Rifondazione Comunista sostiene lo sciopero della scuola indetto dai sindacati della Scuola COBAS, UNICOBAS, USB, CUB per il 6 maggio, data prevista per lo svolgimento dei test di “misurazione delle capacità” nella scuola elementare, solo rinviati negli altri ordini di scuola.

La piattaforma della mobilitazione prevede oltre alla contestazione delle prove invalsi una serie di richieste quanto mai condivisibili come l’aumento delle risorse da destinare alla scuola, la riduzione del numero di alunni per classe, la stabilizzazione dei precari, l’internalizzazione dei servizi in appalto, consistenti aumenti salariali, fine della didattica a distanza da settembre e altre

riguardanti questioni che affliggono la Scuola da anni e che la pandemia ha solo evidenziato.

Lo sciopero è importante perché con le sue proposte vuole introdurre nel dibattito sul pubblico, cresciuto in questa fase idee e proposte alternative a quelle degli attuali governanti.
E’ infatti chiaro che le misure dell'attuale governo, rispetto all'avvio del prossimo anno scolastico, non si discostano da quelle precedenti e le riforme preannunciate si pongono nel solco tracciato dalla “Buona scuola” di Renzi, con un'ulteriore svalorizzazione del lavoro docente, una gerarchizzazione finalizzata a rafforzare la catena di comando che parte da un ministero legato a doppio filo con Confindustria, l'affermazione di un impianto culturale sempre più dipendente dai valori dell'impresa e del mercato.

I soldi ci sono! Rifondazione Comunista ritiene preziosa ogni mobilitazione che vada nella direzione di un uso delle risorse finalizzato ai diritti colpiti in questi anni dalle privatizzazioni e da una ridistribuzione della ricchezza sempre più a favore di una piccola minoranza della popolazione.

Loredana Fraleone - responsabile Scuola Università Ricerca PRC/SE
Nello Patta – responsabile lavoro PRC/SE

La vertenza della Bekaert di Figline Valdarno non meritava di finire come è finita, non meritava di finire così soprattutto per l’impegno che i lavoratori, ci hanno messo in questi tre anni.

Non c'è stato alcun passo indietro della Bekaert al tavolo convocato dal Ministero dello Sviluppo Economico: l'azienda non si è detta disponibile a prolungare la cassa integrazione. E la data di ieri 4 ha segnato la fine delle speranze per i circa 120 lavoratori rimasti in vertenza, per i quali ora scattano i licenziamenti.

Si consuma per l’ennesima volta un dramma sociale causato da aziende predatorie che carpiscono il saper fare dei lavoratori e se ne vanno lasciandosi alle spalle drammi umani e territori feriti.

Questa amara conclusione chiama in causa responsabilità non solo dell’impresa ma anche politiche ed istituzionali; se l’azienda ha avuto un atteggiamento inaccettabile, anche la Fim, Uilm e Regione Toscana firmando il 24 febbraio i licenziamenti non hanno saputo svolgere un ruolo politico in questa vertenza.

Anche i governi che in questi anni si sono succeduti non hanno mai esercitato un ruolo reale facendo anzi fallire l’unico vero piano industriale presentato, quello della cooperativa.

La Bekaert è stata assunta più come passerella da tanti politici in cerca di consensi piuttosto che come reale impegno per la salvaguardia dei posti di lavoro; molte le bufale ammannite ai lavoratori in questi anni dai rappresentanti delle istituzioni nazionali e locali, da Di Maio ai Presidenti della Regione Rossi e Giani.

Come Partito della Rifondazione Comunista troppe volte abbiamo sostenuto che è inaccettabile che in Italia non ci siano leggi e normative contro le speculazioni selvagge a scapito dei lavoratori e si abbandonino le sorti dell’occupazione e dell’economia del paese alle logiche del mercato e del profitto.

Per questo contrastiamo il recovery plan di Draghi che prosegue sulla stessa linea neoliberiste erogando cifre enormi alle imprese, ma non prevedendo politiche industriali e un piano per l’occupazione all’altezza della drammatica crisi economica e sociale in atto;

Antonello Patta, responsabile nazionale lavoro
Roberto Travagli responsabile lavoro Federazione di Firenze, PRC-S.E.

Antonello Patta* - 

Si avvicina la scadenza di “quota cento” e il governo Draghi mostra di essere intenzionato a seguire le raccomandazioni della Commissione europea sulla riduzione della spesa pensionistica tramite il ritorno all’applicazione integrale della legge Fornero, definita a suo tempo, giustamente, come la legge più antipopolare del dopoguerra.
Si insiste pervicacemente su questa linea nonostante i dieci miliardi di risparmi su quota cento, il progressivo impoverimento di milioni di pensionati, le ingiustizie e le distorsioni di un sistema che discrimina fortemente i giovani, le donne e i lavoratori con stipendi bassi e lavori discontinui, il fatto che l’allungamento della vita lavorativa abbia ridotto, in sei anni, di più di un milione di unità l’occupazione nella fascia di giovani tra 15 e 35 anni.
A lor signori non fa problema il livello vergognoso delle pensioni attuali con 10 milioni di pensioni sotto i 750 euro, la media delle pensioni delle donne a circa il 50 per cento di quelle degli uomini e il fatto che i giovani di oggi siano destinati con questo sistema a un futuro di indigenza con assegni pensionistici ridotti fino al 30% dello stipendio
Resta intatta la linea neoliberista che ha accompagnato il varo della Fornero , supportata in passato con la motivazione dell’austerità e oggi insistendo con la falsa motivazione della non sostenibilità del sistema. La realtà, oggi come ieri, è che si continua a perseguire l’obiettivo della demolizione della previdenza pubblica per favorire i fondi privati.
I problemi veri, anche per il sistema previdenziale, sono la disoccupazione, i lavori precari discontinui, i part time obbligati, i bassi salari, paghe minime orarie intollerabili pur in presenza di contratti “regolari”, l’enorme mole del lavoro schiavile non dichiarato nell’economia sommersa.
È assolutamente necessario riprendere con forza la lotta per l’abolizione della legge Fornero come punto decisivo di un percorso per invertire la tendenza neoliberista affermatasi negli ultimi vent’anni che ha prodotto un attacco massiccio alle conquiste storiche del mondo del lavoro.
Perché questa lotta sia più efficace riteniamo utile indicare quelli che per noi dovrebbero essere i contenuti principali di una nuova legge sulle pensioni:
- diritto alla pensione per tutte e tutti con 6o anni di età o 40 anni di contributi versati indipendentemente dall’età anagrafica;
-eliminazione del meccanismo che collega l’assegno pensionistico all’aumento dell’aspettativa di vita
-introduzione, come ad esempio in Germania, ai fini del calcolo degli anni per maturare il diritto alla pensione, di contributi figurativi per i periodi di cura dei figli fino a 10 anni di età e delle persone non autosufficienti, di disoccupazione , di incapacità di lavoro, di istruzione superiore e universitaria a partire dai 17 anni; e per le donne ulteriori tre anni di contribuzione aggiuntivi per ogni figlio.
- interventi particolari con annualità di vantaggio per cause di invalidità sul lavoro e lavori usuranti.
- aumento delle pensioni previdenziali basse, riducendo il prelievo fiscale, oggi doppio della media europea, ripristinando la rivalutazione completa delle pensioni fino 5 mila euro lordi, e portando quelle assistenziali sopra il livello di povertà relativa.
In risposta al problema dell’equilibrio del sistema proponiamo: lo scorporo dal bilancio dell’Inps tutti i costi relativi agli interventi assistenziali; la restituzione allo stesso ente le tasse che i lavoratori pagano sulla pensione ricevuta.
Aggiungiamo che bisogna smetterla di dire che non ci sono le risorse, come predica da anni l’ideologia della scarsità, purtroppo penetrata profondamente nel corpi sociali colpiti dalla crisi; Si possono e si devono recuperare molti miliardi per politiche sociali attraverso: il ripristino della progressività fiscale prevista dalla costituzione con riduzione delle aliquote più basse , una vera lotta a tutta l’evasione fiscale e contributiva e ai paradisi fiscali, una tassa sui grandi patrimoni a partire da milione di euro, tagli alle spese militari e a quelle per grandi opere inutili e dannose.

*responsabile nazionale lavoro PRC-S.E.

Rifondazione comunista è solidale con la mobilitazione delle lavoratrici e dei lavoratori della Blutec di Termini Imerese che oggi, 4 maggio, organizzano un presidio davanti alla Regione Sicilia per rompere l’inerzia della Presidenza rispetto alle trattative nazionali per dare un futuro industriale a quel comprensorio.

La situazione è gravissima: i dipendenti rischiano di trovarsi senza lavoro il 30 giugno, data di scadenza della cassa integrazione, e manca qualsiasi garanzia sul futuro loro e dello stabilimento siciliano.
L’unica notizia positiva non arriva dal governo che è silente, ma dal Tribunale di Torino che ha ammesso la Fiom nazionale e di Palermo come parti civili nel processo a carico della proprietà della Blutec per la presunta detrazione di fondi pubblici, e la mancata attuazione del piano di rilancio.

Non si può più aspettare; occorre l’immediato intervento di un soggetto pubblico con un piano industriale serio per rilanciare le attività nel comparto di Termini Imerese e contrastare la piaga della disoccupazione che lì, come in tutta la Sicilia, arriva al 40% costringendo i giovani a emigrare per inseguire la speranza di un futuro dignitoso.

Gli investimenti previsti per il porto di Termini e quelli del recovery plan per l’alta velocità sono insufficienti in assenza di politiche industriali e di un piano del lavoro che definisca nel concreto il rilancio dell’occupazione nell’industria, in tutti i settori pubblici, nel turismo e nel risanamento del territorio.

Antonello Patta responsabile nazionale lavoro
Frank Ferlisi, responsabile lavoro di Palermo
Partito della Rifondazione Comunista / Sinistra Europea

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Morire a 23 anni mentre si lavora per guadagnare di che vivere. È successo di nuovo. Questa volta è toccato a una giovane operaia madre di una bambina piccola rimasta impigliata in un rullo della macchina su cui stava lavorando in uno stabilimento tessile di Montemurlo in provincia di Prato.
Mancano le parole per dire lo sgomento e la rabbia di fronte all’ennesimo atto di uno stillicidio che non sembra avere mai fine. Ma sappiamo che il silenzio conduce all’indifferenza e all’assuefazione e che non bisogna smettere di indignarsi e lottare fino a che la cura della vita non prevarrà sui profitti.
Denunciamo come insopportabile e inaccettabile il fatto che nell’era del digitale e dei sensori in grado di guidare lavorazioni millimetriche continuino a esistere condizioni di lavoro in cui una macchina può uccidere una persona.
Nell’esprimere il nostro dolore e i sentimenti di una sentita vicinanza con i genitori e con la piccola bimba della lavoratrice assumiamo come un impegno più forte che mai la lotta perché i luoghi di lavoro smettano di essere luoghi di morte.

Maurizio Acerbo, Segretario nazionale
Antonello Patta, resp. Lavoro PRC-S.E.

Non sono bastati i 220 posti di lavoro persi due anni fa. La multinazionale americana ha presentato un piano industriale totalmente inadeguato che fa prevedere 130 nuovi licenziamenti.

Per questo la mobilitazione delle lavoratrici e di lavoratori riparte questa mattina con un presidio davanti alla Regione Campania per dire basta allo stillicidio senza fine di posti di lavoro e chiamare le istituzioni territoriali e nazionali ad assumersi le loro responsabilità di fronte a un territorio, quello di Caserta, martoriato con uno dei tassi di occupazione tra i più bassi d’Italia.
Rifondazione Comunista sostiene con forza la lotta delle lavoratrici e lavoratori per impedire l’ennesimo attacco all’occupazione e al tessuto economico e produttivo del territorio.

Basta lasciare alle multinazionali il destino del lavoro nel nostro paese!

Il governo smetta di dare “soldi a pioggia” alle imprese e finalizzi l’erogazione di soldi pubblici alla piena e buona occupazione in un'economia che metta al primo posto la cura delle persone e dell’ambiente

Antonello Patta responsabile lavoro
Partito della Rifondazione Comunista/Sinistra Europea

Oggi le lavoratrici e i lavoratori di Alitalia hanno manifestato a Roma, con un presidio a P.zza San Silvestro, a due passi dal Parlamento e da Palazzo Chigi in adesione alle iniziative di lotta promosse da, alcune sigle sindacali come CUB, ACC, USB E NAVAID in difesa dell’occupazione e contro la privatizzazione e la liberalizzazione del comparto.

L’ipotesi di accordo tra governo e UE prefigura infatti una piccolissima compagnia di dimensioni regionali che comporterebbe la perdita del posto di lavoro per 7000 mila dipendenti ed un numero addirittura maggiore di lavoratrici e lavoratori dell’indotto. Ma chi lavora non è disposto a cedere e si prepara ad andare anche a Bruxelles a portare le proprie istanze.

Se questa ipotesi diventasse reale l’Italia diventerebbe un Paese privo di una compagnia aerea “di bandiera” subendo così un’ulteriore gravissima perdita di posti di lavoro

Respingiamo con forza Il piano imposto dall’Unione che è inaccettabile anche in quanto discriminatorio rispetto al trattamento ricevuto dalle altre compagnie europee che hanno potuto erogare aiuti di stato molto più consistenti.

Rifondazione Comunista sostiene le proposte avanzate dalle organizzazioni sindacali che hanno promosso la mobilitazione odierna:

- "La proroga del blocco dei licenziamenti fino al termine della crisi causata dalla pandemia;

- un piano di emergenza che garantisca il lavoro e sostenga le aziende fino alla totale ripresa del traffico prevista entro il 2023;

- un piano di investimenti pubblici a sostegno della ripresa e l'avvio delle riforme di sistema attese da anni con al primo posto la tutela del lavoro e delle filiere produttive con regole uguali per tutti gli operatori"

Antonello Patta, Responsabile nazionale lavoro Partito della Rifondazione Comunista - Sinistra Europea

Salvini, come già ha fatto M5S, svendera' quota 100? Dicevano che il governo non era neoliberista invece come prevedevamo continua su quella strada. Ancora una volta si seguono le raccomandazioni della Commissione Europea sulle linee guida per il recovery fund già approvate dal governo Conte 2: “Attuare pienamente le passate riforme pensionistiche onde ridurre il peso della spesa pensionistica”. Quota 100 è un provvedimento limitato perché non garantisce donne, chi non ha continuità contributiva e chi ha cominciato a lavorare presto.

Ma si prospetta il peggio: ripristino dell’età pensionistica, tranne per i lavori usuranti, a 67 anni, che per chi non ha 20 anni di contributi, o non ha raggiunto il montante contributivo previsto diventano indefinitamente di più.
La drammatica crisi occupazionale del nostro paese richiederebbe misure urgenti tra cui il pensionamento a 60 anni o con 40 anni di contributi, invece si persiste in una scelta che colpisce duramente sia chi lavora da una vita sia chi il lavoro non lo trova.
Ricordiamo che in Francia i sindacati sostenuti dalla sinistra radicale hanno bloccato la riforma delle pensioni di Macron e si va ancora in pensione col retributivo. La vera riforma da fare è l’abrogazione definitiva della legge Fornero.

Bisogna assumere i giovani non tenere in ostaggio chi lavora fino a 67 anni.

Mentre si allunga l'età lavorativa non si fa nulla per garantire alle future generazioni un assegno dignitoso che attestandosi ormai su circa il 50% del salario, viste le retribuzioni odierne, produrrà un dramma sociale enorme.

Maurizio Acerbo, segretario nazionale
Antonello Patta, responsabile lavoro
Partito della Rifondazione Comunista – Sinistra Europea

Questa mattina i dipendenti di Alitalia sono davanti al Mise con una manifestazione indetta dai sindacati confederali e di base in difesa del lavoro e contro la morte annunciata della compagnia di bandiera.
L’ipotesi di accordo tra governo e UE infatti prefigura una mini compagnia di dimensioni regionali che lascerebbe a casa 7000 mila dipendenti, un numero ancor più grande di lavoratori e lavoratrici dell’indotto e sarebbe destinata a soccombere in breve tempo nella competizione con le altre compagnie europee;
L’Italia diventerebbe un Paese senza compagnia di bandiera, subirebbe un’altra insopportabile perdita di posti di lavoro e sarebbero necessarie nuove risorse pubbliche nel giro di qualche anno.

Il piano imposto dall’Unione è inaccettabile anche in quanto discriminatorio rispetto al trattamento ricevuto dalle compagnie tedesca e francese che hanno ricevuto aiuti di stato per 11 e 7 miliardi mentre Alitalia ne ha ricevuto solo 1,4.

Diciamo no alla distruzione del trasporto aereo italiano, figlia delle stesse logiche neoliberiste che hanno portato alla chiusura di altre grandi filiere produttive, impoverito l’economia nazionale, prodotto il dramma della disoccupazione e della precarietà.

Siamo con i lavoratori e le organizzazioni sindacali nella lotta per difendere migliaia di posti di lavoro e impedire che il controllo del trasporto aereo e le decisioni sui flussi turistici finiscano in mani che difendono interessi altrui.

Intanto chiediamo l’immediato sblocco delle risorse necessarie a pagare gli stipendi e la messa in campo di un serio piano industriale che non riproponga i clamorosi errori del passato decretando l’agonia finale della compagnia di bandiera.

Maurizio Acerbo, Segretario nazionale
Antonello Patta, responsabile lavoro
Partito della Rifondazione Comunista/ Sinistra Europea

Il ministro Brunetta annuncia in pompa magna 150mila assunzioni l'anno nella Pubblica Amministrazione. Non ci facciamo depistare da questo marketing governativo. Le 150.000 assunzioni di Brunetta coprono a malapena il turnover e restiamo molto lontani da quanto necessario per ridare vita a una pubblica amministrazione massacrata negli ultimi due decenni con tagli, esternalizzazioni e privatizzazioni.
Come sosteniamo da mesi un vero Recovery Plan dovrebbe avere come priorità assoluta il rilancio del pubblico per il quale bisognerebbe assumere e reinternalizzare almeno un milione di NUOVI dipendenti. Andrebbero poi cancellate le norme che impongono di non aumentare la spesa per il personale e impongono il proliferare di appalti che producono precarietà e peggiorano la qualità dei servizi. Siamo fortemente sotto le medie europee come numero dipendenti pubblici: in Svezia ci sono 170 addetti ogni 1.000 abitanti, nel Regno Unito 155, in Germania 147, in Francia 134, in Grecia 90 e in Italia 84. Questo gap incide non solo sulla qualità e la quantità dei servizi ma anche sull'occupazione. Tante competenze di giovani che escono dalle università non trovano uno sbocco nel nostro paese a causa delle politiche neoliberiste perseguite da centrodestra e centrosinistra.

Maurizio Acerbo, segretario nazionale
Antonello Patta, responsabile lavoro
Rifondazione Comunista - Sinistra Europea

Ancora una volta il sistema Fincantieri finisce sotto inchiesta per lo sfruttamento della manodopera e l'evasione nelle ditte dei subappalti.
Oggi è la volta di sette società albanesi a Porto Marghera ma il fenomeno riguarda praticamente tutti gli stabilimenti in giro per l'Italia.
Basta consultare un motore di ricerca per accorgersi che quello Fincantieri è un sistema marcio fondato sullo sfruttamento e l'illegalità.
Ma va soprattutto sottolineato che questo sistema è stato reso possibile dalle controriforme del lavoro dell'ultimo trentennio.
Questa giungla degli appalti e dei subappalti fino agli anni '90 non c'era. Fincantieri, come tutti i grandi gruppi industriali, doveva assumere direttamente e questo garantiva retribuzioni decenti, diritti e potere contrattuale per lavoratori.
Nel 1960 la sinistra e la CGIL avevano conquistato la legge 1369 che vietava espressamente l'intermediazione e l'interposizione di manodopera. Come scrisse la Corte di Cassazione in una sentenza nel nostro ordinamento era stato introdotto “il divieto di interposizione parassitaria nelle prestazioni di lavoro”.
Questa fondamentale conquista fu cancellata dal centrosinistra con il famigerato Pacchetto Treu e poi con il decreto legislativo 276 del 2003 del ministro leghista Maroni.
Le pseudo-riforme del lavoro sono criminogene e i grandi gruppi come Fincantieri non possono far finta di essere innocenti perchè sanno bene cosa accade.
La Fincantieri è un'azienda pubblica. Dia l'esempio re-internalizzando tutto quanto è stato subappaltato.
Destra e centrosinistra sono corresponsabili di questa situazione.
Le inchieste sono benvenute ma per risolvere il problema bisogna abolire le norme neoliberiste di precarizzazione del lavoro.

Maurizio Acerbo, segretario nazionale
Antonello Patta, responsabile lavoro
Partito della Rifondazione Comunista - Sinistra Europea

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Nell’anno del covid in Italia sono andati in fumo circa un milione di posti di lavoro; è un vero e proprio tsunami che si abbatte su un contesto sociale già popolato da un esercito di disoccupati e precari, rendendo insostenibile una situazione sociale già difficilissima.

E’ una strage quella fotografata dagli ultimi dati istat relativi al mese di febbraio del 2021 nel quale si sono registrati 22.197.000 occupati, 945.000 in meno rispetto al febbraio 2020.

A rendere la situazione ancor più drammatica, al crollo dell’occupazione del 4,1% si aggiungono un consistente aumento del numero degli inattivi che arrivano al 37%, un aumento generale della disoccupazione che arriva al 10% con quella giovanile che balza al 31,6% .
Tra gli occupati ad esser più penalizzati, piove sul bagnato, sono i più giovani con un calo del 14,7% di occupati tra i 15 e i 24 anni (-159mila unità) e un -6,4% per quelli tra i 25 e i 34 anni (-258mila unità). Non va bene nemmeno per

gli over 50 tra i quali la disoccupazione è aumentata del 14,6%.

E’ questa la realtà del Paese che che noi denunciamo da tempo, fotografata dall’Istat applicando i criteri di rilevazione imposti dall’Europa.

Di fronte a questi dati è inaccettabile che il governo prosegua con misure che non hanno funzionato e che stia addirittura ragionando sull’introduzione di incentivi all’assunzione di precari.

Occorre subito il blocco definitivo dei licenziamenti col ripristino dell’articolo 18, l’estensione degli ammortizzatori sociali per tutte e tutti, e un grande piano nazionale per il lavoro,a partire dall’assunzione di un milione di nuovi dipendenti pubblici per la sanità, l’istruzione e gli altri servizi pubblici.

Antonello Patta
Responsabile nazionale lavoro del Prc

Sei Rappresentanti per la Sicurezza sul Lavoro sono stati "puniti" per essersi assunti la responsabilità civica di costituirsi parte civile nel processo per la strage di Viareggio in cui persero la vita 32 persone.
La Cassazione, come abbiamo già denunciato, ha ribaltato il giudizio di primo e secondo grado scegliendo di non applicare il Testo Unico sulla sicurezza nel lavoro e le relative aggravanti.
Ora questi lavoratori che hanno agito nell’unico interesse della giustizia e della verità sono chiamati a versare la somma di 80.000 euro per le spese legali.

All’ingiustizia subita dai parenti delle vittime della strage e ai licenziamenti di lavoratori che si sono impegnati per evitare altre tragedie si aggiunge ora quest’iniziativa di carattere chiaramente intimidatorio verso chi nel futuro volesse schierarsi per la tutela dei diritti contro i potenti.

La Cassazione ha mandato un segnale politico evidente volto a dissuadere dal costituirsi parte civile. Auspichiamo che la migliore cultura giuridica del nostro paese prenda parola sull’esito vergognoso del processo per la strage di Viareggio che ricorda le peggiori pagine della storia italiana.

Come Rifondazione Comunista esprimiamo la nostra più completa solidarietà verso gli RLS e la disponibilità a partecipare a ogni iniziativa di sottoscrizione per le spese che sono chiamati a sostenere.

Allo stesso tempo restiamo a fianco di tutte le lavoratrici e i lavoratori di Fs impegnati per la sicurezza sul lavoro e alle famiglie delle vittime di Viareggio ancora in attesa di giustizia.

Invitiamo compagne e compagni, lavoratrici e lavoratori, e tutti i sinceri democratici a sostenere i sei RLS colpiti da questa sentenza.

Per la sottoscrizione è stato aperto un apposito conto corrente. IBAN: IT96V0760103200001053269260 intestato a Dante De Angelis. Per i versamenti la causale è: “Contributo di solidarietà per spese legali e processuali RLS Processo Viareggio”.

Maurizio Acerbo, segretario nazionale
Antonello Patta, responsabile lavoro
Partito della Rifondazione Comunista - Sinistra Europea

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Mentre sono in pieno svolgimento le due giornate di lotta di tutti i settori della logistica con adesioni massicce allo sciopero indetto da Filt Cgil, Fit Cisl e Uiltrasporti, arriva un’altra ottima notizia: i riders che lavorano per Just Eat, circa 4 mila, verranno assunti come dipendenti.
E’ una vittoria molto importante perché chiude con l’imbroglio del finto lavoro autonomo usato per nascondere forme di sfruttamento inaccettabili, mettendo fine al cottimo e riconoscendo una paga minima oraria di 9,60 euro oltre a permessi, ferie, tfr, malattia e infortuni, permessi parentali.
Un grande risultato che arriva dopo la grande giornata di lotta del 26 marzo che aveva espresso la determinazione dei riders ad andare avanti fino al conseguimento degli obiettivi richiesti; un conquista che apre una breccia molto importante per il contrasto a tutte le forme di lavoro precarizzato, supersfruttato e privo di diritti.
Il successo ottenuto rappresenta un forte incoraggiamento a proseguire con le lotte fino a quando queste richieste non saranno imposte a tutte le altre piattaforme del food delivery e le conquiste ottenute non siano applicate fino in fondo.
Rifondazione Comunista sostiene da sempre le lotte delle lavoratrici e dei lavoratori del settore e anche oggi siamo a fianco dello sciopero dei trasporti prolungato per 48 ore.
Le mobiltaziioni di questi ultimi giorni, da Amazon, ai riders, ai lavoratori dello spettacolo, a tutti i comparti della logistica sono un gran bel segnale che dice che è il momento di abbandonare le divisioni anche sindacali e unificare le lotte in un grande movimento unitario dei lavoratori per i salari, i diritti e dire basta a tutte le forme di precarietà e sfruttamento.
Occorre una grande stagione di lotte contro le politiche neoliberiste che accomunano questo governo a quelli precedenti per imporre l’abolizione delle leggi che hanno tolto alle lavoratrici e ai lavoratori potere contrattuale e diritti. C'è bisogno di una vertenza generale per farla finita con precarietà e bassi salari e di una sinistra, alternativa ai poli esistenti, che abbia come bandiera i diritti di chi lavora.
Il lavoro prima dei profitti!

Maurizio Acerbo, segretario nazionale
Antonello Patta, responsabile lavoro
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