di Francesco Piccioni
L'andamento dell'inflazione è molto più veloce della dinamica salariale (circa -5% in appena sette anni). Pesa il mancato rinnovo dei contratti nazionali e una condizione di ricattabilità progressiva per tutti i settori del mondo del lavoro
I numeri sono un problema. Anche per «professori» dotati delle competenze «tecniche» per manipolarli. I numeri dell'Istat sono i più scomodi, perché la metodologia è di standard europeo e il nostro istituto ha giustamente una fama internazionale superiore alla media.
Cosa dicono di scomodo, stavolta? Che le retribuzioni stanno crollando. Senza se e senza ma. E che se non ci sarà il rinnovo dei contratti - come già chiesto dalle imprese e quasi assicurato dal governo - scenderanno in modo drammatico. «Alla fine di agosto l'indice delle retribuzioni orarie cresce dello 0,1% rispetto al mese precedente e dell'1,6% rispetto ad agosto 2011». Assai meno del tasso di inflazione. Ma il primo aspetto su cui si concentrano le stime del rapporto è la tendenza per i prossimi mesi.