppo grande per essere salvata. L’ha scritto Vladimiro Giacché, dirigente della finanziaria Sator e, al contempo, marxista dichiarato.

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intervista a Eric Toussaint

Come descriverebbe lei il momento che attraversano alcuni Paesi dell’Unione Europea come la Grecia che hanno enormi debiti pubblici?

Si può paragonare la loro situazione con quella dell’America Latina durante la seconda metà degli anni ’80.

Per quali ragioni?

L’esplosione della crisi del debito in America Latina ha avuto luogo nel 1982. La crisi bancaria privata è scoppiata negli Stati Uniti e in Europa nel 2007-2008 e si è trasformata a partire dal 2010 in una crisi del debito sovrano dovuta principalmente alla socializzazione delle perdite delle banche private e alla riduzione delle entrate fiscali provocata dalla crisi. Nel caso europeo, così come in quello latinoamericano, vari anni dopo lo scoppio della crisi, ci troviamo in una situazione in cui i creditori privati e i loro rappresentanti si riuniscono per imporre le condizioni a tutti i governi.

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120310euro1Rassegna.it

Il Forum Cgil dell'economia lancia un appello alle istituzioni Ue, già sottoscritto da molti studiosi: la linea Merkel/Sarkozy ha fallito. Con l'austerità non si esce dalla peggior crisi degli ultimi 70 anni. Bisogna ripartire dal lavoro.

Basta con la linea dell’austerità e del rigore di bilancio: per un folto drappello di  economisti, raccolti dal Forum Cgil dell’economia, più che una linea è un binario morto. Qualcosa che non serve a tirar fuori l’Europa dalla più grave recessione che si sia mai vista dagli anni 20 e 30 del secolo scorso.

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keynesblog
120303leon“Lo stato sociale non è beneficenza, è un diritto. Rende più forte la democrazia ed è anche un elemento di sviluppo economico. È chiaro che mantenerlo e migliorarlo ha un costo, però produce guadagno; smantellarlo, invece, significa finire per spendere molto di più”.
Paolo Leon, economista keynesiano e docente di Economia all’Università di Roma Tre, intervistato dall’Unità al Convegno “Cresce il welfare cresce l’Italia”, esprime tutte le sue perplessità sulla riforma del mercato del lavoro, dicendosi scettico sui risultati in termini occupazionali:
“Deve aumentare la domanda di beni e servizi – spiega –, se si riduce il costo del lavoro ma il fatturato delle aziende non cresce, queste avranno forse più margini ma non maggiore vendita. E la disoccupazione continuerà ad aumentare, senza peraltro contare gli scoraggiati: per forza, mancano le politiche economiche.

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ponte

Redazionale

Si è svolta ieri nella sede della Direzione nazionale una riunione sulle questioni del Mezzogiorno, organizzata dal dipartimento Economia. All'incontro, alla presenza di rappresentanti...

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