DEPALMADi Michele De Palma*

Ho letto con attenzione la lettera scritta dal senatore Pietro Ichino sul Corriere della Sera il 24 gennaio dopo la visita dello stabilimento Fiat di Pomigliano e sono rimasto impressionato dal racconto e dalle riflessioni. Innanzitutto, stupisce constatare l'ennesima discriminazione della direzione Fiat che concede al senatore il privilegio di varcare i cancelli e girare in tutta la fabbrica, permettendogli di parlare con i lavoratori delle proprie condizioni, mentre è negato agli operai e alle impiegate eletti nelle liste Fiom in tutti gli stabilimenti Fiat il diritto di essere Rsu e addirittura, a Pomigliano, di entrare in fabbrica. A oggi nessun iscritto della Fiom è stato richiamato al lavoro a Pomigliano.

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121018ersanivendolanencinidi Dino Greco
Neppure il genio della lampada potrebbe aiutarci a capire come si tradurrà in programmi e in conseguenti atti politici la “Lettera di intenti dei democratici e dei progressisti” che Pd, Socialisti e Sel hanno posto a base della coalizione di centrosinistra.
Quel testo, fra allusioni ed omissioni, sembra confezionato col solo intento di consentire a ciascun attore di recitare la parte in commedia che più gli si confà, soddisfando (o non affossando) le aspettative – anche le più contraddittorie – del proprio potenziale elettorato di riferimento.
A ben vedere, più di ogni altra cosa, la Lettera serve a marcare i confini di un'alleanza che, a prescindere dai contenuti invero evanescenti, si conferma come il vero obiettivo politico dell'operazione.

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votomatitadi Daniela Preziosi
«Dateci un voto meravigliosamente inutile, sono visceralmente stufo di vivere nella società dell'utilitarismo. E poi, a chi chiede un voto utile, risponderei: utile a chi? A cosa?». L'aggettivazione, la prosa, il ritmo sono inconfondibili. È il 5 aprile 2008, Nichi Vendola, presidente della Puglia al primo mandato, chiede un voto per l'Arcobaleno, «la fabbrica della speranza» nel frattempo cannoneggiata dagli appelli al «voto utile» di Walter Veltroni e compagni democratici. Andò come andò, la sinistra e la speranza finirono - temporaneamente, ci auguriamo - asfaltate. L'appello al voto utile, disinvoltamente utilizzato a destra e a sinistra, si laureò come arma letale sull'elettore atterrito dai crolli del governo e dalla frammentazione dei partiti.

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4fornero

di Dino Greco
“Work isn't a right”, ovvero, “Il lavoro non è un diritto” ha tuonato Elsa Fornero in un'intervista concessa ieri al Wall Street Journal. Ma non si tratta di una gaffe, come invece hanno commentato diversi quotidiani nostrani.

L'espressione è del tutto coerente con ciò che il ministro pensa e fa con feroce determinazione sin dal suo insediamento. Proprio ieri – con il sostegno determinante del Partito democratico – il parlamento ha trasformato in legge dello stato la cancellazione dell'articolo 18, il prosciugamento degli ammortizzatori sociali e la piena conferma dell'impianto legislativo responsabile del diluvio di precarietà che ha precipitato nel dramma esistenziale un'intera generazione.

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di Carmine Fotia

Chi lavora contro l'unità dei progressisti? Come delimitiamo il campo dei progressisti e chi è legittimato a farlo? Mi sembrano le domande fondamentali cui rispondere se si vuole prendere sul serio l'appello all'unità dei progressisti di Bevilacqua, Tronti ... (il manifesto 21 dicembre). Nella stessa giornata di ieri ho visto una dichiarazione di Antonio Ingroia che ribadisce che l'appello che ha firmato è rivolto a creare le condizioni per un governo «riformista e democratico» e letto un'intervista di Luca Orlando nella quale si ribadisce che i firmatari dell'appello che ha dato vita alla manifestazione di ieri al Capranica di Roma cercheranno fino all'ultimo di dialogare con la coalizione

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piazzafontanadi Saverio Ferrari
Che all'interno della Procura di Milano, dopo la riapertura delle nuove indagini sulla strage di piazza Fontana, agli inizi degli anni '90 non tutti avessero remato nella stessa direzione, è un fatto. Lo stesso giudice istruttore Guido Salvini nella sua richiesta di rinvio a giudizio del febbraio 1998, con parole amare, sottolineò lo «scarsissimo sostegno dei dirigenti del Tribunale di Milano», in «silenzio» a fronte di sollecitazioni e «decine di segnalazioni scritte», come se «l'istruttoria non esistesse».
Solo poco più di un anno prima, in commissione stragi, il sostituto procuratore Gerardo D'Ambrosio non solo sollevò contestazioni procedurali, ma attaccò le risultanze emerse nel corso dell'inchiesta, sostenendo l'infondatezza di qualsiasi collegamento internazionale circa la strage.

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clochard_brignole

di Annamaria Rivera

Il 25 febbraio scorso un immigrato tunisino, del quale ignoriamo il nome, la biografia e la sorte, si dà fuoco a Genova, nella stazione di Brignole. Da una frase scarna che la cronaca ci restituisce possiamo immaginare che fosse rimasto senza lavoro e senza alloggio.

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120413diazVittorio Agnoletto

Un grande battage pubblicitario annuncia da mesi l’ uscita del film “Diaz. Don’t clean up this blood”.
Molti critici e giornalisti hanno convalidato quanto più volte ripetuto sia dal produttore che dal regista: “I fatti narrati in questo film sono tratti dagli atti processuali e dalle sentenze della corte di appello di Genova”; come dire: quello che si vede nel film è la verità oggi accertata.
Non c’è dubbio che le lunghe sequenze che mostrano le gravissime violenze agite dalla polizia alla Diaz e le torture praticate a Bolzaneto rendono visibile per la prima volta quanto è avvenuto nella scuola e nella caserma; su questo ha ragione Angelo Mastrandrea (il manifesto 7 aprile).
Questo è senza dubbio un merito che di per sé può motivare la visione del film. Il rischio dell’oblio è forte e non c’è dubbio che i nostri governanti siano impegnati, da quasi undici anni, a cancellare dalla memoria collettiva quei fatti.
Chiunque uscirà dalla proiezione si sentirà fortemente coinvolto e indignato dalla ferocia delle violenze istituzionali alle quali avrà assistito. E’ l’efficacia del film, un pugno nello stomaco che non si dimentica. Ma tale riconoscimento non può esimerci dall’esercitare, anche in questo caso, un’analisi critica, tanto più rigorosa quanto più il film tende a essere presentato come aderente alla verità storica e processuale.

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armamentidi Fabio Mini (Repubblica)
Non capisco tutta la buriana sugli F- 35, anche se sono sicuro che questo è il momento migliore per buttare tutto in politica. Ma quest’ultima polemica sulla questione dei fulmini è chiaramente strumentale. Non si può pretendere che un aereo invisibile sia anche invulnerabile o che una macchina volante che trasporta tonnellate di esplosivo non corra il rischio di esplodere in un temporale estivo. Ormai tutti sanno che l’F-35 è inferiore ai suoi concorrenti russi (e forse perfino ai cinesi) nel duello aereo, che non assicura la superiorità nemmeno per i prossimi cinque anni, non fa niente di più di un vecchio aereo nelle operazioni militari in corso, sarà già vecchio per quelle del prevedibile futuro e costa una barca di quattrini.
Embè? Nessuno ha considerato queste quisquilie quando abbiamo cominciato a impegnare soldi che non avevamo per questo e altri programmi onirici. Eppure i segnali che potesse finire così c’erano già.

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