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di Matteo Pucciarelli

Leggere gli entusiasti commenti dei vari esponenti del Pd (in primis Bersani) dopo il primo turno delle elezioni francesi provoca un misto tra ribrezzo e tenerezza. A parte l'antichissimo e italico vizio di salire sul carro del vincitore, i condottieri del centro-centro-centro-centro-un po' sinistra italiano probabilmente conoscono poco del programma del socialista (tenete ben a mente l'aggettivo) Francois Hollande.

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malvinas soldatodi Federico La Mattina
La disputa sulle isole Malvinas tra Regno Unito e Argentina ha messo in rilievo la prepotente politica estera del governo britannico che ignora volontariamente le risoluzioni ONU sulla decolonizzazione e si mostra intransigente di fronte alle plurime richieste di una risoluzione pacifica che tenga conto delle precedenti risoluzioni dell’Assemblea Generale. Il 3 gennaio Cristina Fernandez Kirchner ha inviato una lettera aperta (1) al Primo Ministro britannico David Cameron in cui rivendica la sovranità argentina sulle isole Malvinas ed esorta il Regno Unito a rispettare la risoluzione ONU del 14 dicembre 1960 che “proclama solennemente la necessità di porre rapidamente e incondizionatamente fine al colonialismo, in ogni sua forma e in ogni sua manifestazione” (2).

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di Joseph Halevi

Le dichiarazioni del primo ministro greco Samaras al quotidiano economico tedesco Handelsblatt che per dicembre prevede il precipitare della Grecia nel baratro che inghiottì la repubblica di Weimar, hanno impressionato i siti dei maggiori giornali italiani.
Ma delle parole del premier greco non c'è da stupirsi. Solo gli zeloti dell'austerità potevano credere che il varo del pacchetto della troika e l'accettazione, da parte del governo Pasok e poi di quello di Samaras, di terrificanti tagli alle pensioni, agli ospedali, alle scuole, agli stipendi avrebbe potuto salvare la il paese.

A luglio le stime riguardo ulteriori decurtazioni erano di 11,5 miliardi di euro, ad agosto si parlava di 13,5 miliardi mentre ora i tagli richiesti per usufruire della tranche del pacchetto della Troika sono di 20 miliardi.

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mali esercitodi Emanuele Giordana
Raccapriccianti testimonianze che inchiodano, oltre ai jihadisti, le forze di sicurezza
A una settimana dall'inizio dell'offensiva francese in Mali si affaccia il volto più odioso della guerra: le violenze sui civili. Commesse dalla guerriglia islamista, cosa già nota da tempo, ma anche dalle forze regolari maliane. Una denuncia che si basa su prove raccolte dalle maggiori organizzazioni per la difesa dei diritti umani e che comincia a fare i conti anche con i bombardamenti indiscriminati.
La prima messa in guardia su quanto accadeva e poteva accadere in Mali, Amnesty International l'aveva già detta e scritta il 14 gennaio scorso, chiedendo «a tutte le parti coinvolte nel conflitto armato del Mali di garantire che i civili siano protetti perché vi è il concreto timore che gli scontri possano dar luogo ad attacchi indiscriminati o altri attacchi illegali in zone in cui i membri dei gruppi armati islamisti sono mescolati alla popolazione civile» e che dunque «le forze che prendono parte agli attacchi armati devono a ogni costo evitare bombardamenti indiscriminati e fare il massimo per evitare vittime civili».

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121008greciaIn vista della visita del Cancelliere Tedesco in Grecia, crediamo sia nostro obbligo ricordare a Lei e al primo ministro greco che:
La grande e potente Germania ha potuto nel passato auto-escludersi dai suoi obblighi (n.d.t. i risarcimenti della seconda guerra mondiale), negando alla Grecia quello che le spettava secondo il diritto internazionale, mentre la Grecia non è autorizzata a rinunciare ai suoi diritti.
Le violazioni del Diritto Internazionale e dei valori umani dell’onore e dell’etica presentano il pericolo della ripetizione di fenomeni che hanno insaguinato l’Europa.

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di Giuliana Sgrena

Bengasi è nota per essere la piazza più sensibile alle provocazioni occidentali. Qui è iniziata la rivolta contro Gheddafi, prima pacifica poi militare e infine inquinata da noti elementi jihadisti e qaedisti, protagonisti della guerra santa in tutti i paesi che vanno dalla Somalia fino all'Afghanistan, passando per la Siria. Dunque un terreno minato.
Allora sorge inevitabile una domanda: come mai l'ambasciatore Usa Chris Stevens, noto conoscitore del mondo arabo e della sua cultura oltre che della Libia, si trovava a Bengasi proprio l'11 settembre?
Le voci su un possibile attentato a target americani in occasione dell'anniversario dell'attacco alle Torri gemelle preoccupava tutti i servizi segreti e le cancellerie.

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di Atlas Alternative

All'indomani delle elezioni legislative in Libia, i grandi media occidentali (LINK), interessati a dare la propria approvazione al nuovo regime politico imposto dalla NATO, hanno annunciato la vittoria dei liberali dell'Alleanza delle forze nazionali, sotto la direzione di Mahmoud Jibril, contrapposta ai Fratelli Musulmani del Partito per la giustizia e lo sviluppo di Mohamed Sawan nelle grandi città, e lo scacco degli autonomisti di Bengasi, scontenti della ripartizione dei seggi all'assemblea costituente, nel loro tentativo di far deragliare il voto (avevano distrutto l'ufficio della commissione elettorale a Adidabia e ordinato la chiusura delle raffinerie di petrolio di Sirte).

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120925libiadi Manlio Dinucci
È uscito il secondo episodio di «Humanitarian War», famosa fiction washingtoniana sulla Libia. Ecco il trailer: aiutati i libici a liberarsi dal feroce dittatore, i buoni, guidati dall'eroico Chris, continuano ad aiutarli con uguale disinteresse; ma i cattivi - i terroristi ancora annidati nel paese - uccidono Chris che «rischiava la vita per aiutare il popolo libico a costruire le fondamenta di una nuova e libera nazione» (Hillary Clinton) e, «fatto particolarmente tragico, lo uccidono a Bengasi, città che aveva aiutato a salvare» (Barack Obama); il Presidente invia una «forza di sicurezza» in Libia, ma sono gli abitanti di Bengasi, scesi spontaneamente in piazza con cartelli inneggianti a Chris, a cacciare i cattivi dalle loro tane. In attesa del terzo episodio, uno sguardo alla realtà. Chris Stevens, ambasciatore in Libia dallo scorso maggio, era stato rappresentante speciale Usa presso il Cnt di Bengasi durante la guerra: ossia il regista dell'operazione segreta con cui erano state reclutate, finanziate e armate contro il governo di Tripoli anche milizie islamiche fino a poco prima bollate come terroriste.

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redazionale

Era un segreto di Pulcinella: la direzione di Psa, come previsto, ha atteso la fine del periodo elettorale per rivelare il suo piano di soppressione di posti di lavoro e la chiusura della fabbrica di Aulnay-sous-Bois. Solo che il numero di posti soppressi eccede le più accreditate previsioni: 8.000 in Francia, di cui 3.500 a Citroen-Aulnay, e 1.400 a Citroen-Rennes. Psa spinge a fondo, forse per lasciarsi un piccolo margine di ritrattazione nel caso di eccessive difficoltà politiche.

Non bisogna lasciarsi ingannare dal quadro finanziario apocalittico presentato dalla direzione per giustificare i suoi pesanti tagli.

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