di Mario Pianta (sbilanciamoci.info)

 

La Banca d’Italia vede un 2013 di recessione e corregge l’ottimismo passato, teme la disoccupazione e ammette che l’austerità peggiora la finanza pubblica. Tre notizie importanti per la campagna elettorale

 

Meno uno percento. La notizia è che per Banca d’Italia l’economia del paese sarà in recessione anche nel 2013, in un’eurozona senza ripresa, col prodotto in calo anche negli ultimi tre mesi. In Italia la disoccupazione – ora all’11,1% – salirà al 12%. Il rapporto debito/Pil – ora al 126% – continuerà a peggiorare nel 2013 e potrà ridursi solo dal 2014. Ma le vere notizie, dietro questi dati sono altre.

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Luciano Gallino (micromega online)

 

Non ci sono solo gli Stati Uniti. Anche l’Italia ha il suo baratro fiscale, come quello Usa di natura politica prima che economica. L’agenda Monti vi dedica ampio spazio, sebbene usi altri termini. In realtà il baratro l’ha aperto il Parlamento quando ha ratificato mesi fa – su proposta del governo Monti – il Trattato sulla stabilità, sul coordinamento ecc. imposto da Consiglio europeo, Commissione e Bce. L’art. 4 prescrive: “Quando il rapporto tra il debito pubblico e il prodotto interno lordo di una parte contraente supera il valore.. del 60%... tale parte contraente opera una riduzione a un ritmo medio di un ventesimo all’anno”. Il Trattato è già in vigore, ma in base a un precedente regolamento del Consiglio, l’inizio della riduzione del debito verso la meta del 60 per cento dovrebbe aver luogo solo dal 2015.

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Consiglio direttivo del Bin Italia

 

In questa campagna elettorale si è cominciato, ancora con troppa timidezza, a citare il tema del sostegno al reddito, evocato con declinazioni diverse, a volte confuse e spesso contrapposte. Su come e quando il tema del reddito sarà discusso, su come si intende articolarlo, quali saranno i criteri che lo caratterizzeranno nella forma e nella sostanza economica, su come e quando si intende introdurlo non abbiamo ancora dei riferimenti chiari. Per quanto ci riguarda auspichiamo che sia uno dei punti da affrontare entro i famosi primi 100 giorni dell’azione governativa, che sia affrontato come una proposta urgente e necessaria per i cittadini di questo paese.

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di Roberta Fantozzi*

 

L’articolo di Guido Viale pubblicato ieri sul Manifesto solleva nodi di fondo sul “se” e il “come” del quarto polo e sugli scenari complessivi della politica in Italia ed in Europa. Vorrei affrontarli partendo da un’autodenuncia, quella di essere iscrivibile nella categoria dei dinosauri, in quanto parte della segreteria di un partito, nella fattispecie Rifondazione Comunista. Secondo alcuni probabilmente, i capofila dei dinosauri, combinando insieme l’essere partito e l’essere comunista, in coppia quanto di più d’antan possa darsi. Tuttavia su questo vorrei tornare più avanti, convinta come sono che si dovrebbe cercare di mettere in ordine i ragionamenti secondo una gerarchia di priorità, che per me ha, alla sua testa, tutt’altra urgenza. Un’urgenza che si riassume in una domanda. Quale sarà il rapporto tra politica e società in Italia tra qualche mese, compiuto il passaggio elettorale, nel mezzo di una crisi profondissima e in relazione alle dinamiche prevedibili del quadro politico, pur nelle fibrillazioni dei soggetti che compongono quel quadro?

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Nessuno si aspettava certo un'inversione di tendenza di questi tempi, ma i dati di bankitalia fanno comunque impressione.

Nel 2011 la crisi economica ha ridotto la ricchezza netta delle famiglie italiane del 3,4% in termini reali. Il dato aggregato era pari a circa 8.619 miliardi di euro, corrispondenti a circa 140 mila euro pro capite e 350 mila euro in media per famiglia. Significa che siamo tornati sui livelli di fine anni Novanta. Rispetto al 2007, quando la ricchezza raggiunse il suo valore massimo in termini reali, la riduzione è pari al 5,8%. Se confrontiamo questi dati con quelli degli altri paesi emerge che le famiglie italiane ancora mantengono «un'elevata ricchezza netta» e risultano «relativamente poco indebitate», con un ammontare dei debiti pari al 71% del reddito disponibile (in Francia e in Germania è di circa il 100%, negli Stati Uniti e in Giappone del 125%, in Canada del 150% e nel Regno Unito del 165%).

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