di Luca Sappino
Quando sono stati presentati i quesiti, lo scorso 11 settembre, bisogna dirlo, la foto non era delle più belle. E non perché la politica non dovesse esserci, in quella foto, anzi. Erano però giorni di polemica, di primarie e coalizioni, e così anche quel momento fu trascinato nel quotidiano dibattito sul centrosinistra. Di Pietro, Vendola, Ferrero, Diliberto, Bonelli e pure Gian Paolo Patta, ex sottosegretario del governo Prodi, ritratti tutti insieme, furono un boccone troppo gustoso per i più polemici sostenitori della continuità montiana. È innegabile che, la presentazione dei quesiti referendari sul lavoro, rappresenti anche una mossa centrale nella partita a scacchi condotta dai partiti della sinistra largamente intesa. I due quesiti abrogativi sulla modifica dell’art.18 dello statuto dei lavoratori e sull’art. 8 dell’ultima finanziaria del governo Berlusconi, sono l’unico concreto punto di rottura, offerto ad oggi dall’opposizione al governo dei tecnici, utile per mettere in discussione la continuità e il rapporto con l’agenda Monti. Ma non solo.
di Alberto Lucarelli
di Roberto Musacchio
di Roberto Gramiccia
Chiusa, defunta, seppellita. Dopo l'ultima, sanguinosa polemica fra Di Pietro e Colle - con l'ex pm che evoca la piazza per fermare la «deriva antidemocratica» di una bocciatura dei referendum operata «per fare un piacere al capo dello Stato» - per mezzo Pd l'alleanza con Di Pietro è data per irrecuperabile. Gli spericolati 'demopop' chiedono esplicitamente di mollare il centrosinistra per una «fusione» o «una federazione stabile e motivata» con il Terzo Polo, che a loro volta chiamano «centrosinistra», però rispolverando il significato che aveva negli anni 60. Fra i pasdaran della fine del Nuovo Ulivo c'è anche Enrico Letta, numero due del Pd. Che ieri ha emesso la sentenza finale. «La linea anticostituzionale di critica alle autorità di garanzia, presidenza della Repubblica e Corte Costituzionale in primis, è per quanto ci riguarda alternativa ad alleanze con noi».
di Lettera43.it



