Care compagne e cari compagni,

come sapete abbiamo deciso in direzione di dare il via a una campagna nazionale incentrata sui temi sociali che indichi i contenuti della svolta di cui avrebbe bisogno il nostro paese e che il governo - e tantomeno l'opposizione di destra - non intende perseguire a causa del persistere di un impianto programmatico neoliberista che continua a caratterizzare il PD.

Pensiamo a una campagna coordinata a livello nazionale che impegni il partito nel rimettere al centro le questioni sociali e i diritti di lavoratrici e lavoratori.

A tal fine abbiamo tenuto lunedì 19 novembre una riunione con i segretari regionali e delle grandi federazioni.

La campagna va strutturata come recupero della dimensione del lavoro di massa del partito su scala nazionale con predisposizione materiali, stampa e iniziative in tutto il paese.

Non è una campagna che riguardi solo il dipartimento lavoro ma TUTTO il partito in quanto progressivamente toccheremo tutti i temi del nostro programma.

Di seguito le indicazioni relative alla prima settimana di iniziativa da sabato 30 novembre a domenica 8 dicembre:

1) 500 iniziative

Regionali, federazioni e circoli organizzino ovunque possibile iniziative in queste giornate (volantinaggi, comizi volanti, gazebo, iniziative politiche di presentazione delle nostre proposte). Dal semplice volantinaggio al gazebo all’iniziativa più strutturata: l’importante è moltiplicare occasioni di presenza e visibilità.

I segretari regionali coordinino e raccolgano luoghi e date iniziative. L'obiettivo dovrebbe essere di 500 luoghi dove saremo presenti in tutta Italia ma se fossero molti di più sarebbe meglio.

Iniziative da circoli, federazioni e regionali vanno comunicate alla mail della compagna Rosa Rinaldi Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo.   entro mercoledì 27 novembre per pubblicazione sul sito e su social;

2) comunicato stampa e conferenza stampa nazionale a Roma per annunciare la campagna (essenziale poter dichiarare che faremo iniziative ovunque in Italia con un lungo elenco) da tenersi il 29 o il 30 novembre;

3) Conferenze stampa a livello regionale e/o provinciale per presentare campagna

in ogni regione nella giornata individuare un luogo dove fare una cosa significativa invitando stampa e tv locali.

4) 5 dicembre in concomitanza con lo sciopero generale in Francia a difesa di diritto ad andare in pensione a 62 anni per tutti

presidi - conferenza stampa almeno uno per regione: come è evidente dobbiamo rilanciare parola d'ordine dell'abolizione della Fornero e dire che come in Francia va garantito a tutte/i diritto di andare in pensione a 62 anni.

(Manderemo nei prossimi giorni file per stampare striscione di carta dal costo di 20-30 euro da esporre il 5)

5) inviare foto volantinaggi e iniziative per diffusione social via WhatsApp o mail al compagno Stefano Galieni Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo.

6)  INFORMAZIONE: Abbiamo enormi problemi di visibilità sui media nazionali ma una presenza coordinata e diffusa a livello locale può raggiungere milioni di persone. Per questo vi abbiamo chiesto già a luglio di predisporre censimento e indirizzari di tutte le redazioni giornali, radio, tv, siti d'informazione del vostro territorio e di mandarli al responsabile comunicazione Stefano Galieni. Chi non lo ha ancora fatto proceda. Serve al livello nazionale ma anche a regionali e federazioni.

7) MATERIALI come sapete non possiamo da anni procedere centralmente alla stampa di grandi quantitativi di materiale di propaganda. Per la campagna abbiamo concordato un prezzo assolutamente di favore con una tipografia che provvederà anche alle consegne a livello locale se raggiungiamo un certo numero di pezzi.

FONDAMENTALE: federazioni, circoli, regionali devono comunicare al compagno Patta ( Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo. 335 8277755) il numero di volantini che intendono ordinare ENTRO la sera di giovedì 21 novembre e inviare bonifico alla direzione nazionale per il loro corrispettivo.

Il costo è di 9 euro x 1000 volantini a colori. Riceveranno i volantini direttamente dalla tipografia. L'obiettivo è la stampa di almeno 200.000 volantini a livello nazionale.

Bisogna fare bonifico a direzione nazionale corrispondente al proprio ordinativo:

IBAN Banca Etica
IT74 E050 1803 2000 0001 1715 208
conto corrente postale n. 39326004
intestati al Partito della Rifondazione Comunista

Fraterni saluti

Maurizio Acerbo
Segretario nazionale PRC-SE

Rosa Rinaldi
Responsabile nazionale Organizzazione PRC-SE

Antonello Patta
Responsabile nazionale Lavoro PRC-SE

pensionati16Oggi I pensionati di Cgil, Cisl e Uil hanno manifestato a Roma per protestare contro il governo che si è rifiutato di prendere in considerazione le pur moderate richieste avanzate sulla rivalutazione delle pensioni e sulla non autosufficienza: “Siamo invisibili, ignorati, inascoltati. Come se non esistessimo”.

Per la legge di Bilancio del governo Conte 2 in Italia non esiste un problema pensionati e la partita rivalutazioni è stata chiusa con la mancia insultante di 6 centesimi di aumenti. Gli alleati della maggioranza litigano su tutto, ma sulle pensioni sono tutti tacitamente d’accordo: il problema non si pone.

L’esatto contrario di ciò che dice l’osservatorio sulle pensioni dell’Inps da cui risulta che nonostante il numero delle pensioni continui a calare negli anni, i pensionati italiani sono sempre più poveri: la pensione di vecchiaia media non arriva a 1200 euro, con le donne che prendono la metà degli uomini, 12,6 milioni di pensioni non arrivano a mille euro, 10 milioni di pensioni sono sotto i 750, 6 milioni di pensionati prendono così poco da aver bisogno di integrazioni assistenziali.

E pur in queste difficoltà i pensionati sono costretti, come emerge da una ricerca della fondazione Di Vittorio, a surrogare un welfare pubblico in via di progressivo smantellamento e gravemente inadempiente verso giovani, donne lavoratori e famiglie sempre più in difficoltà a causa di lavori precari, bassi salari e disoccupazione diffusa.
Sono ben 10 i miliardi con cui I pensionati, quelli che vivrebbero allegramente alle spalle dei giovani contribuiscono ogni anno al sostentamento di figli e nipoti permettendogli di arrivare a fine mese.
Il sostegno a questa lotta è parte dell’impegno del Prc per costruire una grande mobilitazione sociale che unisca tutte le soggettività sociali, sindacali e politiche in difesa dei salari, dell’occupazione e per pensioni di oggi e di domani dignitose nel rispetto del dettato costituzionale.

Lottiamo per il Diritto alla pensione per tutte/i con 40 anni di contributi indipendentemente dall’età; pensione di vecchiaia a 62 anni per tutti con l’introduzione di annualità di vantaggio per le donne in relazione al lavoro di cura svolto nel corso della vita, pensione di garanzia per i giovani.

Se si vuole i soldi ci sono! Basta volerli prendere Introducendo una patrimoniale sulle grandi ricchezze e un deciso aumento della progressività delle imposte, il taglio di privilegi fiscali, delle spese militari e per grandi opere inutili e dannose.

Antonello Patta, responsabile nazionale lavoro Rifondazione Comunista - Sinistra Europea

Rifondazione Comunista è al fianco dei lavoratori dell’Arcelor Mittal mobilitati in tutti gli stabilimenti del gruppo per lo sciopero di 24 0re indetto da Fiom, Fim e Uilm contro le “condizioni provocatorie e inaccettabili poste dall’azienda”.
Arcelor Mittal nell’incontro con il governo ha infatti esplicitato i suoi veri obiettivi: il drastico ridimensionamento della produzione a quattro milioni di tonnellate, il licenziamento di 5 mila dipendenti ora in produzione e la messa in discussione del ritorno in fabbrica dei 2 mila attualmente in amministrazione straordinaria, la modifica del piano ambientale.
La pretesa è di fatto una completa riscrittura dell’accordo sottoscritto solo un anno fa e realizzare un piano totalmente diverso da quello originario.
L’obiettivo, appare di fatto la chiusura dell’area a caldo e quindi la fine del grande stabilimento siderurgico di Taranto dove resterebbe solo una fabbrica di dimensioni ridotte per le sole lavorazioni finali, destinata ad un’avvenire molto incerto anche perché sarebbe un doppione di Genova.
La nazionalizzazione è l’unico strumento adeguato per impedire la fine della siderurgia italiana e allontanare lo spettro che Taranto si ritrovi con fabbrica chiusa e niente risanamento ambientale.
Il governo respinga seccamente tutte le richieste dell’azienda e proceda con l’intervento pubblico diretto!

Antonello Patta, responsabile nazionale lavoro
Rifondazione Comunista

di Antonello Patta*

Nell’anniversario della morte di Di Vittorio ringraziamo Marta Fana per aver ricordato la proposta di legge presentata il 14 maggio 1954 da Giuseppe di Vittorio, Teresa Noce, Vittorio Foa e tanti altri parlamentari comunisti e socialisti per la “fissazione di un minimo garantito per tutti i lavoratori”.

Una proposta che parla di noi e del nostro tempo quando nella relazione afferma che  “trova essenzialmente il suo fondamento nelle gravissime condizioni in cui versano centinaia di migliaia di lavoratori che pur sono regolarmente occupati”; e quando dopo aver  citato l’articolo 36 della Costituzione denuncia salari “che per la loro avvilente irrisorieta’ acquistano tutte le caratteristiche di veri e propri salari schiavisti” e che si hanno “situazioni di questa natura nonostante l’esistenza di contratti collettivi di lavoro e degli accordi interconfederali”. Oggi circa il 30% dei lavoratori è al di sotto dei 9 euro con salari da fame.

E’  al meglio di quella  grande tradizione operaia e sindacale e alla Costituzione che ci richiamiamo con alcune delle nostre proposte in difesa dei redditi e dei diritti dei lavoratori:

-Istituzione per legge di un salario minimo orario di nove euro per tutti i lavoratori,

-eliminazione del jobs act e di tutte le norme che producono precarietà, reintroduzione dell’articolo 18.

Il governo se vuole dare segni di cambiamento reale approvi leggi a favore di lavoratrici e lavoratori.

 *responsabile nazionale lavoro Rifondazione Comunista – Sinistra Europea

Giuseppe Di Vittorio, il comunista, il sindacalista, il rivoluzionario (video convegno)

vari testi su Di Vittorio nella nostra biblioteca on line

pdldivit

partecipateIl PRC sostiene la lotta delle aziende partecipate dal Comune di Roma che domani vedrà in sciopero praticamente tutte le organizzazioni sindacali, confederali e di base.
L’iniziativa nasce in risposta all’insostenibile situazione delle aziende partecipate del comune dove sono in discussione i livelli occupazionali, la garanzia dei servizi ai cittadini e l’esistenza stessa delle aziende.
Aziende che potrebbero essere il fiore all’occhiello della città e fornire servizi di qualità insieme a buona occupazione sono lasciate a se stesse, private di direttive e risorse con l’intenzione di procedere a processi di privatizzazione a vantaggio dei poteri economici in attesa di spartirsi le spoglie.
L’amministrazione capitolina, oltre a fare accordi che poi non rispetta, è stata ripetutamente inadempiente e, quando è intervenuta, ha prodotto danni anteponendo alle norme di una buona amministrazione la ricerca disperata di un recupero d’immagine ormai impossibile
Ai lavoratori in lotta la Giunta risponde inviando la polizia a sfondare con la forza i picchetti pacifici.
Il Prc è per il rilancio di una idea di municipalismo profondamente innovata in cui la partecipazione e il controllo democratico dei cittadini organizzati e dei lavoratori costituiscano la base per un rilancio di servizi pubblici di qualità sottratti alle logiche dei poteri e dei mercati.
Con questi intendimenti il Prc aderisce allo sciopero del 25 ottobre e sostiene le giuste rivendicazioni dei lavoratori delle partecipate.

Antonello Patta, Responsabile nazionale Lavoro PRC-SE
Vito Meloni, Segretario Federazione di Roma PRC-SE

whirl-44022 210x210La vicenda Whirlpool racconta la storia di un paese, l’Italia, e della devastazione del suo apparato produttivo per l’opera congiunta di politiche liberiste, Privatizzazioni delle industrie base del sistema italiano, ristrutturazioni e delocalizzazioni dentro le logiche di una globalizzazione in cui ha prevalso in tutto il mondo il modello “Export-Oriented”

E’ noto che il settore del “bianco” (lavatrici, frigoriferi) è stato tra gli artefici del boom industriale nei lontani anni ’50 e ’60 e tra i fattori trainanti del tentativo di industrializzazione al Sud.

C’era, però, un diverso modello di sviluppo, in cui il mercato interno aveva un suo peso, e l’Italia aveva un sistema ad economia mista con un rilevante settore pubblico dell’economia.
Il declino di questo settore ha cause in parte simili a quello di altri pezzi del nostro apparato industriale e, in parte, specifici.
Fino agli anni ’90 il nostro Paese nel campo dei “beni di consumo durevoli” aveva una posizione leader, giungendo a produrre il 45% degli elettrodomestici europei e ancora nel 2002 si producevano 30 milioni di pezzi. Oggi sono scesi al di sotto dei 10 milioni, pari a meno del 10% (per i dati citati si veda il SOLE-24 ORE del 9/10/2019).
Insomma, la crisi dello stabilimento napoletano non è un fulmine a ciel sereno, così come non lo è il fatto che le multinazionali chiudano anche stabilimenti attivi, perché con le delocalizzazioni cercano nuovi siti in zone dove possono ulteriormente massimizzare i propri profitti. Il quadro è aggravato dal fatto che le leadership politiche liberiste, ancora convinte della bontà delle dinamiche spontanee del mercato e dei profitti, volutamente rinunciano a politiche industriali che non siano i meri incentivi, rinunciando a un intervento pubblico diretto, l’unico nel contesto attuale in grado di invertire il trend della spoliazione dell’industria del Paese.
L’Italia è non solo è al di sotto della media – già bassa – dell’ Eurozona per gli investimenti pubblici ( il 2,2% del PIL contro il 2,7% europeo), ma diversamente da altri paesi non fa quanto necessario per difendere il proprio patrimoni industriale.
Pertanto, nel confermare la doverosa solidarietà ai lavoratori della Whirlpool e dell’indotto, è ancora una volta importante porre al centro una diversa politica economica che non porti alla desertificazione di interi territori ormai non soltanto meridionali.
Il Governo deve decidere finalmente di fare politiche industriali alla luce di un’idea di paese, e di società che mettano al primo posto l’ambiente e il territorio e la buona occupazione e su questa base intervenire per fermare la desertificazione produttiva che sta colpendo interi territori mettendo a rischi centinaia di migliaia di posti di lavoro. Le istituzioni locali e regionali debbono fare la loro parte: la Città Metropolitana di Napoli, ad esempio, ha precise competenze nel campo dello sviluppo economico. In altri territori (si vedano le Città Metropolitana di Bologna e Firenze) sono stati costituiti Tavoli metropolitani di salvaguardia del patrimonio produttivo o “unità di crisi” e, in tal senso, si sta muovendo la nostra Consigliera Metropolitana, Elena Coccia, con passi formali verso il Sindaco Metropolitano.
Infatti la gravità sociale della situazione richiede che tutte le Istituzioni evitino polemiche e teatrini: in ballo c’è il futuro produttivo della terza città d’Italia.

Le proposte in campo, a pochi giorni dalla chiusura del sito napoletano, sono ancora molto fumose, in realtà il Governo oscilla tra misteriose “azioni unilaterali” nei confronti della multinazionale e la prosecuzione, col decreto imprese, della strada degli incentivi, la Regione ha offerto una disponibilità di fondi fino a 20 milioni all’interno delle agevolazioni previste per le Zone Economiche Speciali (ZES), è vagamente comparsa anche l’ipotesi di applicazione della “legge Marcora”.

L’ impressione è che si voglia fare “ammuina” e di fronte a tanta voluta confusione acquista senso una richiesta d’intervento pubblico che non sia visto tanto come misura-tampone ma come avvio di una diversa politica economica che vada anche contro le direttive europee sugli “aiuti di Stato”.

Come Rifondazione Comunista, siamo impegnati nel sostegno alla lotta della Whirlpool, per l’occupazione e la salvaguardia del tessuto produttivo del nostro territorio con varie iniziative:

- adesione alla campagna “Napoli non molla”

- adesione e partecipazione allo sciopero generale dell’area napoletana previsto per il prossimo 31 ottobre contro la chiusura del sito di Via Argine e per un piano di sviluppo per il Mezzogiorno.

- attivo unitario delle forze della sinistra d’opposizione napoletana venerdì 8 novembre sui temi dell’occupazione e dell’economia del territorio

Antonello Patta responsabile nazionale lavoro del PRC
Rosario Marra segretario provinciale PRC Napoli

Rifondazione Comunista è al fianco dei lavoratori che domani venerdì 25 ottobre manifesteranno con cortei in diverse città italiane in occasione dello sciopero generale su cui sono mobilitati unitariamente diversi sindacati di base: Cub, Sgb, Si.Cobas, Usi, Adl.
E’ una mobilitazione sacrosanta di fronte a un governo che mantiene in vita le scelte neoliberiste antipopolari degli ultimi anni con le quali è stato colpito duramente il mondo del lavoro sul piano dei redditi, dell’occupazione e dei diritti; che non cancella il jobs act, la legge Fornero e i decreti sicurezza che criminalizzano le lotte; che nelle scelte fiscali favorisce tutte le rendite tranne i redditi da lavoro dipendente; che di fronte alle crisi industriali che colpiscono l’occupazione e mettono in discussione l’intero assetto produttivo del paese, continua a lasciare campo libero alle dinamiche spontanee dei mercati e dei profitti che stanno impoverendo sempre più la nostra economia; che promette una vergognosa mancia di 50 centesimi al mese per milioni di pensionati; che rinuncia a reperire le risorse necessarie per serie politiche sociali tassando le grandi ricchezze.
Rifondazione Comunista auspica da anni l’unificazione delle lotte di tutte le componenti in cui il neoliberismo ha diviso il frastagliato mondo del lavoro. Sosteniamo tutte le mobilitazioni della classe lavoratrice.
La piattaforma su cui è convocata questa giornata di lotta – aumento di salari e pensioni, riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario, cancellazione della Fornero, investimenti per l’occupazione nella salvaguardia del territorio e la riconversione ecologica dell’economia, democrazia nei luoghi di lavoro, eliminazione dei decreti sicurezza – ci vede totalmente concordi. .
Per tutti questi motivi sosteniamo quindi convintamente questa giornata di lotta e invitiamo a partecipare alle manifestazioni previste nella giornata di domani.

Maurizio Acerbo, segretario nazionale
Nello Patta, responsabile nazionale lavoro
Rifondazione Comunista – Sinistra Europea

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Il movimento sviluppatosi con i Fridays for future contro tutte le emissioni che alterando gravemente il clima producono effetti devastanti sugli habitat, mettendo a rischio la stessa vita sul pianeta, suona come una critica mortale verso l’attuale modello di produzione, di relazioni sociali, di distribuzione e consumi che ha a suo fondamento il profitto. “Cambiare il sistema non il clima” appunto. Un sistema, quello capitalista, che nello stadio neoliberista ha accentuato i suoi caratteri distruttivi di risorse umane e ambientali con lo sfruttamento senza limiti dell’uomo e della natura, aumento a dismisura delle disuguaglianze, impoverimento di uomini e donne, devastazione di popoli e paesi, privazione del futuro delle nuove generazioni, nella spinta a una competitività di tutti contro tutti.

Dopo il movimento delle donne con le sue istanze di liberazione e uguaglianza anche questo straordinario movimento ci parla della necessità della lotta contro il capitalismo neoliberista in direzione di un nuovo modello di società che noi chiamiamo socialismo del XXI secolo.

A noi che pensiamo da tempo che sia necessario un processo rivoluzionario per fermare lo scivolamento progressivo dell’umanità verso la barbarie si presenta una nuova opportunità e una non facile sfida.

Ma c’è il rischio concreto, come è avvenuto in passato, che i grandi movimenti globali non riescano a tradurre il loro potenziale di cambiamento in lotte articolate contro le forme concrete che assumono il dominio, l’oppressione e la distruzione ambientale, con il risultato che le tante forme di resistenza che pure periodicamente si sviluppano contro la desertificazione industriale in difesa dell’occupazione, contro le privatizzazioni, contro le grandi opere in difesa del territorio, contro le varie forme d’inquinamento, per i diritti di tutte e tutti non si unifichino in un grande movimento unitario in grado di contrastare il neoliberismo e contrapporgli un altro modello di società.

Col risultato che si può ripetere quanto già visto in questi anni: le lotte vengono sconfitte e si accumula nuova sfiducia.

Le difficoltà a far crescere un grande movimento per il cambiamento sono da attribuire a molti fattori, in primo luogo alla disgregazione sociale prodotta dalle politiche neoliberiste cui si è accompagnata la penetrazione nel corpo sociale della competitività esasperata, dalla perdita di fiducia nell’azione collettiva che di fronte incertezza sul futuro producono chiusure e rancore. E pesa enormemente l’egemonia del pensiero unico, la rassegnazione rispetto alla possibilità stessa di un’alternativa di società. Per questo alle sofferenze sociali prodotte dal neoliberismo si risponde stando all’interno della concorrenza assunta come principio ordinatore delle relazioni sociali, fino al “prima noi” contro tutti gli altri.

Gioca anche un forte ruolo negativo la diffusione a piene mani da tutti gli apparati ideologici di sistema dell’idea che siamo di fronte alla scarsità e quindi occorre subordinare le richieste di diritti e migliori condizioni di esistenza alla disponibilità limitata di risorse economiche. Mentre invece come mostra la finanziaria in gestazione le risorse ci sarebbero, ma non si vogliono andare a prendere per una precisa scelta di classe.

Processi epocali dentro i quali ha avuto un peso determinante quella che è stata la prima e principale offensiva del neoliberismo contro la società: quella contro la classe lavoratrice, le lavoratrici e i lavoratori, i loro diritti, le protezioni sociali, il loro ruolo nei luoghi di lavoro, nella cultura e nei rapporti sociali e politici.

L’offensiva del capitale ha mutato profondamente il “cuore del sistema” sia nei suoi aspetti materiali, il meccanismo dello sfruttamento, sia nei suoi aspetti soggettivi, ideologici riproducendo insieme al controllo sul lavoro anche quello sulle menti.

La disarticolazione del mondo del lavoro in una moltitudine di figure lavorative, la compressione dei salari, la disoccupazione e la precarietà come condizione esistenziale di milioni di lavoratori, cresciute con l’eliminazione di fondamentali diritti acquisiti e la ripresa del controllo sul lavoro sono alla base dell’involuzione e della regressione sociale culturale e politica che stiamo vivendo. Sono queste le cause fondamentali, insieme ai rischi ambientali delle paure e dell’incertezza sul futuro che disorientano le persone e possono spingerle verso l’adesione a ricette reazionarie falsamente rassicuranti.

Allora un partito comunista non può non vedere come compito decisivo, la ripresa di iniziative nei luoghi e nei confronti del mondo del lavoro al fine di contribuire alla ripresa e all’estensione delle lotte contro la disoccupazione, la precarietà, i salari da poveri, la perdita di tutele e diritti.

Questo richiede obiettivi unificanti chiari come abbiamo cominciato a definire nel documento della direzione nazionale, ma soprattutto la messa a tema di una serie di analisi e pratiche con lo scopo di:

- rilanciare la costruzione di momenti di internità delle/i comuniste/i alle lotte delle molteplici figure di cui si compone il lavoro oggi,

- operare dovunque si sia collocati - sindacati, forme di autorganizzazione, attività mutualistiche - per l’unificazione dei movimenti e delle lotte e l’affermazione di un punto di vista di classe,

- riprendere il lavoro d’inchiesta per indagare la composizione di classe nelle sue componenti oggettive e soggettive come premessa indispensabile per la riunificazione della grande varietà di figure in cui il mondo del lavoro è stato disgregato,

- avviare una riflessione sull'intreccio tra riproduzione sociale caricata sulle spalle delle donne e il lavoro retribuito con le sue discriminazione di genere,

- mettere in rete il sapere di chi lavora e lotta e le competenze e le analisi prodotti da economisti, sociologi, storici critici che non hanno abbandonato un punto di vista di classe.

Senza una forte ripresa delle lotte per la dignità e i diritti del lavoro e nel lavoro, la costruzione delle convergenze sociali indispensabili per produrre grandi mobilitazioni in grado di contrastare il neoliberismo mancherà del suo tassello decisivo e così pure la prospettiva dell’alternativa. Mai come in questo momento si è sentita la mancanza di una sinistra di classe.

Con questo spirito a un mese dall’incarico ricevuto dalla direzione prende il via con l’incontro di giovedì 19 il nuovo dipartimento lavoro nazionale, con la piena consapevolezza della sproporzione tra i compiti da affrontare e le forze disponibili, ma con la serena determinazione di tante compagne e compagni che vogliono continuare a dirsi ed essere comuniste/i.

Antonello Patta, responsabile nazionale lavoro PRC-SE
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