di Roberto Ciccarelli

«Abbiamo già dato» hanno scandito i trenta mila lavoratori del pubblico impiego che ieri hanno sfilato in corteo a Roma chiedendo di cambiare la legge sulla spending review. Lo slogan era stampato su adesivi e magliette, mentre alcuni manifestanti hanno indossato la rosea testa di maiale in cartapesta, come nella celebre festa pidiellina dove «c'erano tutti quelli di Roma Nord» che ha raso al suolo la giunta regionale laziale guidata da Renata Polverini. La polemica contro le spese della politica è continuata anche dal palco dove il segretario generale Cgil Susanna Camusso ha tenuto il comizio di chiusura della manifestazione insieme al segretario della Uil Angeletti: «Per fortuna si è dimessa - ha detto Camusso a proposito della Polverini - ma prima ha nominato dieci dirigenti e non ha stabilizzato neanche un precario: così si rovina il paese e l'immagine della pubblica amministrazione».

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di Vittorio Macrì

Un rientro amaro in Sardegna quello dei 450 operai dell’Alcoa che ieri per l’ennesima volta hanno portato a Roma, sotto i palazzi del potere centrale, la rabbia e la disperazione di un intero territorio, il Sulcis. Ancora stamane con l’occupazione di alcune ore del traghetto che li ha riportati in Sardegna e con alcune manifestazioni in programma nella serata a Cagliari, vogliono mandare un chiaro messaggio: la battaglia non è finita, la rassegnazione non prevale, l’incapacità del governo ad affrontare la situazione e risolvere positivamente la vertenza non scoraggia. Sarà l’assemblea di tutti i lavoratori a stabilire le prossime azioni di lotta quotidiane.

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di Paolo Ferrero

Solidarietà alle lavoratrici ed ai lavoratori dell'Alcoa di Portovesme (CI) che stamane si sono buttati in mare davanti ad un traghetto della Tirrenia che stava attraccando nel porto di Cagliari.

E' molto grave che a pochi giorni dalla presunta chiusura dello stabilimento non ci sia un intervento del governo per risolvere una vertenza che aggraverebbe in maniera drammatica la crisi in un territorio che già ha una disoccupazione del 33%. Bisogna impegnarsi nella risoluzione della crisi e non trasformarla, come fa il governo Monti in questo caso, in un problema di ordine pubblico.

di Giacomo Bottos

Si va formando una corposa corrente di opinione che propone di uscire dalla crisi essenzialmente con misure di stampo liberista: liberalizzazioni, privatizzazioni, deregolamentazioni.

Si tratta di una ricetta che affonda le sue radici in una lettura della realtà italiana ormai da tempo consolidata: l'Italia non avrebbe mai avuto una sua riforma liberale, sarebbe ingessata da corporativismi, veti incrociati, privilegi, "diritti acquisiti", elevata tassazione e spesa pubblica improduttiva che inibirebbero le potenzialità di crescita del paese.

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di red.

Dai Ligresti a Zunino, passando per Coppola, Zaleski, Tronchetti Provera e il San Raffaele.  I debiti dei grandi clienti del credito italiano e le relative problematiche sono molto spesso all’ordine del giorno. Lo sanno bene i banchieri del Paese che tanto si sono spesi per salvare il salvabile e che stanno continuando ad aumentare le riserve di denaro fresco per far fronte al previsto aumento delle insolvenze. Ma anche a recuperare il recuperabile dalle tasche della massa dei clienti normali, via crediti concessi col contagocce previa fornitura di garanzie a prova di bomba e, soprattutto, a tassi d’interesse in continua crescita.

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