di Romina Velchi
Sorge spontanea la domanda: Monti, ma che stai a dì (e soprattutto a fa')? Ieri, 24 luglio, quella cosa chiamata spread ha toccato la cifra record di 533 punti. Non proprio record, in realtà, perché si tratta del livello già raggiunto nel novembre 2011, per la precisione il 17, determinante per la spallata definitiva al governo Berlusconi e l'arrivo trionfale del professor Monti.
Ben poco è rimasto di quel trionfo "preventivo": non è servito il "Cresci Italia"; non la riforma lacrime e sangue delle pensioni; non la riforma del lavoro che fa a pezzi l'unica garanzia antidiscriminatoria dei lavoratori, l'articolo 18; non la spending review. E così, otto mesi dopo, ci ritroviamo esattamente al punto di partenza. Anzi, peggio di prima, perché nel frattempo la disoccupazione è aumentata, il rapporto debito/pil è balzato al 123% (secondo solo a quello della Grecia), l'economia è in caduta libera. E non si vede proprio come le cose potrebbero cominciare a girare in un modo diverso.

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di Marco Sferini

Il voto espresso dal Senato sull’emendamento di PDL e Lega Nord al testo di riforma costituzionale inerente il semipresidenzialismo è un segno che non va sottovalutato. Eppure i commentatori politici e giornalistici dicono che non c’è da preoccuparsi, che la trasformazione della repubblica parlamentare in una semipresidenziale non solo non è all’ordine del giorno, ma è semmai subordinata ad un’altra riforma che, invece, viene sentita come essenziale, necessaria e da fare subitaneamente: la riforma elettorale.

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di Sergio Cesaratto

Con l'inferno nei mercati e un assordante assenza di leadership europea il destino anche per Italia e Spagna è segnato: un destino di inutili sacrifici prima, di uscita disordinata poi. Bene dunque ha fatto ieri sul manifesto Pitagora a invocare un'uscita ordinata del nostro paese. Questa non solo è possibile, ma realistica. Il realismo dipende dal fatto che un intervento della Bce oggi da tutti invocato sarebbe limitato dai tedeschi a riportare gli spread appena sotto i 500 punti, senza intaccare le cause della crisi.

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di Vincenzo Comito

La finanza incontrollata continua a dominare la vita economica e politica. C'è poca speranza di uscire dalla crisi, finché non si riformano i meccanismi che governano il settore finanziario. Qualcosa è stato fatto, ma è troppo poco. Andiamo per ordine.
La crisi scoppiata nel 2007-2008 ha spinto politici, economisti ed esperti di varie discipline a interrogarsi su come uscirne. Con il tempo si è fatta strada una linea di pensiero che, partendo dalla constatazione che essa aveva origini sia di tipo finanziario che "reale", puntava a individuare interventi rilevanti su ambedue i piani.

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di Antonio Di Pietro

“Caro Luigi, l’unità va trovata, in concreto, nei programmi e non nei compromessi al ribasso. Noi riteniamo che il Pd si sia adagiato, appoggiando il governo Monti, nonostante le negative conseguenze che questo sta apportando al nostro Paese dal momento che non ha messo in campo nessuna misura reale per la crescita e per il rilancio dell’economia. Ancora oggi ne abbiamo la riprova con lo spread oltre 530 punti, al livello di quando è andato a casa Berlusconi, con le borse a picco e con il debito pubblico ingestibile”.

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