120928carlacantoneCarla Cantone: 'Sogno un Paese di giovani e anziani nel rispetto della vita degli altri'
“Rottamare”, una parola che va di moda da quando il sindaco di Firenze, Matteo Renzi, annunciò che bisognava mandare a casa tutti i dirigenti del Pd , partito di cui fa parte, per far largo ai giovani. “Rottamare,” appunto, tutti a casa. Ora che Renzi, sta in giro su un camper per annunciare la sua partecipazione alle primarie di una ancora non meglio definita coalizione di centrosinistra per scegliere il candidato a presidente del Consiglio, “ rottamare” ha invaso giornali, televisioni. Nel frattempo, editorialisti, commentatori, economisti e anche ministri non trovano di meglio che “rottamare” tutti gli anziani. Loro, gli anziani egoisti, toglierebbero il lavoro ai giovani, non pensano al futuro dei loro figli e nipoti, hanno anche il vizio di vivere, malgrado tutto, più a lungo e con le loro pensioni provocano il disastro di questo Paese. Ci siamo detti che forse è il caso di spendere una parola a difesa di milioni di cittadini, oltre il 40 % della popolazione fra i 55 anni e oltre.

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120927grafico calodi Francesco Piccioni
Ci cominciamo a togliere il pane di bocca. Quando le voci da tagliare arrivano al cibo significa che lo spazio per arretrare, nelle condizioni di vita, si sta facendo minimo. E puntualmente l'Istat registra l'andamento della spesa degli italiani. Tutti i numeri sono preceduti dal segno meno, senza alcuna eccezione. A luglio la diminuzione «congiunturale» (sul mese precedente) sembra minima: -0,2%. Ma la media del trimestre maggio-luglio è già più evidente: -1.
Fin qui si potrebbe pensare che gli accorti consumatori stiano solo razionalizzando meglio i loro acquisti, limando l'inessenziale. Non è così. Se si confronta infatti il livello del luglio di quest'anno con quello del 2011 si vede una «buco» del 3.2%, che racchiude il -3,8% dei prodotti non alimentari e il -2 del «cibo». Si stringe davvero la cinghia, insomma.

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marchionne-montidi Nicola Melloni (Londra)
Personaggio sempre intrigante questo Marchionne. Per un paio d’anni ci ha rintronato con la retorica sulla modernità, lui ci metteva la faccia, voleva investire – addirittura! – 20 miliardi, non chiedeva aiuti di Stato, voleva solo che i lavoratori rinunciassero ad un po’ di diritti per riempire le tasche degli azionisti FIAT. E va beh, dici, il classico manager americano, uno sfruttatore ma porta un po’ di sano (mica tanto) liberismo. Sbagliato:
la FIAT ai tempi di Marchionne prendeva soldi dallo Stato in Polonia, in Serbia ed in Brasile, altro che uomo del mercato. Non parliamo della baraccata di soldi presi in USA, vantandosi poi di aver rimesso in piedi Chrysler – sì, coi soldi di Obama. Ed ora, quando il piano da 20 miliardi si è sciolto come neve al sole, ecco il Marchionne che batte cassa: “l’auto funziona dove ci sono aiuti di Stato”.

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landini 3di Maurizio Landini
E' incredibile lo stupore che ha suscitato l'annuncio fatto dall'amministratore delegato della Fiat, Sergio Marchionne, riguardo al fatto che il piano Fabbrica Italia non esista più.
Bastava guardare l'assenza della progettazione di nuovi modelli, la lunga cassa integrazione, il venir meno alla promessa di un anno e mezzo fa di investire 20 miliardi di euro negli stabilimenti italiani. La stessa promessa era stata fatta in cambio della drastica riduzione dei diritti e delle libertà dei lavoratori accettata dagli altri sindacati prima a Pomigliano, poi a Mirafiori, poi alla Bertone e, infine, estesa a tutto il Gruppo Fiat. Secondo me, chi ha firmato e sostenuto quegli accordi in cambio degli investimenti in Italia oggi dovrebbe riflettere sulle proprie scelte.
Non appare quindi una grande novità quella annunciata da Marchionne. La domanda è: "Chi doveva vigilare su quegli investimenti e sul futuro dell'unica casa automobilistica italiana?".

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120927claudio favadi Domenico Cirillo
Poche speranze per il candidato della sinistra unita e della lista Di Pietro. La coalizione nei pasticci: o prova a resistere o trova un altro leader in 24 ore. Il ministero dell'Interno: cambio di residenza in Sicilia fuori tempo massimo La domanda tardiva in un piccolo comune del palermitano. Ma lui resiste: sarebbe un misero golpe politico
Una notizia che pesa come una mazzata sulle speranze della sinistra siciliana. La candidatura di Claudio Fava alla presidenza della regione non sarebbe regolare. Il suo trasferimento di residenza in un comune dell'isola è arrivato troppo tardi, meno di 45 giorni prima della data del voto, previsto per il prossimo 28 ottobre.
La ministra dell'interno Anna Maria Cancellieri ieri mattina ha dato sostanza ad alcune voci che già circolavano sui problemi per la candidatura di Fava.

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