120610invitofiomdi Francesco Piccioni
La concretezza delle tute blu non sopporta giri di parole fumose. E la politica italiana, anche a sinistra, è abituata da troppo tempo al tatticismo, agli «schieramenti elettorali» che prescindono dal «che fare?» una volta in Parlamento; senza più attenzione agli interessi materiali e politici dei «rappresentati». Specie per quanto riguarda i lavoratori.
La Fiom ha rovesciato l'ottica. «Non aspetteremo che i politici, in piena campagna elettorale, vengano a prometterci il possibile e l'impossibile». Li «chiamiamo noi» per dire con chiarezza cosa vogliamo e «chiedere risposte». Perché «non consentiremo che i lavoratori vadano a votare senza sapere come si potrà recuperare la profonda ingiustizia che anche in queste ore si sta legiferando».

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120610fiomRedazionale
Si è svolto ieri mattina l'incontro pubblico promosso dalla FIOM con i segretari e i rappresentanti delle forze politiche e sociali del centro-sinistra.
Ha aperto l'incontro Giorgio Airaudo, che ha focalizzato l'attenzione sul problema dei problemi nel nostro Paese: la solitudine del lavoro, l'assenza di un punto di riferimento politico per i lavoratori e l'esigenza che il lavoro - le lavoratrici e i lavoratori in carne ed ossa - riprenda la parola.
Dopo Airaudo è stato il turno di Maurizio Landini e della sua lunga e articolata relazione introduttiva. In un quadro storico senza precedenti, è a rischio - sotto i colpi di violenti e ripetuti attacchi al lavoro - la tenuta democratica del Paese e dell'Europa intera.
Per questo serve che la sinistra torni a dare risposte e dica chiaramente cosa intende fare per combattere la crisi e le politiche dei governi espressione dei poteri forti. Landini ha avanzato proposte precise, esponendo un programma di alternativa a tutto tondo: c'è bisogno innanzitutto di una legge sulla rappresentanza che applichi l'articolo 39 della Costituzione, e cioè una legge che tuteli il diritto dei lavoratori ad eleggere i propri delegati e a votare gli accordi per farli diventare validi.

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120610diazdi Livio Pepino
Undici anni dopo i fatti, la Cassazione sta mettendo la parola fine - per quanto riguarda il versante giudiziario - all'accertamento dei gravissimi strappi della legalità intervenuti a margine del G8 di Genova del luglio 2001. Sintomo della lentezza del nostro sistema giudiziario ma anche delle difficoltà e degli ostacoli che hanno caratterizzato indagini e dibattimenti. Qualche giorno fa è stata depositata la motivazione della sentenza che, annullando la condanna inflitta dalla Corte d'appello di Genova, ha assolto Giovanni De Gennaro dalla imputazione di concorso in falsa testimonianza in relazione alle violenze nella scuola Diaz e a breve è attesa la decisione sul merito di tali fatti e sui falsi che li hanno seguiti. CONTINUA|PAGINA4 Si tratta di processi e sentenze importanti per la stessa tenuta della nostra democrazia.
La prima decisione - va detto senza mezzi termini - è stata assai deludente. Conviene riassumere la vicenda.

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120610pridedi Linda Chiaramonte
In 50 mila a Bologna per i diritti omosex. Il sindaco Merola chiede una legge per unioni di fatto e matrimoni gay. Il padre di Ivan Zamudio, torturato e ucciso in Cile: «Immaginavo di trovare un Paese più all'avanguardia nei diritti, invece non è così». Sfilano anche rappresentanti della comunità lgbt di San Pietroburgo, dove le manifestazioni sono attaccate dai neonazisti.
C'erano tutte le forme dell'amore a sfilare nel lunghissimo serpentone colorato che ha attraversato ieri il centro di Bologna sotto le bandiere arcobaleno delle comunità gay, lesbiche, trans. Fra i passeggini, giocolieri, costumi sgargianti, donne incinta prese per mano, uomini abbracciati. Un'atmosfera di festa scandita da slogan come: tutto comincia con l'orgoglio una volta per tutti, in riferimento alla proposta di legge per le unioni civili. Tante le associazioni, fra cui quella dei genitori Lgbt con figli da relazioni etero, Polis aperta che riunisce circa cinquanta soci fra militari, forze dell'ordine e di polizia municipale che hanno fatto coming out e sfilano dietro allo striscione Diversamente Uniformi.

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120610fava a orvietodi Giuseppe Pipitone
“Amici che ascolto e che stimo mi hanno chiesto di candidarmi per la Sicilia, senza passare dagli apparati di partito. Dirò di sì”. A cinquanta giorni dalle dimissioni (per ora soltanto annunciate) di Raffaele Lombardo e a quattro mesi dalla probabile data delle nuove elezioni, la corsa alla presidenza della Regione Sicilia è ufficialmente iniziata. L’input ufficiale lo dà un post di Claudio Fava, ex europarlamentare dei Ds e adesso dirigente di Sel, che stamattina ha annunciato la volontà di candidarsi a governatore dell’isola direttamente su Twitter, poco prima di recarsi della conferenza stampa indetta per l’occasione a Palazzo dei Normanni.
La proposta di candidare il figlio di Pippo Fava, il giornalista assassinato da Cosa Nostra il 5 gennaio del 1984, era stata avanzata dai giorni scorsi da un appello firmato da tredici intellettuali e personaggi del mondo dello spettacolo: tra questi anche Franco Battiato, Pina Maisano Grassi, Dacia Maraini e Gustavo Zagrebelsky. “Dopo l’inchiesta giudiziaria che ha coinvolto il presidente Lombardo e la condanna definitiva del suo predecessore Cuffaro le siciliane e i siciliani hanno il dovere e l’opportunità di voltare pagina. La Sicilia merita un’altra politica e un altro futuro” si legge nell’appello che conclude chiedendo a “Claudio Fava di candidarsi alla Presidenza della Regione Sicilia”.

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