Il ministro del lavoro Orlando ha dichiarato che il blocco dei licenziamenti può finire a giugno e propone una serie di misure ancorate alla logica, risultata ampiamente fallimentare, degli incentivi alle imprese che assumono.
IL ministro del Pd è saldamente ancorato al campo delle politiche neoliberiste che affidano alle scelte delle imprese l’andamento dell’economia, del mercato del lavoro e dell’occupazione, pur sapendo, lo dicono le stesse previsioni del governo, che in questo modo fino al 24 non si recupereranno i livelli occupazionali del 2019; e che nel pubblico si attuerà appena il turnover senza neanche provare a recuperare il gap di un milione di posti di lavoro rispetto alla media europea stimato nello stesso recovery plan.
In un paese in cui nella pandemia si sono persi un milione di posti di lavoro portando la disoccupazione reale del paese a livelli drammatici, sono sei milioni le persone disoccupate, occorrerebbe un piano nazionale per il lavoro che invece il recovery plan non prende neanche in considerazione.
La filosofia del governo e del piano sta tutta nell’investire grandi risorse pubbliche da destinare direttamente alle imprese o da utilizzare per rendere tutto il pubblico più funzionale al mercato al fine di aumentare la produttività delle imprese.
In questo contesto appare chiara l’idea di futuro del lavoro di tutti i neoliberisti al governo; l’obiettivo dichiarato è quello di garantire l’occupabilità cioè l’idea che l’unica cosa che conta realmente sia aumentare le competenze per permettere ai lavoratori di riconvertirsi rapidamente da un lavoro all’altro in base alle mutevoli condizioni del mercato e ai bisogni delle aziende; cosa che nelle condizioni date significa erigere definitivamente a sistema la precarietà.
Rifondazione Comunista ha un’altra idea di futuro centrata sulla qualità e dignità del lavoro; per questo invita gli iscritti a proseguire con rinnovato impegno la campagna “Prima il lavoro” e accrescerà gli sforzi per unire tutti gli antiliberisti per avviare una nuova stagione di lotte a partire dall’opposizione a questo governo e alle sue politiche dicendo con forza:
-no allo sblocco dei licenziamenti a giugno;
-estensione del blocco di licenziamenti e degli ammortizzatori sociali per tutto il 2021;
-ripristino dell’articolo 18 contro i licenziamenti senza giusta causa;
-abolizione del jobs act e di tutte le leggi che hanno prodotto la precarietà;

Antonello Patta, responsabile lavoro nazionale
Partito della Rifondazione Comunista/Sinistra Europea

Vi inviamo il comunicato stampa da utilizzare, ed inviare alla stampa locale, per l'avvio della Campagna sul Pubblico.

Buon lavoro

Rifondazione - No al Recovery Plan per i profitti. Prima il lavoro, il pubblico, le persone

Sabato 15 maggio prende il via con presidi in tutta Italia la campagna di Rifondazione Comunista per dire no alle politiche neoliberiste del governo, in difesa dell’occupazione, dei salari, dei redditi e per la ricostruzione del pubblico

La lezione drammatica del covid non è servita a nulla: il governo Draghi continua con le politiche neoliberiste ad esclusivo sostegno dei profitti affidando il destino del paese alle stesse logiche del mercato che hanno prodotto il disastro economico e sociale che la pandemia ha messo con forza davanti agli occhi di tutti.
Sono recentissimi i dati provenienti da autorevoli fonti della Bce che indicano la disoccupazione reale in Italia attestarsi ben oltre i 25%, è in forte aumento il numero di occupati con salari sotto la soglia di povertà, la precarietà sempre più diffusa, il lavoro discontinuo e irregolare, il part time obbligato condannano soprattutto i giovani e le donne a una condizione esistenziale di totale incertezza sul proprio futuro.
Il pubblico è stato impoverito drasticamente nelle strutture e nelle risorse umane indispensabili per garantire servizi di qualità sia in tempi normali che per far fronte alle emergenze che rischiano di diventare la norma in un mondo in cui il profitto prevale su tutto.
I continui tagli alle protezioni sociali hanno ridotto in povertà milioni di persone: pensionati senza una pensione dignitosa, tanti che pur lavorando non guadagnano di che vivere decentemente, crescita delle marginalità sociali dove albergano gli ultimi degli ultimi. A ciò si aggiunge una moltitudine di “normali” che nella crisi sono rimasti senza reddito.
Nel Recovery Plan del governo molti sono i miliardi destinati direttamente alle imprese e ad elevare la competitività mentre non sono previsti interventi diretti sul dramma della disoccupazione, dei salari, delle protezioni sociali; tant’è che si prevede il recupero degli occupati del 2019 non prima di tre anni, che nello stesso periodo sia i salari che i consumi sono previsti in calo.
Si ammette che in Italia manca 1 milione di dipendenti pubblici rispetto alla media europea, ma poi si prevede appena il recupero del turnover; non solo non c’è nulla contro la precarietà, ma si assumono lavoratrici e lavoratori precari da lasciare a casa una volta finita l’emergenza; manca totalmente una riforma fiscale che garantisca strutturalmente le entrate indispensabili per garantire protezioni sociali, redditi dignitosi, l’universalità dei diritti, la cura delle persone e dell’ambiente .
Sabato 15, la prima delle tre giornate in cui si articolerà la campagna diffonderemo le nostre proposte per un fisco giusto, una buona e piena l’occupazione, un lavoro e un salario dignitosi come previsto dalla Costituzione .

Maurizio Acerbo, segretario nazionale
Antonello Patta, segreteria nazionale, responsabile nazionale Lavoro
Partito della Rifondazione Comunista/Sinistra Europea

La disoccupazione reale in Italia è del 25%, una persona su quattro in età da lavoro è disoccupata. A dirlo è Fabio Panetta, autorevole componente del comitato esecutivo della Banca centrale europea nel suo recente discorso “Monetary autonomy in a globalised Word”.

L’economista ha sommato i 2,5 milioni di disoccupati ufficiali ai 3 milioni di “scoraggiati”: coloro che avevano un posto di lavoro e oggi hanno verificato che non se ne trova un altro. Si arriva al 22% di disoccupazione reale; a questi poi vengono aggiunti i “cassintegrati stabili” per i quali il ritorno al lavoro è incerto e si arriva oltre il 25%.

Ad un italiano su quattro tra i 15 e i 65 anni è preclusa la possibilità di guadagnarsi da vivere volendo lavorare.

Una situazione drammatica e resa più grave dalle diffusissime forme di lavoro precario, discontinuo e i part time, 4,3 milioni di persone, costrette a tali condizioni, in gran parte donne.

Sarebbe lecito aspettarsi dal governo, misure adeguate all’emergenza in atto orientando, per far fronte a questa emergenza sociale, il Recovery plan. Niente di tutto ciò accade.

Dei grandi investimenti beneficiano le imprese cui è lasciato l’arbitrio di assumere. Molte non lo faranno. Sono infatti lo stesso piano e il documento di economia e finanza 2021 a dirci che si tornerà ai livelli occupazionali del 2019 solo fra tre anni; nello stesso arco di tempo ci sarà un calo delle retribuzioni e, di conseguenza, dei consumi. Nelle previsioni sull’impatto macroeconomico del PNRR si prevede un recupero del 3,6 del Pil solo nel 2026, obiettivo che il piano Biden si prefigge per il solo 2021.

Siamo ben lontani persino dal Piano del presidente Usa che prevede l’utilizzo di gran parte delle enormi risorse stanziate, 6mila miliardi, per incrementare i redditi e il salario sociale; con Draghi si persiste nella logica neoliberista che, punta tutto sulla competitività delle imprese e sull’aumento dei margini di profitto, non intervenendo direttamente sull’occupazione e i redditi che come è noto hanno effetti moltiplicativi maggiori accrescendo la domanda aggregata e imprimendo, per questa via, un forte stimolo alle produzioni.

Rifondazione Comunista ha altre proposte: creazione di 1 milione di nuovi posti di lavoro nel pubblico, a partire da sanità e scuola; riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario; un grande piano di investimenti per la messa in sicurezza del territorio, la riconversione ecologica delle produzioni, la cultura e la tutela dell'ambiente.

Antonello Patta responsabile nazionale lavoro del Partito della Rifondazione Comunista-Sinistra Europea

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Rifondazione Comunista parteciperà e invita i propri iscritti a partecipare alle molte iniziative di protesta contro l’inarrestabile stillicidio di morti sul lavoro che si terranno da oggi a giovedì in diverse parti d’Italia.
Perugia , Varese, Bergamo, Gubbio, Padova sono alcune delle città che vedranno il modo del lavoro mobilitarsi per i/le morti sul lavoro stringendosi nel cordoglio intorno alle famiglie delle vittime.
Luana D’Orazio, 22 anni, Christian Martinelli, 49 anni, Maurizio Gritti, 46 anni, Andrea Recchia 37 anni, Mario Tracinà, 55 anni, Marco Oldrati, 52 anni, Samuel Cuffaro, 19 anni, Elisabetta D’innocenzo, 52 anni: fa fatica scriverli, nominarli tanta è la pena per l’insopportabile stillicidio di vite umane sacrificate sull’altare del profitto a tutti i costi e prima di tutto.
Ancor più forte è la rabbia nel vedere i tanti politici che hanno governato negli ultimi 10 anni che, nei talk show e perfino nelle commemorazioni dei morti, si profondono in farisaici attestati di cordoglio verso le famiglie delle vittime.
Sono proprio i tagli al personale e ai servizi di controllo sulla sicurezza del lavoro attuati dai loro governi i principale responsabili della tragedia, del triste rosario di morti, che tutti i giorni angoscia noi e getta nella disperazione migliaia di famiglie ogni anno.
La realtà è che nella spinta irrefrenabile ad ampliare all’inverosimile la libertà dell’impresa eliminando ogni vincolo per l’iniziativa privata e ogni tutela sul lavoro gli investimenti sulla sicurezza sono considerati un fardello fastidioso di fare a meno.
Ma le lavoratrici e i lavoratori e i sindacati che li rappresentano non possono più sottostare alla ricorrente e infinita ritualizzazione postuma della scomparsa di migliaia di figli della classe operaia; Occorre dire a chiare lettere che il tempo è scaduto, che bisogna finirla con l’ipocrisia di chi, anche nel momento in cui col PNRR si appresta a spendere valanghe di miliardi per le imprese, non mette una lira per la sicurezza nei luoghi di lavoro.
Basta partecipare alle commemorazioni! Il governo sia chiamato a compiere l’unico atto concreto accettabile: l’assunzione immediata di almeno 7 mila addetti degli enti preposti ai controlli sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, il minimo indispensabile solo per riportare gli addetti ai livelli del 2010.
E lo si dica con la sola iniziativa che può esprimere la forza necessaria quando si tratta di smuovere resistenze politiche e padronali che da troppi anni si rifiutano di ascoltare sia le ragioni che le grandi sofferenze di cui portano tutta la responsabilità: lo sciopero generale.

Maurizio Acerbo, Segretario Nazionale
Antonello Patta, responsabile nazionale lavoro
Partito della Rifondazione Comunista/Sinistra Europea

L’orrore, il dolore e la rabbia per la morte atroce di Luana D'Orazio hanno riacceso l’attenzione sulla strage quotidiana sui luoghi di lavoro. Nel giorno in cui la procura di Prato apre un'inchiesta sulla morte della giovane operaia di Pistoia, questa mattina un operaio di 49 anni ha perso orrendamente la vita rimanendo schiacciato da un tornio meccanico alla Bandera di Busto Arsizio (VA).
Se fossero confermate le notizie che attribuiscono il tragico evento all’insufficiente numero di operai impegnati, ci troveremmo di fronte a responsabilità gravissime che vanno perseguite fino in fondo.
Non è tollerabile che la classe di quelli che devono lavorare per sostenere sé stessi e le proprie famiglie continui a pagare uno spropositato tributo di morti, tre al giorno negli ultimi 5 anni, alla logica del profitto.

Se il padronato ha le sue responsabilità sono lo Stato e le Regioni che devono controllare. Invece di fare dichiarazioni di cordoglio governo e regioni facciano il loro dovere. La sicurezza sul lavoro non c’è nel Recovery Plan e questo la dice lunga su come si sottovaluti il problema, come se le vite di chi lavora non contassero.

Bisogna potenziare tutte le strutture deputate ai controlli e alla prevenzione degli infortuni sul lavoro, gravemente depauperate da 20 anni di politiche neoliberiste. Si tratta di una priorità assoluta.
Vanno immediatamente assunti almeno 3000 funzionari di vigilanza sanitaria , senza i quali le Asl sono assolutamente impossibilitate ad effettuare il minimo di controlli necessari e almeno 5000 ispettori del lavoro.

La politica la smetta di assecondare il padronato e la si smetta di proporre semplificazioni come fa il PNRR.

Come Rifondazione Comunista, nel confermare il nostro impegno per porre fine a questo interminabile stillicidio di morti, esprimiamo il nostro cordoglio e la nostra vicinanza alla moglie, alle figlie, alle/i amiche/i e colleghe/i di Christian Martinelli.

Maurizio Acerbo, segretario nazionale
Antonello Patta, responsabile nazionale lavoro
Fabrizio Baggi, segretario regionale Lombardia
Partito della Rifondazione Comunista / Sinistra Europea

Rifondazione Comunista sostiene lo sciopero della scuola indetto dai sindacati della Scuola COBAS, UNICOBAS, USB, CUB per il 6 maggio, data prevista per lo svolgimento dei test di “misurazione delle capacità” nella scuola elementare, solo rinviati negli altri ordini di scuola.

La piattaforma della mobilitazione prevede oltre alla contestazione delle prove invalsi una serie di richieste quanto mai condivisibili come l’aumento delle risorse da destinare alla scuola, la riduzione del numero di alunni per classe, la stabilizzazione dei precari, l’internalizzazione dei servizi in appalto, consistenti aumenti salariali, fine della didattica a distanza da settembre e altre

riguardanti questioni che affliggono la Scuola da anni e che la pandemia ha solo evidenziato.

Lo sciopero è importante perché con le sue proposte vuole introdurre nel dibattito sul pubblico, cresciuto in questa fase idee e proposte alternative a quelle degli attuali governanti.
E’ infatti chiaro che le misure dell'attuale governo, rispetto all'avvio del prossimo anno scolastico, non si discostano da quelle precedenti e le riforme preannunciate si pongono nel solco tracciato dalla “Buona scuola” di Renzi, con un'ulteriore svalorizzazione del lavoro docente, una gerarchizzazione finalizzata a rafforzare la catena di comando che parte da un ministero legato a doppio filo con Confindustria, l'affermazione di un impianto culturale sempre più dipendente dai valori dell'impresa e del mercato.

I soldi ci sono! Rifondazione Comunista ritiene preziosa ogni mobilitazione che vada nella direzione di un uso delle risorse finalizzato ai diritti colpiti in questi anni dalle privatizzazioni e da una ridistribuzione della ricchezza sempre più a favore di una piccola minoranza della popolazione.

Loredana Fraleone - responsabile Scuola Università Ricerca PRC/SE
Nello Patta – responsabile lavoro PRC/SE

La vertenza della Bekaert di Figline Valdarno non meritava di finire come è finita, non meritava di finire così soprattutto per l’impegno che i lavoratori, ci hanno messo in questi tre anni.

Non c'è stato alcun passo indietro della Bekaert al tavolo convocato dal Ministero dello Sviluppo Economico: l'azienda non si è detta disponibile a prolungare la cassa integrazione. E la data di ieri 4 ha segnato la fine delle speranze per i circa 120 lavoratori rimasti in vertenza, per i quali ora scattano i licenziamenti.

Si consuma per l’ennesima volta un dramma sociale causato da aziende predatorie che carpiscono il saper fare dei lavoratori e se ne vanno lasciandosi alle spalle drammi umani e territori feriti.

Questa amara conclusione chiama in causa responsabilità non solo dell’impresa ma anche politiche ed istituzionali; se l’azienda ha avuto un atteggiamento inaccettabile, anche la Fim, Uilm e Regione Toscana firmando il 24 febbraio i licenziamenti non hanno saputo svolgere un ruolo politico in questa vertenza.

Anche i governi che in questi anni si sono succeduti non hanno mai esercitato un ruolo reale facendo anzi fallire l’unico vero piano industriale presentato, quello della cooperativa.

La Bekaert è stata assunta più come passerella da tanti politici in cerca di consensi piuttosto che come reale impegno per la salvaguardia dei posti di lavoro; molte le bufale ammannite ai lavoratori in questi anni dai rappresentanti delle istituzioni nazionali e locali, da Di Maio ai Presidenti della Regione Rossi e Giani.

Come Partito della Rifondazione Comunista troppe volte abbiamo sostenuto che è inaccettabile che in Italia non ci siano leggi e normative contro le speculazioni selvagge a scapito dei lavoratori e si abbandonino le sorti dell’occupazione e dell’economia del paese alle logiche del mercato e del profitto.

Per questo contrastiamo il recovery plan di Draghi che prosegue sulla stessa linea neoliberiste erogando cifre enormi alle imprese, ma non prevedendo politiche industriali e un piano per l’occupazione all’altezza della drammatica crisi economica e sociale in atto;

Antonello Patta, responsabile nazionale lavoro
Roberto Travagli responsabile lavoro Federazione di Firenze, PRC-S.E.

Antonello Patta* - 

Si avvicina la scadenza di “quota cento” e il governo Draghi mostra di essere intenzionato a seguire le raccomandazioni della Commissione europea sulla riduzione della spesa pensionistica tramite il ritorno all’applicazione integrale della legge Fornero, definita a suo tempo, giustamente, come la legge più antipopolare del dopoguerra.
Si insiste pervicacemente su questa linea nonostante i dieci miliardi di risparmi su quota cento, il progressivo impoverimento di milioni di pensionati, le ingiustizie e le distorsioni di un sistema che discrimina fortemente i giovani, le donne e i lavoratori con stipendi bassi e lavori discontinui, il fatto che l’allungamento della vita lavorativa abbia ridotto, in sei anni, di più di un milione di unità l’occupazione nella fascia di giovani tra 15 e 35 anni.
A lor signori non fa problema il livello vergognoso delle pensioni attuali con 10 milioni di pensioni sotto i 750 euro, la media delle pensioni delle donne a circa il 50 per cento di quelle degli uomini e il fatto che i giovani di oggi siano destinati con questo sistema a un futuro di indigenza con assegni pensionistici ridotti fino al 30% dello stipendio
Resta intatta la linea neoliberista che ha accompagnato il varo della Fornero , supportata in passato con la motivazione dell’austerità e oggi insistendo con la falsa motivazione della non sostenibilità del sistema. La realtà, oggi come ieri, è che si continua a perseguire l’obiettivo della demolizione della previdenza pubblica per favorire i fondi privati.
I problemi veri, anche per il sistema previdenziale, sono la disoccupazione, i lavori precari discontinui, i part time obbligati, i bassi salari, paghe minime orarie intollerabili pur in presenza di contratti “regolari”, l’enorme mole del lavoro schiavile non dichiarato nell’economia sommersa.
È assolutamente necessario riprendere con forza la lotta per l’abolizione della legge Fornero come punto decisivo di un percorso per invertire la tendenza neoliberista affermatasi negli ultimi vent’anni che ha prodotto un attacco massiccio alle conquiste storiche del mondo del lavoro.
Perché questa lotta sia più efficace riteniamo utile indicare quelli che per noi dovrebbero essere i contenuti principali di una nuova legge sulle pensioni:
- diritto alla pensione per tutte e tutti con 6o anni di età o 40 anni di contributi versati indipendentemente dall’età anagrafica;
-eliminazione del meccanismo che collega l’assegno pensionistico all’aumento dell’aspettativa di vita
-introduzione, come ad esempio in Germania, ai fini del calcolo degli anni per maturare il diritto alla pensione, di contributi figurativi per i periodi di cura dei figli fino a 10 anni di età e delle persone non autosufficienti, di disoccupazione , di incapacità di lavoro, di istruzione superiore e universitaria a partire dai 17 anni; e per le donne ulteriori tre anni di contribuzione aggiuntivi per ogni figlio.
- interventi particolari con annualità di vantaggio per cause di invalidità sul lavoro e lavori usuranti.
- aumento delle pensioni previdenziali basse, riducendo il prelievo fiscale, oggi doppio della media europea, ripristinando la rivalutazione completa delle pensioni fino 5 mila euro lordi, e portando quelle assistenziali sopra il livello di povertà relativa.
In risposta al problema dell’equilibrio del sistema proponiamo: lo scorporo dal bilancio dell’Inps tutti i costi relativi agli interventi assistenziali; la restituzione allo stesso ente le tasse che i lavoratori pagano sulla pensione ricevuta.
Aggiungiamo che bisogna smetterla di dire che non ci sono le risorse, come predica da anni l’ideologia della scarsità, purtroppo penetrata profondamente nel corpi sociali colpiti dalla crisi; Si possono e si devono recuperare molti miliardi per politiche sociali attraverso: il ripristino della progressività fiscale prevista dalla costituzione con riduzione delle aliquote più basse , una vera lotta a tutta l’evasione fiscale e contributiva e ai paradisi fiscali, una tassa sui grandi patrimoni a partire da milione di euro, tagli alle spese militari e a quelle per grandi opere inutili e dannose.

*responsabile nazionale lavoro PRC-S.E.

Rifondazione comunista è solidale con la mobilitazione delle lavoratrici e dei lavoratori della Blutec di Termini Imerese che oggi, 4 maggio, organizzano un presidio davanti alla Regione Sicilia per rompere l’inerzia della Presidenza rispetto alle trattative nazionali per dare un futuro industriale a quel comprensorio.

La situazione è gravissima: i dipendenti rischiano di trovarsi senza lavoro il 30 giugno, data di scadenza della cassa integrazione, e manca qualsiasi garanzia sul futuro loro e dello stabilimento siciliano.
L’unica notizia positiva non arriva dal governo che è silente, ma dal Tribunale di Torino che ha ammesso la Fiom nazionale e di Palermo come parti civili nel processo a carico della proprietà della Blutec per la presunta detrazione di fondi pubblici, e la mancata attuazione del piano di rilancio.

Non si può più aspettare; occorre l’immediato intervento di un soggetto pubblico con un piano industriale serio per rilanciare le attività nel comparto di Termini Imerese e contrastare la piaga della disoccupazione che lì, come in tutta la Sicilia, arriva al 40% costringendo i giovani a emigrare per inseguire la speranza di un futuro dignitoso.

Gli investimenti previsti per il porto di Termini e quelli del recovery plan per l’alta velocità sono insufficienti in assenza di politiche industriali e di un piano del lavoro che definisca nel concreto il rilancio dell’occupazione nell’industria, in tutti i settori pubblici, nel turismo e nel risanamento del territorio.

Antonello Patta responsabile nazionale lavoro
Frank Ferlisi, responsabile lavoro di Palermo
Partito della Rifondazione Comunista / Sinistra Europea

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Morire a 23 anni mentre si lavora per guadagnare di che vivere. È successo di nuovo. Questa volta è toccato a una giovane operaia madre di una bambina piccola rimasta impigliata in un rullo della macchina su cui stava lavorando in uno stabilimento tessile di Montemurlo in provincia di Prato.
Mancano le parole per dire lo sgomento e la rabbia di fronte all’ennesimo atto di uno stillicidio che non sembra avere mai fine. Ma sappiamo che il silenzio conduce all’indifferenza e all’assuefazione e che non bisogna smettere di indignarsi e lottare fino a che la cura della vita non prevarrà sui profitti.
Denunciamo come insopportabile e inaccettabile il fatto che nell’era del digitale e dei sensori in grado di guidare lavorazioni millimetriche continuino a esistere condizioni di lavoro in cui una macchina può uccidere una persona.
Nell’esprimere il nostro dolore e i sentimenti di una sentita vicinanza con i genitori e con la piccola bimba della lavoratrice assumiamo come un impegno più forte che mai la lotta perché i luoghi di lavoro smettano di essere luoghi di morte.

Maurizio Acerbo, Segretario nazionale
Antonello Patta, resp. Lavoro PRC-S.E.

Non sono bastati i 220 posti di lavoro persi due anni fa. La multinazionale americana ha presentato un piano industriale totalmente inadeguato che fa prevedere 130 nuovi licenziamenti.

Per questo la mobilitazione delle lavoratrici e di lavoratori riparte questa mattina con un presidio davanti alla Regione Campania per dire basta allo stillicidio senza fine di posti di lavoro e chiamare le istituzioni territoriali e nazionali ad assumersi le loro responsabilità di fronte a un territorio, quello di Caserta, martoriato con uno dei tassi di occupazione tra i più bassi d’Italia.
Rifondazione Comunista sostiene con forza la lotta delle lavoratrici e lavoratori per impedire l’ennesimo attacco all’occupazione e al tessuto economico e produttivo del territorio.

Basta lasciare alle multinazionali il destino del lavoro nel nostro paese!

Il governo smetta di dare “soldi a pioggia” alle imprese e finalizzi l’erogazione di soldi pubblici alla piena e buona occupazione in un'economia che metta al primo posto la cura delle persone e dell’ambiente

Antonello Patta responsabile lavoro
Partito della Rifondazione Comunista/Sinistra Europea

Oggi le lavoratrici e i lavoratori di Alitalia hanno manifestato a Roma, con un presidio a P.zza San Silvestro, a due passi dal Parlamento e da Palazzo Chigi in adesione alle iniziative di lotta promosse da, alcune sigle sindacali come CUB, ACC, USB E NAVAID in difesa dell’occupazione e contro la privatizzazione e la liberalizzazione del comparto.

L’ipotesi di accordo tra governo e UE prefigura infatti una piccolissima compagnia di dimensioni regionali che comporterebbe la perdita del posto di lavoro per 7000 mila dipendenti ed un numero addirittura maggiore di lavoratrici e lavoratori dell’indotto. Ma chi lavora non è disposto a cedere e si prepara ad andare anche a Bruxelles a portare le proprie istanze.

Se questa ipotesi diventasse reale l’Italia diventerebbe un Paese privo di una compagnia aerea “di bandiera” subendo così un’ulteriore gravissima perdita di posti di lavoro

Respingiamo con forza Il piano imposto dall’Unione che è inaccettabile anche in quanto discriminatorio rispetto al trattamento ricevuto dalle altre compagnie europee che hanno potuto erogare aiuti di stato molto più consistenti.

Rifondazione Comunista sostiene le proposte avanzate dalle organizzazioni sindacali che hanno promosso la mobilitazione odierna:

- "La proroga del blocco dei licenziamenti fino al termine della crisi causata dalla pandemia;

- un piano di emergenza che garantisca il lavoro e sostenga le aziende fino alla totale ripresa del traffico prevista entro il 2023;

- un piano di investimenti pubblici a sostegno della ripresa e l'avvio delle riforme di sistema attese da anni con al primo posto la tutela del lavoro e delle filiere produttive con regole uguali per tutti gli operatori"

Antonello Patta, Responsabile nazionale lavoro Partito della Rifondazione Comunista - Sinistra Europea

Salvini, come già ha fatto M5S, svendera' quota 100? Dicevano che il governo non era neoliberista invece come prevedevamo continua su quella strada. Ancora una volta si seguono le raccomandazioni della Commissione Europea sulle linee guida per il recovery fund già approvate dal governo Conte 2: “Attuare pienamente le passate riforme pensionistiche onde ridurre il peso della spesa pensionistica”. Quota 100 è un provvedimento limitato perché non garantisce donne, chi non ha continuità contributiva e chi ha cominciato a lavorare presto.

Ma si prospetta il peggio: ripristino dell’età pensionistica, tranne per i lavori usuranti, a 67 anni, che per chi non ha 20 anni di contributi, o non ha raggiunto il montante contributivo previsto diventano indefinitamente di più.
La drammatica crisi occupazionale del nostro paese richiederebbe misure urgenti tra cui il pensionamento a 60 anni o con 40 anni di contributi, invece si persiste in una scelta che colpisce duramente sia chi lavora da una vita sia chi il lavoro non lo trova.
Ricordiamo che in Francia i sindacati sostenuti dalla sinistra radicale hanno bloccato la riforma delle pensioni di Macron e si va ancora in pensione col retributivo. La vera riforma da fare è l’abrogazione definitiva della legge Fornero.

Bisogna assumere i giovani non tenere in ostaggio chi lavora fino a 67 anni.

Mentre si allunga l'età lavorativa non si fa nulla per garantire alle future generazioni un assegno dignitoso che attestandosi ormai su circa il 50% del salario, viste le retribuzioni odierne, produrrà un dramma sociale enorme.

Maurizio Acerbo, segretario nazionale
Antonello Patta, responsabile lavoro
Partito della Rifondazione Comunista – Sinistra Europea

Questa mattina i dipendenti di Alitalia sono davanti al Mise con una manifestazione indetta dai sindacati confederali e di base in difesa del lavoro e contro la morte annunciata della compagnia di bandiera.
L’ipotesi di accordo tra governo e UE infatti prefigura una mini compagnia di dimensioni regionali che lascerebbe a casa 7000 mila dipendenti, un numero ancor più grande di lavoratori e lavoratrici dell’indotto e sarebbe destinata a soccombere in breve tempo nella competizione con le altre compagnie europee;
L’Italia diventerebbe un Paese senza compagnia di bandiera, subirebbe un’altra insopportabile perdita di posti di lavoro e sarebbero necessarie nuove risorse pubbliche nel giro di qualche anno.

Il piano imposto dall’Unione è inaccettabile anche in quanto discriminatorio rispetto al trattamento ricevuto dalle compagnie tedesca e francese che hanno ricevuto aiuti di stato per 11 e 7 miliardi mentre Alitalia ne ha ricevuto solo 1,4.

Diciamo no alla distruzione del trasporto aereo italiano, figlia delle stesse logiche neoliberiste che hanno portato alla chiusura di altre grandi filiere produttive, impoverito l’economia nazionale, prodotto il dramma della disoccupazione e della precarietà.

Siamo con i lavoratori e le organizzazioni sindacali nella lotta per difendere migliaia di posti di lavoro e impedire che il controllo del trasporto aereo e le decisioni sui flussi turistici finiscano in mani che difendono interessi altrui.

Intanto chiediamo l’immediato sblocco delle risorse necessarie a pagare gli stipendi e la messa in campo di un serio piano industriale che non riproponga i clamorosi errori del passato decretando l’agonia finale della compagnia di bandiera.

Maurizio Acerbo, Segretario nazionale
Antonello Patta, responsabile lavoro
Partito della Rifondazione Comunista/ Sinistra Europea

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