Ancora morti sul lavoro, continua la strage infinita di figli della classe operaia sacrificati sull'altare del profitto, due morti al giorno dall’inizio dell’anno. Le indagini ci diranno le dinamiche e le circostanze all’origine di quest’ennesima tragedia, "la causa determinante" dell'evento infortunistico; ma per quanto riguarda i due episodi infausti di Sassari e Cesena, lavoratori alle dipendenze di aziende fornitrici di servizi, sembra già chiaro che sono stati colpiti/travolti inaspettatamente da attrezzature perché non sapevano come gestirle. Il crollo del solaio a Trento e la caduta dall'alto nel Bresciano invece non sono archiviabili come le solite, ineluttabili "maledizioni" del lavoro in edilizia ma all'assenza di procedure dovute, alla totale mancanza di valutazione del rischio nello specifico ambiente di lavoro e alla violazione di elementari misure di prevenzione.
Verrebbe da fare una provocazione: dove era il preposto di quella azienda che, dopo la L. 215/2021 del Governo Draghi, doveva vigilare sulla sicurezza dei processi produttivi? Indagheremo e scopriremo qual è in quelle province la dotazione di personale ASP e INL impegnati ed impegnabili nell'assolvimento dei livelli essenziali di assistenza relativi alla tutela della salute e sicurezza, che, come abbiamo denunciato spesso sono molto al disotto del minimo necessario in tutto il paese.
Intanto non si può sottacere l’evidente mancanza di formazione dei lavoratori sulle norme di sicurezza che determina spesso la non percezione del rischio stesso, fenomeno accentuato dall’assunzione, specie in edilizia di personale precario o occasionale vessato con ritmi di lavoro che rendono impossibile il lavoro in sicurezza.
E’ intollerabile che il governo non intervenga seriamente a garantire la fine di questa strage e continui a mantenere in vita leggi che rendono i lavoratori ricattabili e disponibili ad accettare sfruttamento e condizioni di lavoro non sicure.

Antonello Patta, responsabile nazionale lavoro
Partito della Rifondazione Comunista /Sinistra Europea

Siamo a fianco delle lavoratrici e dei lavoratori oggi mobilitati con presidi davanti alle prefetture di tutta Italia per protestare contro un ulteriore liberalizzazione degli appalti

Sono almeno un milione i posti di lavoro a rischio se il DDL appalti venisse approvato alla Camera nella stessa versione passata al senato dove è andata in scena la semplificazione secondo il governo Draghi: l’eliminazione dell’obbligo di inserire, nei bandi di gara degli appalti ad alta intensità di manodopera, la clausola sociale, presente nel codice dei contratti pubblici, che prevede la continuità occupazionale del personale impiegato.

Con conseguenze gravissime per centinaia di migliaia di lavoratori e soprattutto lavoratrici che tengono in vita servizi essenziali con incarichi precari e mal pagati: a ogni cambio d’appalto rischierebbero il posto di lavoro e il magrissimo reddito che portano a casa.

Draghi e i partiti che lo sostengono proseguono le politiche neoliberiste che hanno fatto dell’esternalizzazione dei servizi pubblici un potente strumento di diffusione della precarietà nel paese e di riduzione dei costi ai danni delle paghe dei lavoratori e della qualità dei servizi

Ora non solo non fanno nulla contro le vergognose condizioni di precarietà diffuse nel mondo del lavoro, la piaga della disoccupazione e della sottoccupazione, i bassi salari, ma non perdono occasione per accentuare sempre più il potere discrezionale delle imprese sui lavoratori.

Sosteniamo questa lotta e la richiesta, avanzata dai sindacati confederali, che la Camera reintroduca l’obbligo dell’inserimento della clausola sociale nei bandi di gara.

Ma l’impegno fondamentale è quello di rilanciare le lotte fino allo sciopero generale per aumenti salariali consistenti, il salario minimo per tutte e tutti, l’assunzione di almeno un milione di dipendenti pubblici e l’eliminazione completa della precarietà nel pubblico con la reinternalizzazione di tutto ciò che è stato esternalizzato.

Antonello Patta, responsabile nazionale lavoro
Partito della Rifondazione Comunista/Sinistra Europea

Draghi oggi a Torino per la firma del cosiddetto Patto per la Città ha presentato come un grande investimento la destinazione di 8,7 miliardi per “aiutare le aziende del settore dell’automotive nella transizione ecologica aumentando la domanda e sostenendo l’offerta”.
Ma le risorse di cui parla Draghi, non solo sono piccola cosa rispetto a quelle investite in altri paesi europei, ma vengono erogate a pioggia ad aziende responsabili in gran parte della crisi che attraversa il settore che hanno scelto di sopravvivere senza investire in innovazione e ricerca e puntando sullo sfruttamento delle lavoratrici e dei lavoratori; il risultato è che nell’automotive oggi sono a rischio molte aziende e decine di migliaia di posti di lavoro e negli stabilimenti Stellantis si va avanti a cassa integrazione e ridottissimo utilizzo degli impianti. In queste condizioni in un paese che oramai produce solo un quarto delle auto vendute c’è pure la beffa che i soldi andranno dritti dritti a “sostenere” imprese di altri paesi.
Servono investimenti pubblici e anche consistenti ma a patto che siano finalizzati ad una riconversione verso una mobilità alternativa, anche collettiva e pubblica che mentre riqualifica e rilancia il tessuto produttivo nazionale salvaguardi l’occupazione di qualità anche attraverso la riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario.
E questo non può avvenire lasciando scelte fondamentali del paese alle dinamiche spontanee di un capitalismo come quello italiano che ha prodotto il disastro in cui ci troviamo. Occorre che lo stato determini gli indirizzi e guidi anche direttamente i processi entrando subito, come avviene in Francia, nel capitale di Stellantis, da cui dipende la metà della produzione componentistica italiana; altrimenti continuerà inesorabilmente il processo che in pochi anni ci ha portato da secondo a settimo produttore d’auto in Europa.

Antonello Patta, Responsabile nazionale lavoro
Fausto Cristofari, segretario della federazione di Torino
Partito della Rifondazione Comunista/Sinistra Europea

Continueranno a ricevere un salario corrispondente alle attuali 40 ore settimanali i 260 lavoratori del cantiere navale del gruppo Ferretti di Ancona, ma con una riduzione dell’orario a 35 ore lavorando tutti su un unico turno. Un esempio da seguire in tutte le aziende. un risultato quello ottenuto con la firma dell’accordo del contratto integrativo tra azienda e Rsu Fiom-Cgil che andrebbe generalizzato attraverso l'approvazione di una legge per la riduzione drastica dell'orario di lavoro a parità di salario. Una proposta che avanziamo da decenni e che in altri stati, come la Francia, divenne legge nel 1996.
L’aumento enorme della produttività del lavoro degli ultimi decenni rende possibile la ripresa del cammino storico del movimento operaio verso la liberazione di tempo di lavoro a vantaggio di quello da dedicare alla vita, alla cura, alla cultura e allo svago; è una delle risposte fondamentali per contrastare l’irrazionalità di un sistema che vede chi un lavoro ce l’ha fare troppe ore a fronte di un esercito di 6 milioni di disoccupati reali: una disoccupazione e una precarietà funzionali a mantenere le lavoratrici e i lavoratori in una condizioni di sfruttamento e ricattabilità.
In Italia i partiti di governo e il padronato rifiutano pervicacemente persino il dibattito su questo tema così come sul salario minimo, mentre si mantengono leggi che aumentano lo sfruttamento e perpetuano un sistema produttivo fondato su bassi salari e scarsa innovazione;
Non Basta! Con il ripristino della legge Fornero sulle pensioni si allunga nel suo insieme la vita lavorativa e si apparecchia una vita da fame per i futuri pensionati.
Si smetta di spendere soldi per le armi e si utilizzino le risorse pubbliche per creare buona occupazione nella riconversione ecologica dell’economia accompagnata dalla riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario e dall’assunzione di almeno un milione di dipendenti che rafforzino il ruolo pubblico nella cura delle persone e dell’ambiente.

Maurizio Acerbo, segretario nazionale e Antonello Patta, responsabile nazionale lavoro del Partito della Rifondazione Comunista - Sinistra Europea

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Oggi i navigator, in lotta da molti mesi per la stabilizzazione del posto di lavoro, manifestano a Roma, davanti al Mise, in occasione dello sciopero nazionale indetto da Nidil Cgil, Felsa Cisl e Uiltemp; protestano contro il rifiuto del governo di dare una risposta positiva alla loro domanda di stabilità che coincide, peraltro, con la necessità riconosciuta da tutti di rafforzare le politiche attive del lavoro.
La loro è una vertenza che va avanti molti mesi, hanno dovuto conquistare con una mobilitazione continuata nel tempo due proroghe al contratto stipulato quasi tre anni fa e oggi sono costretti a continuare la lotta per ottenere finalmente una certezza per il loro futuro.
E questo nonostante, grazie alla qualificazione professionale e all’esperienza acquisita, siano diventati parte integrante del sistema dei servizi per l’impiego e nonostante questi siano perennemente in difficoltà per le carenze di organico.
Non è più accettabile che i ministri orlando e Brunetta continuino a rifiutare di incontrare le loro rappresentanze sindacali e confrontarsi per arrivare a una soluzione positiva della vertenza; le risorse del Pnrr siano utilizzate per creare buona occupazione potenziando al contempo funzioni e servizi pubblici rilevanti come questo e non date alle imprese per ristrutturarsi ai danni dei diritti e dell’occupazione.
Rifondazione Comunista è oggi in piazza a fianco della lotta dei navigator per il potenziamento dei servizi dell’impiego e la stabilità del posto di lavoro necessaria per impedire che altre duemila persone vadano ad ingrossare l’esercito dei disoccupati, grande vergogna di questo paese!

Maurizio Acerbo, segretario nazionale
Antonello Patta, responsabile nazionale Lavoro
Partito della Rifondazione Comunista/Sinistra Europea

Domani, sabato 26 marzo, saremo a Firenze alla manifestazione nazionale convocata dai lavoratori della GKN, per i diritti, il clima e contro la guerra.

La lotta dei lavoratori della Gkn è un esempio straordinario di come la difesa del diritto al lavoro può sfuggire all’isolamento nel quale per decenni hanno trovato la sconfitta migliaia di vertenze concluse con la chiusura e i licenziamenti.
La lotta della GKN parla a tutto il mondo del lavoro e a tutte le classi lavoratrici perché ha saputo proiettarsi fuori dai cancelli della fabbrica ponendosi come argine a un attacco che colpisce tutta la società attraverso la precarietà occupazionale, del salario, dei diritti e sapendo costruire intorno a sé una grande rete di solidarietà nel territorio e a livello nazionale diventando simbolo di una riscossa possibile.
Ma la scelta fondamentale è stata quella di uscire dall’ambito della pura resistenza e di attesa passiva nel limbo mortifero di garanzie salariali senza lavoro e di passare all’attacco mettendo in discussione il modello produttivo , economico e sociale. e pretendendo per i lavoratori il ruolo di protagonisti del cambiamento.
Le parole d’ordine di questa lotta, “Insorgiamo” e “Convergiamo” sono diventate la bandiera di chi non si rassegna con la consapevolezza che che da questo governo e da questo padronato non ci si può aspettare altro che peggioramenti, e che solo una grande ripresa delle lotte può fermare l’offensiva neoliberista e avviare il cambiamento necessario.
Raccogliamo l'invito alla convergenza che arriva dalla GKN: c'è la necessità di unire nella lotta comune lavoratrici e lavoratori che si battono per il salario, l’occupazione, pensioni dignitose e la sicurezza nei luoghi di lavoro, gli studenti contro la selezione di classe e l’alternanza scuola lavoro, i Fridays For Futurecontro i cambiamenti climatici, i movimenti in difesa del territorio, dell’ambiente e della salute, dei beni comuni, dei servizi pubblici.
E’ questa la direzione che dovrebbero assumere tutti i soggetti sociali, politici e sindacali che vogliono davvero porre fine ai drammi economici e sociali del neoliberismo e lottare per un modello economico e sociale non più centrato sul profitto, le disuguaglianze e una mercificazione senza fine, che, invece, rimetta al centro la dignità, i diritti, la cura dell’ambiente e delle persone
Rifondazione Comunista ha assunto da tempo l’impegno prioritario dell’unificazione nei conflitti e nell’opposizione ai governi antipopolari di ciò che il capitalismo neoliberista ha diviso, come unica strada per ricostruire la forza sociale e politica necessaria per avviare l’alternativa.

Per questi motivi oggi partecipiamo con grande convinzione alla giornata dello sciopero mondiale sul clima e domani 26 marzo parteciperemo e invitiamo tutti a partecipare alla manifestazione nazionale di convergenza dei movimenti a Firenze promossa dal Collettivo di fabbrica Gkn.

Maurizio Acerbo, segretario nazionale e Antonello Patta, responsabile nazionale lavoro del Partito della Rifondazione Comunista - SInistra Europea

I pescatori fanno bene a protestare contro il caro gasolio. La protesta va inserita nel quadro di un più vasto disagio sociale determinato dagli aumenti delle bollette e dal carovita in genere che colpiscono duramente i lavoratori, pensionati e i ceti popolari con salari e pensioni tra i più bassi d’Europa e mettono a rischio interi comparti dell’economia italiana.

Il governo ha attuato interventi del tutto insufficienti rispetto alla gravità della situazione che vedrà i salari diminuire ancora per effetto dell’inflazione e un grande numero di piccoli e medi produttori a rischio chiusura con conseguente aumento di una disoccupazione già insostenibile.
La guerra col mix di caro petrolio, sanzioni ed embarghi ad essa connessi, accentua ed allarga gli effetti negativi sull’economia del nostro paese che rischia il doppio pericolo della recessione e dell’inflazione contemporaneamente con conseguenze disastrose sui salari, l’occupazione e la tenuta di diversi dei settori più esposti.
Il 25 febbraio abbiamo visto scendere in piazza agricoltori, allevatori e pescatori, uniti nella protesta contro gli elevati aumenti dei costi del carburante; con la guerra rincarano pesantemente tutti i prodotti indispensabili per l’agricoltura e l’allevamento: mais, concimi, fertilizzanti.
Oggi sono i pescatori a mobilitarsi contro il caro gasolio che rende insostenibile l’attività di pesca.
Federpesca denuncia i rischi enormi per migliaia di posti di lavoro e sugli effetti a medio termine a causa dell’occupazione del mercato da parte di produttori stranieri.
Gli effetti di tutto ciò saranno ulteriori aumenti sulle bollette, prodotti alimentari e beni di consumo con effetti ancora più drammatici sugli stessi lavoratori e i ceti popolari già duramente colpiti negli ultimi due anni da crisi e pandemia. La guerra tra ricchi e potenti la pagano come al solito i popoli.
Occorre unificare le lotte delle lavoratrici e dei lavoratori con tutte le piccole e medie imprese su cui si vogliono scaricare i costi di questa economia di guerra per pretendere che il governo intervenga subito con provvedimenti adeguati per: bloccare gli aumenti delle bollette come in altri paesi, sottrarre la dinamica dei prezzi all’importazione dalle operazioni speculative fissando dei tetti, calmierare i prezzi di tutti i generi di prima necessità, introdurre per legge un salario minimo garantito di dieci euro netti, ripristinare la scala mobile e riagganciare le pensioni alla dinamica dei salari.

Maurizio Acerbo, segretario nazionale
Antonello Patta, responsabile nazionale lavoro
Partito della Rifondazione Comunista/Sinistra Europea

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In occasione dell’8 marzo non si possono non ricordare le grandi disparità e disuguaglianze che colpiscono le donne nel mondo del lavoro nel nostro paese.

Le donne subiscono un grave un divario salariale rispetto agli uomini registrato solo in parte dalle statistiche che, confrontando il salario orario contrattuale non tengono conto dei lavori precari e dei part time obbligati che colpiscono maggiormente il lavoro femminile; è gravissimo il divario nel tasso di occupazione che si attesta mediamente intorno al 20%, ma diventa del 35% per le donne giovani e per quelle del sud.

Dentro la pandemia poi le donne hanno subito le contraddizioni derivanti dall’impianto patriarcale e dalla femminilizzazione del lavoro nella sanità, nella scuola, nella pubblica amministrazione e nella grande distribuzione; nel posto di lavoro sono state in prima linea nell’urto del covid venendo contagiate molto di più degli uomini e quando si trovano in smart working lavoravano il doppio sommandosi questo al lavoro di cura domestico.

Per di più, come sempre nelle crisi, sono state le prime ad essere licenziate come si è visto nel 2020, in barba al blocco dei licenziamenti, proprio perché lavorano con contratti che danno poca sicurezza e stabilità, come le infinite forme di precarietà o il part-time spesso “finto” e involontario.

La lotta contro tutte le discriminazioni per un lavoro dignitoso e la redistribuzione del lavoro di cura, sono premesse indispensabili per conquistare insieme all’indipendenza economica l’autodeterminazione delle donne e la loro liberazione da tutte le forme di violenza domestica e non.

Al contempo lottiamo per un radicale cambiamento di rotta delle politiche neoliberiste, per un rilancio degli investimenti nell’welfare e nei servizi, dai nidi, alle scuole, ai servizi socio-sanitari sul territorio, fondamentali per evitare la supplenza del lavoro domestico femminile.
Per questi motivi riteniamo giusta la scelta dei movimenti femministi, in Italia Non Una Di Meno, di invitare delegate, delegati e organizzazioni sindacali ad aderire allo sciopero femminista e transfemminista della produzione, della riproduzione e del consumo in occasione dell’8 marzo.
Rifondazione comunista sostiene la scelta delle organizzazioni sindacali di base e delle Rsu che hanno già aderito alla scelta e considera un’occasione mancata la scelta delle principali organizzazioni sindacali di non unificare donne e uomini, giovani e meno giovani, studenti e studentesse, precari/e, disoccupati/e in una grande giornata di lotta contro le politiche neoliberiste che stanno scaricando una crisi mai finita contro i ceti popolari, aumentando ingiustizie e disuguaglianze.

Dipartimento Nazionale Lavoro
Partito della Rifondazione Comunista/Sinistra Europea

Il 25 febbraio è stato proclamato da Filt Cgil, Fit Cisl, Uiltrasporti, Faisa Cisal e Ugl Autoferrotranvieri uno sciopero di 24 ore nel trasporto pubblico su tutto il territorio nazionale. Il motivo è "il rifiuto delle associazioni datoriali Asstra, Agens e Anav di entrare nel merito di una reale trattativa per il rinnovo del contratto collettivo nazionale Autoferrotranvieri Internavigatori (Mobilità Tpl) e per il miglioramento delle condizioni lavorative, sia normative che salariali".
È l’ennesimo esempio di arroganza padronale: il contratto nazionale del settore è scaduto il 31 dicembre 2017, cioè da quasi 5 anni lavoratrici e lavoratori non vedono un aggiornamento degli stipendi, e, soprattutto, un adeguamento alle nuove condizioni lavorative venutesi a creare con la pandemia. Con l’aggravante che ciò avviene a fronte delle cospicue risorse pubbliche stanziate, anche nell'ultimo provvedimento Milleproroghe, a sostegno delle aziende del settore.
Del resto tanta protervia è resa possibile da un governo che da un lato distribuisce soldi alle imprese senza vincoli sui diritti, le tutele e il salario dei lavoratori, dall’altra non bloccando gli aumenti delle bollette sceglie di scaricare brutalmente l’inflazione su salari e pensioni.
Mentre difendiamo il diritto dei lavoratori al contratto non possiamo non richiamare la situazione disastrosa del trasporto pubblico, senza il potenziamento necessario per il contrasto alla pandemia.
Nulla è stato fatto, né nel momento emergenziale, né nei successivi due anni quando sarebbe stato possibile elaborare e realizzare programmi di ampio respiro.
Sosteniamo lo sciopero senza esitazioni, rifiutando di unirci al coro mediatico che sottolinea solo i disagi per i cittadini senza nemmeno citare le motivazioni, perché crediamo che la lotta per i salari e i diritti riguarda tutte le lavoratrici e i lavoratori nel paese con i salari tra i più bassi d’Europa.
Prima i diritti e il lavoro, non i profitti.

Maurizio Acerbo, Segretario nazionale
Antonello Patta, responsabile nazionale lavoro
Partito della Rifondazione Comunista/Sinistra Europea

Gli operai e le operaie della Whirlpool tornano in piazza per ricordare i 1000 giorni di vertenza, 1000 giorni di silenzi e di tante promesse non mantenute, 1000 giorni durante i quali hanno dato lezione di dignità lottando non solo per se stessi, ma per la salvaguardia di un tessuto produttivo vitale per l’economia del territorio e l’occupazione. Lo fanno con il titolo di una canzone divenuta simbolo di questa lotta operaia “Un nuovo Sud”. Appunto il Sud, con livelli di disoccupazione intollerabili, i giovani costretti a emigrare mentre si susseguono governi che lasciano il destino dei territori nelle mani di multinazionali che arrivano, predano e se ne vanno all’inseguimento di profitti sempre più alti, indifferenti alle macerie che si lasciano alle spalle.
Occorre cambiare passo. Occorre un forte riequilibro degli investimenti a favore del sud per contrastare l’allargamento delle disuguaglianze territoriali conseguenza del ritiro del pubblico in nome del primato del mercato e dei profitti; il contrario di quanto avverrebbe con l’autonomia differenziata che per questo va combattuta.
Siamo con le lavoratrici e i lavoratori della Whirlpool che oggi sono in piazza per dire basta a un governo che continua a destinare risorse pubbliche alle imprese per sostenerne le ristrutturazioni senza porre vincoli a tutela dei diritti, dei salari. Un governo che liberalizza i licenziamenti e le delocalizzazioni e rifiuta di varare un piano nazionale per il lavoro mentre sceglie di non bloccare gli aumenti delle bollette come viene fatto in altri paesi.
Occorre rilanciare e unificare le lotte come quella delle lavoratrici e dei lavoratori di via Argine per costringere lor signori a cambiare strada, per riconquistare i diritti e la dignità del lavoro;

Serve un nuovo intervento pubblico, con una nuova visione. Occorrono politiche industriali centrate sul primato del lavoro e dei diritti; un grande piano per l’occupazione centrato sul rilancio del pubblico cui manca almeno un milione di dipendenti, sulla riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario e su una riconversione ambientale e sociale dell’economia che ai profitti anteponga la cura delle persone e dell’ambiente;
Sosteniamo la lotta dei dipendenti della Whirlpool: nessun posto di lavoro deve essere perduto, gli operai ingiustamente licenziati siano riassunti.

Antonello Patta, responsabile nazionale lavoro
Antimo Caro Esposito, cosegretario della federazione di Napoli
Elena Coccia, cosegretaria delle federazione di Napoli

Partito della Rifondazione Comunista/Sinistra Europea

Di nuovo una delocalizzazione, di nuovo un attacco al lavoro nel sud, di nuovo posti di lavoro cancellati e di famiglie lasciate senza reddito per aumentare i profitti di aziende irresponsabili.
Questa volta si tratta dello stabilimento della Logisti di Maddaloni, provincia di Caserta; e anche questa volta non siamo di fronte a un’azienda in difficoltà, ma che pur godendo di una ottima situazione finanziaria decide di spostare le attività nello stabilimento di Anagni. Con un'aggravante: Logista è una multinazionale spagnola che ha in concessione dallo stato italiano la distribuzione del tabacco nel nostro paese. L’incomprensibile spostamento cancella 108 posti di lavoro, in un Sud dove trovare alternative di occupazione non è certo semplice. Solo 22 dipendenti sarebbero destinati a trasferirsi ad Anagni, con tutte le difficoltà che ciò comporterebbe per i lavoratori e le loro famiglie. Inoltre l’esiguo numero di trasferimenti fa chiaramente presagire un incremento del carico di lavoro sui lavoratori dello stabilimento di Anagni, che si vedranno trasferire il lavoro ma non le forze relative.
E’ ora di dire basta alle multinazionali che per aumentare i profitti distruggono storie produttive importanti per i territori e posti di lavoro specialmente in aree in cui il flagello della disoccupazione è già elevatissimo.
il governo la smetta di stare a guardare e costringa l’azienda a ritirare quest’ennesima delocalizzazione.

Antonello Patta, responsabile nazionale lavoro
Rino malinconico, segretario della Campania
Partito della Rifondazione Comunista/Sinistra Europea

Domani 23 febbraio sciopero nazionale per tutta la giornata dei lavoratori e delle lavoratrici di Tim per la mancanza di garanzie sul futuro assetto societario e sul mantenimento degli attuali livelli occupazionali.

All’origine delle preoccupazioni, l’esito negativo dell’incontro dei sindacati confederali, che indicono lo sciopero, col nuovo amministratore delegato Pietro Labriola.
Con la mobilitazione si vuole contestare lo scorporo della rete e l’idea sottostante che “è con la costruzione di tante piccole reti in fibra che l’Italia si doterà di una infrastruttura inclusiva, aperta, capace di garantire a tutte ed a tutti il diritto alla connettività”
Risultati che secondo Cgil, Cisl e Uil si possono raggiungere solo con una grande azienda nazionale di sistema a partecipazione pubblica che diventerebbe significativa integrando nella società anche Open Fiber. Non possiamo non ricordare che la disastrosa situazione attuale della società è il frutto avvelenato delle privatizzazioni e delle gestioni che hanno visto alternarsi le varie famiglie del capitalismo italiano interessate all’azienda solo come vacca da mungere. Rivendichiamo di essere stati l'unico partito a schierarsi contro mentre il centrosinistra procedeva alla privatizzazione di Telecom.
Decenni di gestione predatoria hanno trasformato la Tim, nel principale responsabile del ritardo del paese sia in relazione alla mancata diffusione della banda ultralarga, sia per quanto riguarda il digital divide che ci vedono agli ultimi posti negli indici europei.
Tutto ciò chiama in causa gravissime responsabilità dei governi di centrosinistra e centrodestra che nel nome del primato del mercato hanno prima permesso la privatizzazione e la distruzione e il saccheggio di imprese strategiche e poi lasciato mano libera alle imprese nell’indifferenza per i danni arrecati al sistema economico nazionale e ai diritti dei cittadini.
Sosteniamo la lotta dei lavoratori e delle lavoratrici della Tim in difesa dei posti di lavoro nella convinzione che debba continuare fino al conseguimento dell’obiettivo del pieno controllo pubblico in considerazione anche del suo ruolo strategico.
L'interesse dei lavoratori coincide con quello del paese.
Le privatizzazioni sono state un fallimento. E' ora che i sindacati confederali - che all'epoca per subalternità al centrosinistra non fecero dura opposizione - rilancino come accade in tutta Europa la parola d'ordine di un forte ruolo del pubblico nell'economia a partire dalle telecomunicazioni.

Maurizio Acerbo, segretario nazionale
Antonello Patta, responsabile nazionale lavoro
Partito della Rifondazione Comunista -Sinistra Europea

Pfizer, la multinazionale americana produttrice del vaccino omonimo, continua imperterrita a tagliare posti di lavoro in Italia. Dopo i 130 licenziamenti già annunciati nello stabilimento di Catania ora è la volta di 128 informatori farmaceutici a ricevere il benservito dall’azienda.
Tanta arroganza conferma che siamo di fronte a un piano di ridimensionamento degli organici del gruppo in Italia già segnalato del resto dalla mancata conferma dei contratti a 80 lavoratori in somministrazione nel corso dello scorso anno.
A nulla sono servite le proteste sindacali né le richieste all’azienda di presentare un piano industriale su cui avviare la discussione.
Di fronte all’arroganza dell’azienda statunitense , che fa profitti miliardari sugli acquisti pubblici di vaccini e farmaci e sui sostegni dello stato è gravissima la latitanza del governo che anche in questo settore assiste passivamente alla moria di posti di lavoro.
Tra l’altro tutto ciò non avviene come si potrebbe credere per problemi di crisi, anzi! È la stessa azienda a comunicare il raddoppio del fatturato per il 2021, un aumento degli utili fino a 3, 9 miliardi e una previsione per il 2022 di incassi aggiuntivi di oltre 50 miliardi.
Cosa aspetta il governo a occuparsi seriamente del disastro economico e occupazionale del paese dicendo basta alle attività predatorie delle multinazionali e vincolando l’erogazione delle risorse pubbliche a piani industriali che salvaguardino l’occupazione e il tessuto produttivo!
L’onorevole Simona Suriano del gruppo ManifestA, Potere al Popolo, Partito della Rifondazione Comunista, Sinistra Europea, dopo i Licenziamenti di Catania è già intervenuta in parlamento per chiedere l’impegno del governo, ma niente sembra muoversi.
Rifondazione Comunista si unisce alle rappresentanze sindacali nel chiedere che si convochi immediatamente la dirigenza della Pfizer a un tavolo di confronto al Mise finalizzato a fermare i licenziamenti, anche quelli camuffati da trasferimenti e all’ottenimento di un piano industriale che salvaguardi capacità produttive e occupazione dei siti italiani.

Antonello Patta, responsabile nazionale lavoro del Prc
Mimmo Cosentino, segretario Prc della Sicilia

Oggi e domani saremo in piazza in tutta Italia per la campagna contro l'aumento delle bollette e il carovita. L'aumento dei prezzi che ha toccato a gennaio il 4,8% trainato dall'aumento delle bollette di luce e gas colpisce duramente soprattutto lavoratori dipendenti e autonomi, i ceti popolari in generale, già allo stremo a causa della crisi e di salari e pensioni tra i più bassi d'Europa. Ci sono 5 milioni di lavoratrici e lavoratori che hanno stipendi mensili sotto i mille euro e centinaia di migliaia di partite iva hanno dovuto cessare l' attività. Nel nostro martoriato paese ben il 27% della popolazione è a rischio povertà. La situazione per le famiglie a basso reddito è molto più grave di come viene dipinta dalle statistiche per la concomitanza di due fattori. Il primo è che tanto più basso è il reddito, tanto più assorbente diventa la quota di salario destinata all'acquisto dei beni di prima necessità e a pagare le bollette, arrivando in molti casi ad assorbirlo tutto.

In secondo luogo perché sono proprio questi beni di sussistenza ad aver subito insieme alle bollette aumenti esorbitanti. Altro che 4,8%! Generi di base indispensabili come l'olio, la verdura e la pasta sono aumentati secondo l'Istat fino a due tre volte il tasso d'inflazione!
E una situazione drammatica prodotta da anni di blocchi contrattuali, di aumenti così limitati, non solo nei contratti pirata, da essere annullati dall’inflazione in pochissimo tempo anche perché ancorati a un indice, l’IPCA che esclude i prezzi dell’energia.
E’ ora di rilanciare le lotte per imporre al governo e ai padroni salari dignitosi nel pubblico e nel privato contro l'intenzione palese di scaricare l'inflazione sui salari e sulle pensioni.
Chiediamo al governo di approvare subito un provvedimento di blocco degli aumenti delle bollette come in Francia e Spagna, di calmierare i prezzi dei beni di prima necessità, di introdurre un salario minimo legale di 10 euro netti all'ora per tutte le lavoratrici e tutti i lavoratori, di reintrodurre uno strumento automatico di adeguamento di salari e pensioni all'inflazione come la scala mobile.

Maurizio Acerbo , segretario nazionale
Antonello Patta, responsabile nazionale lavoro
Partito della Rifondazione Comunista/Sinistra Europea

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