Dieci mila posti di lavoro a rischio, la fine di un altro polo strategico nazionale , l’esplosione di una bomba ecologica e sociale dirompente per il territorio del sud-est della Sicilia: è questa la conseguenza di anni di distrazione dei governi nazionali e locali e delle sanzioni di guerra che colpiscono più l’ Europa che la Russia.
Lo sapevano tutti da anni, ma in ossequio agli enormi profitti in ballo, si è lasciato volutamente che la situazione degenerasse completamente.
Di fronte a questa patata bollente lasciata irrisolta dal governo Draghi, quello delle destre così solerte nella repressione di rave party, di studenti e di migranti non sembra capace di immaginare altro che copiare quanto fatto in altri paesi, ma con un ritardo tale da rischiare la chiusura, senza un progetto strategico e il risanamento ambientale necessario.
Lo dicono le inchieste della magistratura che hanno fatto emergere la totale inadeguatezza dell’impianto di smaltimento dei reflui industriali (Consorzio IAS), che ha inquinato impunemente per anni e che continua ad inquinare con la complicità a tutti i livelli istituzionali e di tutte le aziende del Petrolchimico che hanno, per anni, sversato veleni nell’acqua e nell’area.

Occorre una nazionalizzazione vera con provvedimenti drastici e lungimiranti
Primo, derogare unilateralmente all’embargo e alle sanzioni che si sono rivelate completamente inutili e che anzi hanno imbarbarito ulteriormente l’escalation militare; secondo, attuare il risanamento ambientale dei processi produttivi e imporlo alle altre aziende del polo pena la confisca degli impianti e degli asset strategici. Terzo, avviare un processo di riconversione ecologica di tutta l’area in grado di valorizzare le competenze del territorio e la creazione di energia pulita.
Solo così sarà possibile salvaguardare i posti di lavoro, l’ambiente e la salute dando una prospettiva al futuro del territorio.

La manifestazione del 18 novembre a Siracusa è stato un momento estremamente positivo, tuttavia per realizzare un vero progetto di cambiamento occorre sia la mobilitazione dei lavoratori di tutti i comparti produttivi del territorio sia dell'intera popolazione siciliana.

Antonello Patta, responsabile nazionale lavoro
Nicola Candido, segretario regionale della Sicilia
Partito della Rifondazione Comunista / Sinistra Europea

Care compagne, cari compagni,

come sapete il 6 dicembre ricorre il 15° anniversario della tragedia della Thyssen Krupp di Torino in cui morirono sette operai. Grazie alla nostra iniziativa importanti associazioni da sempre impegnate sui temi della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, hanno lanciato un appello per fare del 6 dicembre una giornata nazionale di sensibilizzazione e lotta sui temi della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro. L’intento è in primo luogo quello di rompere il clima di assuefazione alla tragedia dei morti e degli infortuni sul lavoro e per il lavoro creato assimilandoli a tragiche fatalità su cui l’attenzione pubblica si spegne ancor prima di aver seppellito i morti.
Cosa molto importante perché è su questo contesto artificioso che hanno contato i governi degli ultimi 15 anni per smontare le leggi, come la 81 del 2008, al fine di ridurre i vincoli e le sanzioni nei confronti delle imprese che non le applicano; e per smantellare, con i tagli di fondi e personale, le strutture pubbliche dedicate alla prevenzione e ai controlli con il risultato atteso che per le imprese il rischio di essere sottoposte a controlli è così improbabile da indurle a non investire e violare le norme a tutela della salute e della sicurezza.
In secondo luogo ci si prefigge l’obiettivo di creare una rete nazionale in grado di dare continuità all’iniziativa su questa grande questione e di coinvolgere nella mobilitazione sull’importante piattaforma, che leggete nella parte finale dell’appello, lo schieramento di forze più ampio possibile.
Non c’è bisogno di sottolineare quanto il tema rischi di tornare tristemente d’attualità con le destre al potere delle quali la finanziaria chiarisce fin troppo bene l’intenzione di estendere su larga scala aumento dello sfruttamento, precarietà, lavoro nero e grigio e tutte le forme di illegalità.
Come Rifondazione Comunista abbiamo aderito all’appello, come hanno fatto Pap e Unione Popolare, e siamo impegnati a promuovere in tutte le città iniziative sul tema, da quelle più creative ( flash mob, disposizione di corpi veri o sagome o o lumicini o caschi nelle piazze rappresentanti i morti sul lavoro) a quelle tradizionali ( volantinaggi davanti alle Asl, all’Inail, all’Inl o davanti a fabbriche simbolo).
Le iniziative che dovrebbero svolgersi preferibilmente, ma non obbligatoriamente nel secondo pomeriggio del 6 dovrebbero collegarsi in una diretta nella quale si raccontano brevemente i motivi e i promotori dell’iniziativa. Col vostro impegno puntiamo su tantissime iniziative e collegamenti.

Ci sarà naturalmente un comunicato nazionale che vi verrà inviato preventivamente per uscire con comunicati locali.

Un abbraccio e buon lavoro!

Maurizio Acerbo, segretario nazionale Prc-Se
Antonello Patta, segreteria nazionale, responsabile Lavoro Prc-Se
Ezio Locatelli, segreteria nazionale, responsabile Organizzazione Prc-Se

La prima manovra del governo Meloni è una ciofeca. Non si fanno interventi seri per affrontare il carovita e si rispettano i diktat di Bruxelles contro cui si ululava dall'opposizione.
Svanite come neve al sole le promesse elettorali, la finanziaria del governo delle destre si pone in perfetta continuità con l’austerità del governo Draghi del quale mantiene i tagli alla scuola e alla sanità a cui i soldi destinati non bastano nemmeno per coprire gli aumenti delle bollette e l’aumento dei costi generali dovuto all’inflazione. Ma ciò che si può già notare in attesa del testo definitivo e dell’approvazione del Parlamento è che il tratto distintivo della manovra è un feroce segno di classe a vantaggio di lavoratori autonomi, settori imprenditoriali che vivono sullo sfruttamento e sul lavoro nero e povero ed evasori, il nocciolo duro della base sociale delle destre.

Con il taglio del reddito di cittadinanza preparato dalle grida estive sulla mancanza di lavoratori a causa dei fannulloni, e la ridotta rivalutazione delle pensioni si prendono soldi dai poveri e dai pensionati per dare, poco, ad altri poveri e soprattutto ridurre le tasse a settori che già non le pagano e incentivare con sgravi fiscali forme di salario funzionali all’aumento del potere delle imprese sul lavoro. Una serie di misure infine, come l’introduzione dei quozienti familiari in misure fiscali e bonus, e la scelta di vincolare l’età di pensionamento delle donne al numero di figli sono un chiaro segnale di cosa promette per il futuro in termini di attacco ai diritti delle donne l’integralismo familista e patriarcale delle destre.

Ma proviamo ad analizzare i punti della manovra come apparsi sui giornali, lasciando per il momento da parte il suo carattere recessivo su cui torneremo e concentrandoci sui suoi effetti sul lavoro e i ceti popolari. Il primo dato che colpisce è la nessuna considerazione sul tema dei salari medi delle lavoratrici e dei lavoratori italiani, già tra i più bassi d’Europa, crollati drammaticamente sotto i colpi dell’inflazione arrivata ormai al 13%. I pochi spiccioli messi sono destinati a sgravi fiscali che incentivano il salario di produttività e i bonus aziendali finalizzati a fidelizzare il lavoro al comando d’impresa. Niente nemmeno sul salario minimo la cui assenza è funzionale a lasciare milioni di lavoratori con paghe indegne e in balia di offerte di lavoro le più precarie; la reintroduzione dei famigerati voucher favorisce ancora di più la trasformazione del mercato del lavoro in un suk delle braccia a la carte costrette a sottostare allo sfruttamento fino al limite del lavoro schiavile, un favore a padroni e padroncini diffusi specialmente in agricoltura, nel turismo e nei servizi poveri e nel lavoro domestico.

L’intervento sul cuneo fiscale del lavoro dipendente, che Confindustria avrebbe voluto anche a beneficio delle imprese e molto più corposo in sostituzione di sacrosante rivendicazioni salariali, si limita a confermare la riduzione di due punti già introdotta da Draghi e all’aggiunta di un ulteriore punto per i redditi fino a 20 mila euro, un'altra mancetta che vale da 6 a 10 euro.
Per quanto riguarda le pensioni siamo alla minestra riscaldata: le promesse magnificate durante la campagna elettorale dal duo Berlusconi e Salvini, le pensioni minime a mille euro e la pensione a 41 anni di contributi, sono svanite. Non si fa nulla per i milioni di pensionati sotto i mille euro. Il millantato aumento sulle pensioni minime attuali si traduce, fatta salva la rivalutazione dovuta per l’inflazione, in una misera mancetta di meno di dieci euro. Così milioni di pensionati saranno costretti a continuare a vivere con 560 – 570 euro! Intanto si continua a utilizzare i pensionati come bancomat per fare cassa riducendo la rivalutazione delle pensioni per gli assegni sopra i 1600 – 1700 euro netti.

Non è andata meglio per chi si era illuso sulla tanto gridata rottamazione della legge Fornero; finita in fumo la promessa della pensione con 41 anni di contributi, per il diritto al pensionamento resta in vigore il doppio criterio dell’età, 62 anni, e degli anni di versamenti, 41, la cui applicazione permetterà solo poche migliaia di pensionamenti, a patto di non superare il valore massimo della pensione di 2670 euro lordi. Infine sempre in tema di pensioni va ricordata una misura che conferma l’ideologia familista sottostante la manovra; opzione donna mantiene gli svantaggi già noti in termini di riduzione dell’assegno di circa il 30% e peggiora ulteriormente diventando una sorta di opzione mamma punitiva verso le donne senza figli: avranno il diritto alla pensione a 58 anni le donne con due figli, a 59 quelle con un figlio, a 60 quelle senza figli.
il tratto di questa manovra che giustamente ha sollevato l’indignazione di molti è stato l’intervento brutale sul reddito di cittadinanza, una vera e propria rapina beffa contro i poveri; viene ridotta la copertura a soli 8 mesi per l’anno in corso per coloro i quali sono inseriti nella categoria inventata all’uopo degli occupabili, mentre da gennaio 2024 la misura viene eliminata del tutto ; è un altro gigantesco regalo alle imprese che fanno profitti su precarietà e paghe infami che completa il quadro degli interventi mirati a colpevolizzare chi il lavoro non lo trova e incentivare la guerra tra i poveri a vantaggio delle imprese.

Particolarmente grave è quanto deciso per “contrastare” il carovita in un contesto in cui crisi epocali e un inflazione alle stelle riducono i salari reali, aumentano la povertà anche di chi ha un lavoro, con milioni di famiglie che non riescono a pagare bollette esorbitanti e spese condominiali, a far fronte a mutui resi più gravosi dalle scelte monetarie recessive della Bce; Vengono messi pochi soldi per lavoratori e ceti popolari solo per qualche mese contro il carovita con un bonus sociale che copre meno del 30% degli aumenti delle bollette e dei generi alimentari per chi ha fino a 15 mila euro di reddito, per gli altri poco o nulla. Dimezzati gli sconti sui carburanti. Non si calmierano i prezzi dei beni di prima necessità.

E tutto ciò avviene mentre si tagliano le tasse ai lavoratori autonomi fino a 85 mila euro di reddito che diventano fittizi perché con la flat tax anche sugli incrementi di reddito fino a 40 mila euro si supera di gran lunga questa soglia; un iniquità assurda che premia di nuovo il lavoro autonomo andando a ridurre ancora di più le tasse che paga rispetto a un lavoratore dipendente di pari reddito. Gli autonomi pagheranno il 15% contro il il 23% minimo dei dipendenti, che arrivano al 43% a 50.000 € di stipendio; si premia l’evasione fiscale con nuovi condoni e la si incentiva con il tetto del contante a 5 mila euro; si continua a non colpire gli extra profitti (vedi le aziende dell’energia), favorendo la speculazione. Tutto ciò mentre continua l’aumento delle spese militari, si continua vergognosamente a non tassare le grandi ricchezze.

Oggi più che mai, di fronte a questa manovra ferocemente classista, occorre ripetere che le destre possono essere sconfitte solo rilanciando le lotte sociali e unificando tutti i soggetti colpiti in una grande mobilitazione popolare contro questa legge finanziaria per difendere il reddito dei dipendenti, dei pensionati e dei ceti popolari; per rafforzare e riqualificare lo stato sociale e la previdenza pubblica; per investimenti significativi nella scuola e nella sanità pubbliche; per difendere il diritto delle donne alla parità in famiglia e sul lavoro. Uniamoci e mobilitiamoci!

Antonello Patta, responsabile nazionale lavoro del Prc

Massima solidarietà ai lavoratori della GKN di Campi Bisenzio che ieri hanno chiesto la sospensione dei lavori del Consiglio Comunale di Firenze.

È positivo che il Consiglio comunale abbia scelto di sospendere la seduta invece di chiuderla, permettendo di rimanere in presidio permanente a chi è in lotta per la propria dignità. Dentro e fuori il Comune non faremo mancare il nostro supporto.

Le istituzioni hanno il dovere di dare risposte alla richiesta dei lavoratori di intervento pubblico. La protesta non nasce solo dal fatto che a centinaia di lavoratori è stata interrotta l'erogazione della cassa integrazione. Il tema di fondo è che l'imprenditore Borgomeo che è subentrato al fondo Melrose non ha presentato mai un piano industriale determinando anche il rifiuto da parte dell'Inps del riconoscimento della cassa integrazione.
I lavoratori propongono che la ex-Gkn diventi una fabbrica pubblica socialmente integrata. Il dramma è che gli operai studiano e progettano un futuro ecologico oltre la crisi dell'automotive mentre le istituzioni latitano. Finora dal governo Draghi e da quello Meloni non è arrivato nessun serio impegno. Dato che il ministro è lo stesso, il leghista Giorgetti, c'è da preoccuparsi.
Regione Toscana e comuni si facciano parte attiva supportando la proposta degli operai Gkn per una soluzione pubblica. L'unica industria pubblica in Italia deve essere quella delle armi?

Maurizio Acerbo, segretario nazionale e Antonello Patta, responsabile lavoro di Rifondazione Comunista
Dmitrij Palagi, consigliere comunale di Firenze Città Aperta04

La decisione di Acciaierie d’Italia di sospendere l’attività di 145 aziende che operano nell’appalto è, a nostro avviso, un ricatto nei confronti degli operai e di tutta la città.

Nei mesi scorsi più volte i sindacati hanno lanciato l'allarme per i ritardi degli stipendi degli operai dell'indotto, con uno scaricabarile tra la multinazionale e le aziende locali che lamentavano ritardi nei pagamenti.

Oltretutto non è la prima volta che accade: già nei confronti del governo “Conte I” Arcelor Mittal non esitò ad usare gli operai diretti come arma di ricatto per chiedere il ripristino dell'immunità penale.

Riteniamo che sia necessaria la nazionalizzazione di quella fabbrica in modo che si possano garantire diritti, salute e lavoro attraverso l’introduzione di VIIAS e l’attuazione di una vera transizione ecologica.

Non possiamo lasciare il nostro futuro nelle mani di una multinazionale: il presidente Bernabè dica qualcosa e spieghi cosa ha intenzione di fare Invitalia con i 700 milioni stanziati per questo stabilimento, riteniamo ormai improcrastinabile il tempo delle scelte che riguardano questo stabilimento siderurgico e la città.

Taranto, 12 novembre 2022

Maurizio Acerbo segretario nazionale e Antonello Patta responsabile nazionale lavoro del Partito della Rifondazione Comunista - Sinistra Europea

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Si è vergognosamente chiusa con il patteggiamento dei titolari, che così non faranno neanche un giorno di carcere, la vicenda dell’uccisione di Luana d’Orazio, l’operaia pistoiese morta stritolata dalla macchina su cui lavorava.
Giustissima la rabbia della madre, cui esprimiamo tutta la nostra solidarietà, di fronte a una decisione inspiegabile di fronte alle criminali violazioni delle norme di sicurezza accertate dalla perizia degli esperti: per aumentare la produzione facendo andare più velocemente le macchine erano state “disattivate le protezioni di sicurezza e il macchinario era utilizzato in modo non conforme”.
Si commenta da sola la decisione di mandare a giudizio solo il manutentore nel tentativo, già visto in altri casi, di scaricare su lui tutta la responsabilità, trasformando un crimine, figlio del primato del profitto sulla vita delle persone, in un fatto puramente tecnico.
Questa sentenza, tragicamente ingiusta, si inserisce nel quadro di oltre un decennio di modifiche legislative tese a deresponsabilizzare il datore di lavoro riguardo al rispetto delle norme di sicurezza; come fa il disegno di legge Sacconi già presentato in senato che prevede la trasformazione della valutazione dei rischi e la definizione conseguente delle misure di prevenzione e protezione in una semplice “certificazione” della “diligenza del datore di lavoro” da parte di un professionista pagato dall’azienda.
I governi neoliberisti degli ultimi 15 anni portano la responsabilità criminale di aver operato per smontare la legislazione sulla sicurezza all’origine della tragedia quotidiana delle morti sul lavoro, e purtroppo a sentire l’intenzione della presidente del Consiglio di “lasciar fare” le imprese temiamo che questo governo farà peggio.
Per questo riteniamo indispensabile il rilancio delle lotte per: la ricostruzione dei sistemi di prevenzione e controllo; l’inasprimento delle sanzioni penali a carico del datore di lavoro e dei dirigenti per il mancato adempimento degli obblighi relativi alla tutela della salute e sicurezza dei lavoratori; l’introduzione nel codice penale del reato di omicidio sul lavoro; il ripristino del testo originale del D.lgs. 81/08, eliminando le modifiche peggiorative per la salute e la sicurezza dei lavoratori introdotte dalle successive modifiche (D. Lgs.106/09, Decreto del fare, Decreto semplificazioni, Decreti attuativi del Jobs Act).
Salute e sicurezza sul lavoro, carovita, bollette, salari, pensioni, disoccupazione, disastri ambientali, diritti negati: uniamoci per la convergenza delle lotte fino allo sciopero generale!

Antonello Patta, responsabile nazionale lavoro
Partito della Rifondazione Comunista/Sinistra Europea

Rifondazione Comunista sostiene la lotta delle lavoratrici e dei lavoratori della sanità pubblica e privata che parteciperanno alla mobilitazione nazionale con manifestazione a Roma il 29 ottobre promossa da Fp Cgil, Cisl Fp, Uil Fp , Fials e Nursind.
La lotta è l’unica risposta possibile di fronte a un governo che, a sentire le dichiarazioni della Presidente del Consiglio, intende mantenere i tagli alla spesa sanitaria di circa un punto e mezzo di pil decisi da Draghi; nulla dice sul fatto che si spendono i fondi del PNRR per costruire nuove strutture senza prevedere l’assunzione di personale, con la conseguenza di impoverire ancora di più il pubblico a vantaggio del privato.
Come è successo negli ultimi vent’anni che hanno visto tagli per decine di miliardi, 37 solo negli ultimi dieci, alla sanità pubblica, attraverso tagli lineari prevalentemente risolti con la riduzione del personale. Ciò ha reso fragilissimo il nostro sistema sanitario pubblico che ha retto l’urto drammatico del Covid solo grazie all’abnegazione dei lavoratori e delle lavoratrici, prima considerate eroiche, ora nuovamente dimenticate e sottoposte a turni massacranti. Alla mancanza di personale si aggiunge un esodo preoccupante dalle professioni sanitari. La gravità della situazione è rappresentata dall' aumento dei bandi per la esternalizzazione delle ore ai Pronto Soccorso. Il servizio pubblico viene depauperato e avanza la sanità privata, ormai in mano a potenti multinazionali
Da tempo sosteniamo la necessità di maggiori risorse per la sanità pubblica, di un corposo piano di investimenti e assunzioni superando i limiti di tetti per il personale, la reinternalizzazione di tutto quanto è stato esternalizzato e la stabilizzazione dei precari; per cui non possiamo non sostenere questa lotta , che ricorda al paese che il Servizio Sanitario Pubblico è in pericolo . Ma perché la lotta sia efficace oltre le mobilitazioni come quella importante di sabato ci dovrebbero essere scioperi e una offensiva mediatica e politica che metta al centro il diritto alla salute, cui tutti i cittadine e le cittadine sono interessati e alla fine una mobilitazione generale ,a uno sciopero non solo di categoria . La salute è un diritto di tutti e tutte. difendiamolo

Giovanna Capelli Responsabile Sanità PRC Lombardia
Antonello Patta, Responsabile Nazionale Lavoro PRC

Care compagne, cari compagni,

grazie a un attività di elaborazione nella quale sono stati coinvolti esperti, tecnici e compagni/e impegnati/e come Responsabili sicurezza sul lavoro (RLS) e un confronto con le compagne della CollettivA Menapace, siamo ora in grado di tenere un seminario sulla salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro sabato 29 ottobre dalle 14.30 alle 18.30.
Il seminario vuole essere un importante momento di formazione a disposizione delle compagne e dei compagni con l’obiettivo che almeno tutte le Federazioni arrivino a disporre delle competenze necessarie per intervenire nei loro territori sul tema e organizzare a loro volta incontri locali nei quali coinvolgere persone interessate e o competenti.
La motivazione di fondo di questa iniziativa, avviata con la costituzione, mesi fa, di un gruppo di lavoro su salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, deriva dalla necessità che come partito usciamo dalla deprimente e stanca routine dei “basta!” sempre più gridati in occasione di omicidi sul lavoro che durano il tempo dei coccodrilli sui giornali, in attesa del prossimo morto, per provare, invece a strutturare percorsi di lotta duraturi che stiano al passo con le iniziative che anche diversi sindacati hanno in campo. Non è per niente facile, ma dobbiamo provarci: se non lo fanno i comunisti, chi lo fa?

Una raccomandazione. Poiché riteniamo importante che tutte le Federazioni abbiano almeno un/a iscritto/a che poi riversi nella propria Federazione le competenze e i materiali che verranno consegnati durante il seminario, e poiché la piattaforma consente solo fino a cento contatti, vi chiediamo di far pervenire quanto prima i nominativi dei partecipanti.

Entro qualche giorno riceverete la locandina.

Fraterni saluti

Antonello Patta, segreteria nazionale, responsabile Lavoro Prc-Se

Link d’accesso
ID riunione: 839 7702 2098
Passcode: 464917

Comunicare iscrizione e mail: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Cell: 3358277755

Care compagne e cari compagni,

l’8 ottobre la CGIL, ad un anno dall'assalto alla sede nazionale di corso d'Italia, sarà in piazza a Roma per una grande manifestazione.

Il corteo partirà alle ore 13.30 da piazza della Repubblica per giungere in piazza del Popolo dove, intorno alle 17.30, prenderà la parola Maurizio Landini.

Al centro della manifestazione della CGIL la richiesta al nuovo governo e all’Europa di rimettere al centro i temi del lavoro e della giustizia sociale.
Tra i punti: l’aumento di stipendi e pensioni; l'introduzione del salario minimo e una legge sulla rappresentanza; il superamento della precarietà; una vera riforma del fisco; garantire e migliorare una misura universale di lotta alla povertà, come il reddito di cittadinanza; la sicurezza nei luoghi di lavoro; un tetto alle bollette; un piano per l’autonomia energetica fondato sulle rinnovabili.

È importante lavorare per la massima partecipazione di compagne e compagni con le bandiere del nostro partito e di Unione Popolare.

Invitiamo circoli, federazioni e regionali a prenotare rapidamente i posti su pullman treni speciali contattando le strutture della Cgil sul territorio.

C'è il rischio di esaurimento dei posti disponibili.

Con prossima comunicazione daremo indicazioni per un nostro spezzone.

Fraterni saluti

Maurizio Acerbo, segretario nazionale PRC-SE
Antonello Patta, segreteria nazionale, responsabile Lavoro nazionale PRC-SE

Il tribunale del riesame di Bologna ha annullato l'ordinanza che aveva condannato agli arresti domiciliari i sindacalisti di Si Cobas e Usb di Piacenza. Cassata l'accusa di associazione a delinquere.
È il secondo smacco per una giustizia ingiusta che ha messo in campo una vera e propria azione persecutoria contro chi si oppone allo sfruttamento selvaggio nella logistica. Anche questa volta, era già accaduto che l'incriminazione di alcuni compagni venisse poi annullata dal tribunale del riesame, è stata sconfitta la linea della criminalizzazione di chi lotta contro lo sfruttamento.
È stata respinto il tentativo di assimilare la normale attività di un sindacato realmente conflittuale al "programma criminale" di un'associazione a delinquere. Un risultato che suona come un importante avvertimento a chi in questo e nel futuro governo pensasse di continuare a usare politicamente la magistratura per impedire una ripresa delle lotte in autunno per i salari e i diritti contro il carovita e l'economia di guerra.
Rifondazione Comunista esprime la propria solidarietà ai militanti sindacali scagionati e l'impegno a sostenere la loro lotta nel caso l'accanimento verso di loro continui con l'appello in Cassazione.

Antonello Patta, responsabile nazionale lavoro
Partito della Rifondazione Comunista/Sinistra Europea

L’arrivo delle elevatissime temperature di questo periodo non è una sorpresa, non è una catastrofe imprevedibile. Eppure nei luoghi di lavoro nulla è stato fatto per prevenire le conseguenze su lavoratrici e lavoratori. Nelle ultime settimane il settore dell’agricoltura ha registrato almeno due morti, un bracciante di 59 anni stroncato in un agrumeto in Calabria e un ventenne a Serenise, in una serra; USB aveva lanciato l’allarme sulle condizioni di lavoro nell’agroindustria, ma solo dopo la morte del bracciante la regione Calabria ha emesso un’ordinanza con la quale si vieta il lavoro nei campi dalle 12.30 alle 16. Bene, ma tardivo.
Si inserisce in questo quadro la morte di un operaio di un’azienda manifatturiera di Arco, in Trentino, priva di impianti di condizionamento; circostanze del tutto simili per la morte dell’operaio della Dana Graziano di Rivoli, azienda di ingranaggi per i cambi di camion, anche in questo caso i sindacati hanno denunciato l’assenza di climatizzazione per gli addetti alla sala macchine; questa mattina a Modena, mentre si trovava sul tetto di una palazzina in ristrutturazione, vittima di un malore il titolare dell’impresa di 67 anni; un 47enne, lavapiatti in un albergo di Diano, è morto nella struttura e non si esclude che la causa sia dovuta al caldo afoso.
Tutto ciò mentre il rapporto annuale dell’Inail ci informa che al netto dei casi covid nel 2021 le morti sul lavoro sono aumentate del 10% rispetto al 2020, le denunce d’infortunio del 20% e quelle di malattie professionali del 22%
E’ l’ennesima conferma delle gravi responsabilità di chi al governo e nelle istituzioni preposte continua a non produrre scelte adeguate alla gravità della situazione e a tollerare che alla salute e alla sicurezza delle lavoratrici e dei lavoratori si anteponga il profitto. Sfuggono poi i dati relativi al lavoro nero, diffuso in agricoltura ed edilizia, le cui morti non rientrano in nessuna casistica.
Non è tollerabile che anche il caldo si aggiunga alle cause di morte che funestano la vita di chi lavora per vivere!
Rifondazione Comunista chiede che si intervenga immediatamente per fronteggiare le conseguenze del grande caldo sui luoghi di lavoro ed evitare altre tragedie prescrivendo alle aziende provvedimenti come l’aumento delle pause, la diminuzione dei ritmi di produzione, il rinfrescamento dei locali, la distribuzione di bevande.

Antonello Patta,responsabile nazionale lavoro
Partito della Rifondazione Comunista/Sinistra Europea

Rifondazione Comunista oggi sarà presente alla manifestazione nazionale a Piacenza indetta dai sindacati di base per protestare contro l’operazione repressiva messa in atto dalla procura di quella città che ha disposto l’arresto e altre misure cautelari per otto dirigenti e militanti sindacali del Si Cobas e dell’USB della logistica.

L’iniziativa giudiziaria, sostenuta da un incredibile castello accusatorio, è in realtà un vero e proprio teorema sulla base del quale le lotte per ottenere salari e diritti umani diventano, in una grottesca inversione delle parti, attività estorsive ai danni dei padroni.

I fatti criminosi imputati infatti sarebbero i picchetti, gli scioperi, le occupazioni e le assemblee degli ultimi 10 anni, in pratica tutte le lotte fatte per portare la legalità e la dignità del lavoro in un settore in cui supersfruttamento, salari da fame, precarietà e caporalato delle finte cooperative erano la norma.

Un’evidente opera di criminalizzazione delle lotte, una intimidazione in difesa della libertà di sfruttamento in un settore fondamentale per il moderno capitalismo delle piattaforme, un banco di prova e una minaccia dell’establisment di governo contro scioperi e lotte dell’autunno in difesa di salari, pensioni e redditi dei ceti popolari di fronte alla crescita del carovita e della devastazione sociale prodotti dall’economia di guerra, dall’inflazione e dai tagli alla spesa sociale conseguente al ritorno dell’austerità.

La manifestazione di oggi è una risposta importante contro la repressione in atto e per ottenere la libertà dei compagni arrestati. E’ altrettanto importante per dire che non accetteremo attacchi al diritto di sciopero e manifestazione, la criminalizzazione delle lotte e la trasformazione della magistratura nel braccio repressivo al servizio dello schieramento neoliberista e della libertà di sfruttare e di scaricare i costi delle crisi e della guerra sui lavoratori e i ceti popolari.

Per questo Rifondazione Comunista, mentre ribadisce la propria solidarietà ai lavoratori sindacalisti del Si. Cobas e dell’USB colpiti dalla brutale repressione in atto, parteciperà alla manifestazione di Piacenza con un proprio striscione e le proprie bandiere e invita tutte e tutti a partecipare.

Convergiamo per insorgere in difesa della libertà e dei diritti di tutte /i.

Maurizio Acerbo, segretario nazionale

Antonello Patta, responsabile nazionale lavoro
Partito della Rifondazione Comunista/Sinistra Europea

Wartsila non arretra. A nulla è valso l’incontro tra rappresentanti della Regione Friuli-Venezia Giulia e i vertici della Wartsila-Trieste, svoltosi nel pomeriggio del 19 luglio e mirante a sospendere i licenziamenti. “Confermiamo i licenziamenti a Trieste”, ha comunicato L'azienda finlandese, ribadendo il suo piano di smantellamento di buona parte della produzione dell'impianto situato nel comune di San Dorligo della Valle/Dolina; un arroganza inaccettabile quella della multinazionale totalmente indifferente alle gravissime conseguenze occupazionali ed economiche della sua scelta. Al licenziamento di 451 operai/e si devono infatti aggiungere altre centinaia di posti di lavoro a rischio nell'indotto; un serio contraccolpo su altre aziende della zona e delle regioni vicine; ne sarà coinvolta la stessa Fincantieri che non a caso ha prospettato l'intenzione di valutare tutte le azioni di natura legale concernenti gli ordini assegnati allo stabilimento Wartsila e il piano previsto delle consegne.
Un'intera città verrebbe messa in ginocchio anche perché a questa minaccia occorre aggiungere l'annuncio di 350 licenziamenti nella Flex e una cinquantina nella ex Principe. La razza padrona mostra il suo volto peggiore: prendi i soldi (dello Stato), prendi la creatività operaia, e scappa. A poco valgono le rassicurazioni dei vertici della Wartsila di mantenere parte della produzione a Trieste: è evidente che smantellando la produzione dei "grandi motori" e portandola in Finlandia, il resto dell'attività (ricerca&Sviluppo, vendita, project management, sourcing, assistenza e formazione, secondo le parole dell'azienda) non reggerebbe che per pochi mesi e provocherebbe, in tempi rapidi, la chiusura dell'intero impianto.
Rifondazione Comunista sottolinea l'inaccettabilità delle decisioni prese dall'azienda finlandese e invita tutte le lavoratrici e i lavoratori, e l'intera cittadinanza, a mobilitarsi intorno a questa vicenda facendo sentire il proprio sostegno a una lotta che è appena cominciata e che è una lotta di civiltà contro la barbarie del cosiddetto "libero mercato" (sempre generosamente assistito dallo Stato...) Siamo con le operaie e gli operai ai presidi davanti ai cancelli della fabbrica; saremo alla manifestazione promossa dai sindacati giovedì 21 luglio a partire dalle 15.15 davanti alla Prefettura, in Piazza Unità a Trieste proprio in concomitanza con l'audizione della X Commissione del Senato (Economia) presso la Prefettura di Trieste in cui verranno ascoltate, alle 15.40, le Confederazioni territoriali – CGIL / CISL / UIL – sulla situazione occupazionale del territorio.
Il nostro impegno a sostegno di questa lotta vedrà un altro importante momento nell’incontro della deputata di ManifestA - Rifondazione Comunista – Potere al popolo Yana Ehm con le lavoratrici, i lavoratori e i rappresentanti sindacali della Wartsila che si svolgerà venerdì 22.
Seguiamo l’esempio di Trieste: convergiamo e insorgiamo!

Maurizio Acerbo, Segretario nazionale
Antonello Patta, responsabile nazionale lavoro
Gianluca Paciucci, segretario della federazione di Trieste
Partito della Rifondazione Comunista/ Sinistra Europea

E’ in corso da questa mattina all’alba una pesantissima operazione di polizia partita dalla procura di Piacenza con perquisizioni, arresti di dirigenti sindacali del Si Cobas e dell’USB che col passare delle ore sembra allargarsi sempre più.
Alla base dell’operazione repressiva la criminalizzazione delle lotte che in questi anni hanno incrinato il sistema dello sfruttamento selvaggio nella logistica: i “fatti criminosi” sarebbero picchetti, scioperi, occupazioni dei magazzini, assemblee.
Agli arresti domiciliari due dirigenti dell’Usb con imputazioni gravissime che vanno dall’associazione a delinquere ai reati di sabotaggio e blocco delle merci; arrestati, sempre ai domiciliari, a Piacenza 4 dirigenti del SI Cobas, in relazione a uno sciopero al magazzino Amazon di Castel San Giovanni, per due di loro siamo di fronte a una vera e propria persecuzione, visto che la Procura di Piacenza li aveva posti ai domiciliari nel marzo 2021 , mentre il tribunale del riesame aveva poi revocato la sentenza.
La magistratura viene meno al suo compito costituzionale se diventa il braccio repressivo dello schieramento neoliberista a difesa del capitale contro le lavoratrici e i lavoratori che difendono i propri diritti.
Come Partito della Rifondazione Comunista esprimiamo la nostra solidarietà ai lavoratori sindacalisti del Si. Cobas e dell’USB colpiti dalla brutale repressione in atto e aderiremo a tutte le iniziative di lotta per la scarcerazione degli arrestati e in difesa della libertà di lottare contro lo sfruttamento, per i diritti e la democrazia.

Maurizio Acerbo, segretario nazionale
Antonello Patta, responsabile nazionale lavoro
Stefano Lugli, segretario regionale Emilia e Romagna
Elena Anelli, segretaria Piacenza
Partito della Rifondazione Comunista/Sinistra Europea

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