Rifondazione comunista è al fianco delle lavoratrici e dei lavoratori della Wartsila di Trieste in lotta in difesa del posto di lavoro con una manifestazione di protesta davanti ai cancelli e il blocco del traffico delle merci.

La multinazionale ha infatti comunicato questa mattina la decisione di cessare tutta l’attività produttiva dello stabilimento di Trieste e delocalizzarla in Finlandia con la dichiarazione di 451 licenziamenti su 973 dipendenti dello stabilimento.

È un grave colpo all’economia e all’occupazione di un territorio, quello di Trieste, sul quale è in atto una pesante crisi dell’industria, che vede oggi altre chiusure, altre delocalizzazioni e le conseguenti durissime vertenze.

Wartsila è l’ennesima multinazionale che approfitta dell'inefficacia della legislazione italiana nel contrastarne lo strapotere ed impedire le delocalizzazioni produttive di cui, come abbiamo già avuto modo di denunciare, la legge del ministro Orlando ha semplicemente precisato le procedure.

In questo vuoto non trova ostacoli l’arroganza delle multinazionali libere di spadroneggiare nel nostro paese sentendosi libere di spremere il lavoro, spesso prendere i soldi pubblici e poi andarsene magari portando via impianti e know how nella totale indifferenza per le conseguenze sociali.

Rifondazione Comunista sosterrà tutte le iniziative di lotta che i lavoratori stanno già programmando contro l’inaccettabile scelta della multinazionale finlandese.

Antonello Patta, responsabile nazionale lavoro
Roberto Criscitiello, segretario Friuli e Venezia Giulia
Partito della Rifondazione Comunista /Sinistra Europea

di Antonello Patta* -

“Niente risposte nel merito, ma quello che abbiamo portato a casa è un altro incontro”. Le parole di Maurizio Landini dopo l’incontro dei rappresentanti di Cgil, Cisl e Uil con Draghi confermano il sospetto che l’ora e mezzo scarsa di riunione sia stata più che altro una mossa nel gioco tra Draghi, Colle e Pd da una parte e 5 stelle dall’altra. Sembrerebbe quindi che siamo di nuovo solo alle promesse utili a far passare ‘a nuttata della crisi di governo “penultimata”. E così è se si valuta il nulla di fatto sul piano dei risultati concreti immediati. Se però si considerano le diverse valutazioni dell’incontro di Cgil e Cisl emergono due aspetti che è bene valutare attentamente. Il primo sottolineato entusiasticamente da Sbarra leader della Cisl e da Bonomi presidente di Confindustria è che rientra dalla finestra quel patto sociale uscito dalla porta dopo lo sciopero nazionale proclamato a dicembre da Cgil e Uil. Il secondo è che l’eventuale soddisfacimento di tutte le richieste avanzate, contratti, salario minimo, fisco, pensioni, dovrebbe essere contenuto nel tetto di spesa dato dalla rigidità di vincoli di bilancio escludendo tassativamente scostamenti dal deficit programmato. Non a caso gli addetti ai lavori, data l’esiguità delle cifre messe a disposizione, prevedono per luglio solo un altro bonus più piccolo di quello da 200 euro e con la legge di bilancio un taglio del cuneo molto più piccolo di quello annunciato con gli strilli giornalistici delle ultime settimane. Allora ecco che il patto sociale diventa fondamentale per irretire i sindacati in una ragnatela finalizzata a evitare una ripresa dei conflitti che metterebbe a nudo il carattere antipopolare di questo governo e porrebbe all’ordine del giorno la necessità del cambiamento.
Esattamente l’opposto di quanto necessario se si vuole davvero conquistare insieme a un lavoro, un salario e una pensione dignitosi l’apertura di una nuova stagione di diritti per tutte e tutti.

*Responsabile lavoro PRC-S.E.

La senatrice Paola Nugnes della componente ManifestA- Potere al popolo - Rifondazione Comunista ha depositato un emendamento al Dl Aiuti che cancella la porcata fatta ai danni di un milione di lavoratori della logistica. Nei giorni scorsi governo e maggioranza hanno approvato una norma che ha eliminato dal codice civile la responsabilità dei committenti principali rispetto al mancato pagamento dei lavoratori da parte di ditte e coop in appalto e subappalto. In sintesi la norma, approvata con un blitz, impedisce a lavoratori sfruttati e derubati di fare causa ai big della logistica che utilizzano appalti e subappalti in un circuito in cui è forte anche la presenza di mafie e criminalità.

Un regalo a tutti i big della logistica che non saranno più chiamati a pagare come accaduto in tante sentenze.

Il governo ha modificato con una sveltina il codice civile per consentire di fregare più facilmente chi lavora. Un’operazione talmente spudorata che Assologistica ha ringraziato i ministri Cartabia e Giorgetti.

Il nostro emendamento, cancellando la schifezza votata nella distrazione di quasi tutta l’informazione, reintroduce la tutela dei lavoratori in appalto e subappalto, per i quali era giustamente previsto che in caso di mancato pagamento di retribuzione e TFR, ne rispondesse la società committente, e pagasse direttamente in caso di fallimento o liquidazione della società appaltatrice.

Maurizio Acerbo, segretario nazionale e Antonello Patta, responsabile lavoro del Partito della Rifondazione Comunista – Sinistra Europea

Assologistica ringrazia i ministri Cartabia e Giorgetti per l'emendamento-porcata al Dl Aiuti che cancella la responsabilità dei committenti rispetto a inadempienze contrattuali o mancato pagamento dei lavoratori da parte di ditte e coop in appalto.

In sintesi un emendamento volto a impedire a lavoratori sfruttati e malpagati di fare causa ai big della logistica che utilizzano appalti esterni per risparmiare su manodopera.
In sintesi si tratta di un regalo a tutti i big della logistica - da Amazon, Dhl, ecc. fino a porti e aeroporti che non saranno più chiamati a pagare come accaduto in tante sentenze.
Il governo modifica con una sveltina il codice civile per consentire di fregare più facilmente chi lavora. Fortunatamente rimane in piedi una sentenza della Corte Costituzionale che dovrà essere usata per contrastare questa vigliaccata.
Questo blitz dimostra che questo è il governo dei padroni e che chi lo sostiene è contro la classe lavoratrice.

Maurizio Acerbo, segretario nazionale e Antonello Patta, responsabile lavoro del Partito della Rifondazione Comunista - Sinistra Europea

La fotografia sull'andamento della povertà assoluta in Italia fornita oggi dall'Istat conferma la deriva drammatica che ha vissuto il paese negli ultimi decenni.
Il numero di individui in povertà assoluta è quasi triplicato dal 2005 al 2021, passando da 1,9 a 5,6 milioni; gravissimo e significativo il dato che riguarda i giovani tra i 18 e i 34anni per i quali l'incidenza della povertà è oggi ben 4 volte superiore a quella del 2005.
E' il risultato di anni di attacchi ai redditi dei lavoratori e dei ceti popolari che hanno prodotto salari e pensioni da fame e precarietà selvaggia all'origine della diffusione del lavoro povero tra i giovani, non a caso i più impoveriti.
Un altro dato fornito oggi suona come uno schiaffo a politici e imprenditori che puntualmente all'inizio dell'estate si scagliano contro il reddito di cittadinanza: "le misure di sostegno economico erogate nel 2020, in particolare reddito di cittadinanza e di emergenza, "hanno evitato a un milione di individui di trovarsi in condizione di povertà assoluta";
E ancora: "L'intensità della povertà, senza sussidi, nel 2020 sarebbe stata di 10 punti percentuali più elevata, raggiungendo il 28,8%, fronte del 18,7% osservato".
L'altra faccia della medaglia è data dalla continua, spudorata concentrazione della ricchezza nelle mani di un'oligarchia sempre più ristretta di super ricchi che non si è fermata nemmeno durante la fase più acuta della pandemia.
Nei 21 mesi della pandemia intercorsi tra il mese di marzo 2020 e novembre 2021 il numero dei miliardari italiani nella Lista Forbes è
aumentato da 36 a 49. Oggi i 40 miliardari italiani più ricchi posseggono l'equivalente della ricchezza netta del 30% degli italiani più poveri (18 milioni di persone adulte).
Soltanto una grande insorgenza ci salverà!

Maurizio Acerbo, segretario nazionale
Antonello Patta, responsabile lavoro Prc-S.E.

Rifondazione Comunista sará in piazza giorno 10 giugno insieme alla CGIL ed agli operai dello stabilimento Isab/Lukoil di Siracusa per protestare per la nuova tappa di deindustrializzazione della Sicilia e la mancata riconversione industriale dell'Area complessa del petrolchimico. I nodi vengono al pettine: mentre si allungano in Europa i termini dell'embargo del petrolio russo che viene trasportato via mare (fra 8 mesi), gli effetti si fanno sentire subito alla Isab-Lukoil di Siracusa. A rischio sono oltre 3000 posti lavoro perché l'embargo contro la russia non consente di mantenere attiva la raffinazione del greggio oggi, di fatto, 100% di provenienza russa. Dopo avere militarizzato la Sicilia con le basi Nato, trasformandola in una colossale portaerei, l'atlantismo filo USA, dopo il danno, produce la beffa: la perdita di migliaia di posti di lavoro come ringraziamento per il servilismo delle classi dirigenti italiane e siciliane. Infatti, é sostenibile la assenza di una proposta alternativa da parte del Governo Draghi sugli effetti dell'embargo a tutti i costi ? Bisogna aprire con i Ministri competenti un tavolo di crisi perché le scelte di politica estera non si trasformino nel boomerang di politiche punitive nei confronti dei lavoratori e del territorio. Rifondazione comunista, tramite il Gruppo parlamentare di ManifestA, solleciterá il Ministro dell'Economia e del Lavoro a prendere posizione sull'intera vicenda per scongiurare una incontrollabile escalation di politiche depressive sull'economia e per la salvaguardia dei livelli attuali di occupazione e reddito.

Antonello Patta, responsabile nazionale lavoro
Nicola Candido, segretario regionale della Sicilia
Partito della Rifondazione Comunista/Sinistra Europea

Care compagne e cari compagni.

inviamo in allegato comunicato relativo alle iniziative della campagna 'Basta guerra basta carovita' per la giornata del 28 maggio.

Può essere naturalmente rimodulato con l'annuncio delle iniziative che si svolgeranno sul vostro territorio.

Chiediamo la cortesia di segnalarci le iniziative in modo da avere una mappa disponibile. Ricordiamo che tutte le iniziative vanno comunicate anche a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo. per inserire tra gli appuntamenti sul sito (raccomandazione che vale sempre).

Chiediamo di inviare foto via whatsapp al compagno Stefano Galieni da utilizzare sui social.

Buon lavoro!

Fraterni saluti

Maurizio Acerbo, segretario nazionale PRC-SE
Antonello Patta, segreteria nazionale, responsabile Lavoro nazionale PRC-SE

Rifondazione: il 28 maggio iniziative in tutta Italia 'Basta guerra e carovita'
Sabato 28 maggio riparte, con iniziative in tutte le città d’Italia, la campagna del partito della Rifondazione Comunista contro la guerra e il carovita in difesa dei redditi delle lavoratrici, dei lavoratori e dei ceti popolari.
L’invio di armi sempre più potenti e la drammatica intensificazione delle operazioni militari nel teatro ucraino, producono sempre maggiori lutti al popolo ucraino, aumentano i rischi di un prolungamento indefinito nel tempo della guerra, di coinvolgimento di paesi vicini e di ricorso ad armi nucleari.
La guerra parallela, quella delle sanzioni, è inutile al pari dell’invio di armi per fermare il massacro mentre produce effetti disastrosi sulle economie europee facendo crescere ancora di più i prezzi delle materie prime, dei cereali e dell’energia e a cascata di tutti gli altri beni.
Il governo Draghi e la UE rispondono con politiche fiscali e monetarie recessive che sommandosi all’inflazione sempre più alta produrranno chiusure di aziende, disoccupazione, ulteriore perdita del valore d’acquisto dei salari delle lavoratrici e dei lavoratori e dei redditi dei ceti popolari, ampliamento del numero di famiglie ridotte in povertà che non riescono ad arrivare alla fine del mese.
Di fronte a quello che si prefigura come l’ennesimo massacro sociale il governo aumenta le spese militari al 2% del PIL, taglia la spesa sociale e risponde al carovita con un bonus risibile, 200 euro, 17 al mese.
Contro il fariseismo di governi che parlano di pace, ma sostengono la guerra, la nostra campagna richiama la necessità di estendere le lotte per:
fermare la guerra e il riarmo, e chiedere l’avvio immediato di trattative di pace,
il blocco degli aumenti delle bollette, prezzi calmierati sui generi alimentari di prima necessità,
aumenti generalizzati di salari e pensioni e una nuova scala mobile, un salario minimo legale a 10 euro netti all’ora.
È possibile perseguire questi obiettivi con gli extraprofitti delle aziende che lucrano sugli aumenti, l’utilizzo del gettito extra dell’iva prodotto dai rincari, la tassazione delle grandi ricchezze al di sopra di 1 milione di euro, il taglio delle spese militari.

Maurizio Acerbo, segretario nazionale e Antonello Patta, responsabile nazionale lavoro del Partito della Rifondazione Comunista - Sinistra Europea.

A Palermo più di 500 lavoratori e lavoratrici ex Almaviva si battono per salvare il posto di lavoro a rischio a causa di aziende irresponsabili e istituzioni latitanti.
La vicenda di queste lavoratrici e lavoratori mostra come poche altre il volto di un capitalismo disumano che considera i lavoratori mera merce di scarto, da usare e gettare sulla base delle convenienze del momento.
All’origine di tutto c’è Almaviva che gestiva il call center per Alitalia; ad essa è subentrata con una nuova gara la Covisan che insieme all’appalto ha ereditato parte dei dipendenti;
Con la nascita di Ita Airways Covisan ha ricevuto a sua volta il benservito in quanto la società subentrata ad Alitalia ha organizzato un call center interno anche per ricollocare parte degli esuberi dell’ex compagnia di bandiera.
In tutta questa girandola di modifiche societarie e appalti chi paga sono i 500 e più lavoratori e lavoratrici lasciati al momento in cassa integrazione, ma considerati sia da Almaviva che da Covisan esuberi di cui liberarsi.
E di fronte alla latitanza inerte del governo il rischio che dopo aver giocato per anni con la vita delle persone ora vengano semplicemente lasciate senza un lavoro diventa ogni giorno che passa sempre più concreto.

Noi pensiamo che il governo non possa starsene a guardare, ma debba farsi carico del futuro lavorativo di queste persone sia obbligando le aziende ad assumersi le loro responsabilità sia individuando altre soluzioni che esistono. Per esempio, utilizzando i fondi del PNRR per attuare un piano straordinario di assunzioni nel pubblico gravemente impoverito negli organici in tutti i suoi comparti, dai Comuni, alla sanità, alla scuola.

Ma il governo Draghi rifiuta di procedere in questa direzione perché ritiene che le funzioni pubbliche non solo non debbano essere potenziate, ma ridotte come si evince dalla spinta alle privatizzazioni del DDL concorrenza.
Mentre sosteniamo con forza la lotta delle lavoratrici e dei lavoratori di Almaviva e Covisan siamo impegnati per il rilancio e l’unificazione delle lotte sulla base di una piattaforma che abbia al centro un grande piano nazionale per l’occupazione, unica strada per ribaltare le politiche neoliberiste e antipopolari del governo.

Antonello Patta, responsabile nazionale Lavoro
Vincenzo Fumetta, segretario della federazione di Palermo
Partito della Rifondazione Comunista/sinistra Europea

Una buona notizia dall’Europa. In sede di comitato consultivo dell'UE per la sicurezza e la salute sul luogo di lavoro (CCSS), è stato raggiunto un accordo sulla necessità di riconoscere la COVID-19 come malattia professionale nei settori dell'assistenza sociosanitaria e dell'assistenza a domicilio nonché, in un contesto pandemico, nei settori in cui sono maggiori le attività con un rischio accertato di infezione. Non é la prima volta che accade, già la direttiva n. 2019/1833/UE della Commissione del 24 ottobre 2019, aveva indicato l'aggiornamento degli Agenti Biologici (virus) riferibile a patologie da coronavirus, ma il recepimento nella normativa nazionale richiede ben due anni.
Un fatto importante perché su questa base la Commissione aggiornerà la sua raccomandazione sulle malattie professionali al fine di promuovere il riconoscimento della COVID-19 come malattia professionale da parte di tutti gli Stati membri, garantendo ai lavoratori e alle lavoratrici diritti ad oggi negati. è dunque importante che il governo sia impegnato a recepire la direttiva in tempi rapidi, non certo in due anni. Rifondazione Comunista vigilerà su questo adempimento insieme al Gruppo parlamentare Manifesta, così come sugli impegni assunti in sede di approvazione del DL 146/2021 in Legge 215/2021 per l'emanazione dei decreti attuativi finora mancanti al D.lgs. 81/2008, come pure per l'estensione dell'obbligo Inail a tre milioni di lavoratori che ne sono incredibilmente ed incostituzionalmente privati.

Antonello Patta, responsabile nazionale lavoro
Partito della Rifondazione Comunista/Sinistra Europea

di Antonello Patta* -

La commissione europea ha rivisto al ribasso le stime sulla crescita e al rialzo l’andamento dell’inflazione in Europa, come conseguenza della crisi energetica e dell’aumento delle materie prime aggravata dalle strozzature commerciali e di prezzo sulle filiere internazionali, dalla guerra e dalle sanzioni.

Le politiche fiscali e monetarie restrittive che l’Europa sta rilanciando come annunciato da tempo non servono per fermare in via diretta l’inflazione, che deriva dall’offerta di beni importati e non certo dall’eccesso di domanda; al contrario, inducono direttamente e indirettamente ad una riduzione ulteriore degli investimenti e della spesa sociale, rendono più concreta la possibilità che tutta l’economia europea finisca in recessione con gravi conseguenze sulla tenuta del sistema produttivo, aumenterebbero riduzione delle produzioni e chiusure di aziende, e dell’occupazione.
L’Italia è esposta a maggiori rischi perché la situazione di partenza è ancora più grave a causa della contrazione della domanda sia nella componente estera sia sul fronte dei consumi interni a causa dei bassi salari, dell’alto tasso di disoccupazione e del crollo degli indici di fiducia delle famiglie.

Il governo ha continuato a fare previsioni sulla crescita dell’economia nel 2022 troppo ottimistiche: già col Def di aprile aveva dovuto rivedere le previsioni programmatiche contenute nella Nadef di settembre riducendo le stime della crescita dal 4,7% al 3,1%, ora è costretto a prendere atto dell’ulteriore riduzione al 2,4% che arriva dalla Ue che tra l’altro rivede al ribasso anche il dato del 2023; lo stesso avviene sul debito sul quale la UE E purtroppo non è la UE ad essere pessimista, anzi i principali previsori internazionali danno stime peggiori.

Aggiungiamo che questo è lo scenario migliore dei tre analizzati in sede europea; Il peggiore, che avrebbe effetti molto più negativi, si verificherebbe nel caso in cui l’Italia, il secondo paese importatore di gas russo, subisse interruzioni delle forniture, cosa non esclusa se si continua a sostenere la linea Usa dell’escalation della guerra e l’espansionismo della Nato. La recessione secondo l’UE sarebbe assicurata: il tasso di crescita per il 2022 avrebbe il segno meno bruciando anche il margine di crescita già acquisito come trascinamento della crescita del 2021, l’inflazione aumenterebbe di altri tre punti.

A un risultato simile si potrebbe comunque arrivare in caso di prolungamento della guerra fino al prossimo inverno con una nuova tornata di aumenti delle materie prime energetiche e non cui concorrono molteplici fattori.
La cosa che colpisce di più è che tutto ciò avviene al tempo del PNRR, con una quantità di risorse straordinarie grazie alle quali, si era detto, si sarebbe riusciti a tirar fuori l’Italia da un trentennio di stagnazione quasi ininterrotta con calo degli investimenti, spread inflazionistico e differenziali di crescita a due cifre rispetto agli altri paesi europei.

Non andrà così per le conseguenze dei fattori di crisi, accentuati dalle scellerate scelte guerrafondaie dei governi europei che nell’immediato stanno azzerando il potenziale delle risorse messe in gioco; non andrà così perché le risorse, scarse, sono erogate alle imprese a pioggia senza una programmazione pubblica, l’unica in grado di mettere mano alla riorganizzazione complessiva dell’apparato produttivo oggi indispensabile per stare con un qualche ruolo nel mercato europeo delle produzioni e dei capitali, mentre si tagliano le spese per l’welfare e prosegue la politica delle privatizzazioni.

Molto dipende anche dall’ispirazione ferreamente neoliberista di Draghi e del suo governo che, nonostante sia stato del tutto evidente come il forte rimbalzo del 2021 sia derivato dall’aumento significativo della spesa pubblica (vedi il boom dell’edilizia legata alla discutibile iniziativa del superbonus), ha proceduto già in corso d’anno a tagliare oltre misura il deficit, e la spesa, per rientrare a tappe accelerate nei parametri dei vincoli europei riaffermati a marzo da tutti gli organismi comunitari.
Da una lettura più attenta dei numeri forniti dalla UE arriva un’altra pessima notizia: il ritorno del Pil ai livelli del 2019, già non eccellenti, non avverrà entro la metà del 2021 come ipotizzato dal governo, ma nella seconda metà del 2023.

A tingere a tinte ancor più fosche la fotografia della situazione economica del nostro paese arriva il confronto tra la crescita dell’Italia e quella dell’Eurozona che rispetto al 2019 cresce due volte e mezzo più dell’Italia, il paese che, come si diceva, più di tutti ha utilizzato le risorse del Next Generation EU!
Continua quindi drammaticamente, nonostante la momentanea sospensione del patto di stabilità durante il covid e i fondi del NGEU, il processo di divergenza dell’economia italiana rispetto ai paesi dell’Europa centrale: continuano ad aumentare le disuguaglianze economiche tra le nazioni, le disuguaglianze sociali anche all’interno dei singoli paesi e nel nostro caso tra il sud e il nord del paese.

Prosegue il trend, visto tra il 2002 e il 2018 quando il divario tra gli investimenti pubblici e privati in Italia rispetto ai paesi europei avanzati crebbe del 28% mentre la quota dell’Italia sul pil europeo si riduceva di 4 punti. Col risultato che a fine 2019 il pil nazionale era ancora sotto il livello del 2007; oggi come allora continuano ad aumentare i divari salariale, occupazionale e quello degli indici di protezione del lavoro.
Non possono che essere queste le conseguenze di un’architettura europea della totale libertà dei movimenti di capitale, della deregolamentazione della finanza, dei rigidi vincoli fiscali, delle restrizioni alle politiche pubbliche su un paese come l’Italia caratterizzato da debolezze strutturali nelle produzioni e nell’economia frutto della frammentazione dell’apparato produttivo e della disgregazione degli assetti proprietari perseguiti nella stagione delle privatizzazioni e del piccolo è bello.

In queste condizioni strutturali continuando a lasciare l’economia italiana nelle mani del mercato e delle imprese senza guida pubblica prevarranno i poteri economici e finanziari ben più attrezzati a scala europea e il destino dell’Italia continuerà ad essere quello progressivamente più subordinato, terreno di conquista nella forte ripresa della centralizzazione dei capitali a guida franco tedesca

Il capitalismo italiano continuerà, in assenza di lotte sociali, a registrare la complice convivenza tra quella parte (piccolo e medio capitale) che sopravvive grazie a bassi salari, lavoro precario, mancanza di innovazione e ricerca e quelle frange del capitale industriale e finanziario che, con poche eccezioni, hanno rinunciato ad aggregazioni su scala nazionale, magari in un intreccio col pubblico e cercano di accomodarsi nelle holding dei grandi padroni francesi e tedeschi.

Permanendo queste condizioni, non si fa fatica ad accettare le previsioni dei principali organismi economici mondiali che danno un progressivo arretramento dell’economia italiana nei prossimi anni in riferimento a tutti gli indici economici e sociali.
Le risposte che sarebbero necessarie rimandano tutte a una forte ripresa del ruolo pubblico in Italia e a una riscrittura dei trattati europei, che non si potranno avere se non in presenza di un nuovo grande ciclo di lotte che rimettano al centro il conflitto capitale e lavoro e la necessità di un modello economico e sociale che abbia al centro il lavoro, le persone e l’ambiente e non i profitti.

*Resp nazionale lavoro, Partito della Rifondazione Comunista – Sinistra Europea

Rifondazione Comunista aderisce e partecipa allo sciopero generale proclamato unitariamente da quasi tutti i sindacati base “contro la guerra, l’economia di guerra e il governo della guerra”; per dire no all’invio delle armi in Ucraina e all’aumento delle spese militari; per chiedere l’aumento delle spese sociali e dei salari, il ripristino della scala mobile e un reddito di base per tutte e tutti.

L’invio massiccio di armi sempre più potenti sta determinando una drammatica intensificazione delle operazioni militari in Ucraina, aumenta i rischi di coinvolgimento di paesi vicini, di un prolungamento indefinito della guerra, di ricorso ad armi nucleari.
L’espansionismo della Nato e l’aumento delle spese militari a discapito di quelle sociali è benzina sul fuoco del conflitto in Ucraina, produce instabilità nelle relazioni politiche ed economiche mondiali già messe a dura prova avvicina il mondo al baratro di una terza guerra mondiale.
La guerra parallela, quella delle sanzioni è inutile al pari dell’invio di armi per fermare il massacro, ma produce effetti disastrosi sulle economie europee a causa dei rincari di energia e materie prime. Le conseguenze sui ceti popolari in Italia saranno ancora più drammatiche per la combinazione di inflazione sempre più alta e politiche fiscali e monetarie recessive che produrranno disoccupazione, ulteriore perdita del valore d’acquisto dei salari delle lavoratrici e dei lavoratori e dei redditi dei ceti popolari.
Il governo Draghi infatti, mentre aumenta le spese militari taglia i fondi per la sanità e i servizi sociali, ha già avviato il rientro accelerato nei parametri europei e annuncia un’altra stagione di tagli che produrranno un ulteriore riduzione dei consumi e nuove spinte recessive sull’economia.
Nel frattempo in coerenza con la sua ispirazione neoliberista elargisce ai lavoratori la cifra ridicola di 200 euro una tantum mentre tocca appena gli extraprofitti delle aziende che lucrano sugli aumenti, non utilizza il gettito extra dell’iva prodotto dai rincari, continua a non tassare le grandi ricchezze; non interviene con una norma per bloccare aumenti di bollette e carburanti per salvaguardare chi specula.
Partecipiamo convintamente allo sciopero dei sindacati di base perché condividiamo i contenuti della piattaforma, perché oggi c’è bisogno di rilanciare le lotte e perché consideriamo questo un momento di un più ampio percorso di unificazione di tutti i soggetti che si oppongono alle politiche neoliberiste in un unico grande movimento per il cambiamento.
Auspichiamo che anche la CGIL decida iniziative forti come lo sciopero generale su una piattaforma di pace e giustizia sociale.
Rifondazione Comunista sarà in piazza per dire “basta guerra, no a Putin e no alla Nato” e per chiedere il blocco degli aumenti delle bollette, prezzi calmierati sui generi alimentari di prima necessità, aumenti generalizzati di salari e pensioni, una nuova scala mobile, un salario minimo legale a 10 euro netti all’ora.

Maurizio Acerbo, segretario nazionale e Antonello Patta, responsabile nazionale lavoro
Partito della Rifondazione Comunista/Sinistra Europea

Care, cari,
vi inviamo, in allegato, il testo del comunicato stampa sullo sciopero dei sindacati di base del 20 maggio che invieremo domani mattina alle testate nazionali, in modo che voi possiate fare altrettanto con le testate locali e possiate riprodurlo nel numero di copie che servono per distribuirlo durante le manifestazioni previste in diverse città d'italia.

Fraterni saluti

Maurizio Acerbo, segretario nazionale PRC-SE
Antonello Patta, segreteria nazionale, responsabile Lavoro nazionale PRC-SE

Domani, primo maggio, sarebbe il giorno della Festa del Lavoro, ma per i lavoratori italiani c’è poco da festeggiare e molto per cui stare incazzati.
Non sono sufficienti altre parole per esprimere i sentimenti che suscita la sequenza dei dati che arrivano dal Censis e dall’Istat sulle retribuzioni delle lavoratrici e dei lavoratori e sull’aumento delle disuguaglianze.
Tra il 2010 e il 2020 le retribuzioni lorde sono diminuite dell’8,3% reale, peggio di noi solo la Grecia e la Spagna.
E’ confermata la condizione di inferiorità retributiva dei giovani che a 29 anni, l’età in cui servirebbero risorse per rendersi indipendenti o metter su famiglia, guadagnano il 40% in meno degli over 55; ancor più grave il gap di genere perché penalizza le donne in quanto tali indipendentemente dalle fasce d’età: guadagnano il 37% in meno degli uomini;
Il raffronto tra assunti a tempo determinato e indeterminato, i primi guadagnano il 32% meno dei secondi, spiega la corsa delle aziende ad aumentare la precarietà sostituendo lavoratori stabili a tempo pieno con posti precari.
il panorama delle disuguaglianze in un quadro di bassi salari generale viene concluso con la differenza di condizioni tra il nord e il sud del paese con un differenziale del 28% a danno delle lavoratrici e dei lavoratori del meridione d’Italia.
Non siamo sorpresi. Sono 40 anni che va avanti l’attacco ai salari; solo nel decennio precedente la perdita del potere d’acquisto è stata perfino più consistente arrivando a quasi 6 mila euro in meno per dipendente.
Ora sui loro redditi bassissimi, già colpiti dai recenti aumenti di bollette e costo della vita si vogliono scaricare i costi crescenti della guerra e delle sanzioni.
Lo conferma di nuovo puntualmente l’Istat prevedendo che “seguendo i meccanismi degli incrementi contrattuali seguiti fin qui la perdita di potere d’acquisto nel 2022 sarebbe di un altro 5%.”
Lo diciamo da tempo: occorre cambiare registro e rilanciare le lotte
La giornata del Primo Maggio deve segnare l’inizio di una nuova grande stagione di lotte che coinvolga tutto il mondo del lavoro e tutti i soggetti che pagano i costi delle crisi del capitalismo e della guerra per ribaltare le politiche neoliberiste e avviare il cambiamento.

Contro il governo della guerra e del carovita sciopero generale!

Antonello Patta, responsabile nazionale lavoro
Partito della Rifondazione Comunista/sinistra Europea

Care compagne, cari compagni,

Il primo maggio cade in una fase politica, economica e sociale molto difficile per il mondo del lavoro e i ceti popolari del nostro paese.
L’escalation della guerra in Ucraina e la guerra delle sanzioni stanno producendo effetti drammatici sulle economie e soprattutto sui ceti popolari già duramente colpiti dalla gestione della pandemia e dagli aumenti dei prezzi prodotti dalla crisi della globalizzazione.
E’ esplicita la volontà delle classi dominanti di scaricare i costi crescenti sui salari, le pensioni e i redditi bassi rifiutando di bloccare le bollette, di calmierare i prezzi, di aumentare i salari e di introdurre meccanismi di indicizzazione che proteggano dall’inflazione.
Al contrario prevale da parte del governo la scelta di proseguire e intensificare le spinte neoliberiste attuando politiche di bilancio restrittive e accorciando i tempi di rientro nei vincoli di bilancio come richiesto con forza da tutti gli organismi della governance europea; con la conseguenza che non ci sarà nulla per l’occupazione, per il pubblico (scuola e sanità), per una vera riconversione ecologica guidata dal pubblico.
E necessario l’impegno di tutto il partito per determinare le condizioni per la ripresa di un grande ciclo di lotte unificando soggetti sociali, sindacali e politici contro il neoliberismo, la guerra e l’economia di guerra.
Per questo invitiamo tutte e tutti a distribuire il volantino allegato in tutte le mobilitazioni del primo maggio.

In allegato il volantino.

Fraterni saluti

Maurizio Acerbo, Segretario nazionale Prc-Se
Antonello Patta, Segreteria nazionale, responsabile Lavoro nazionale Prc-Se
Ezio Locatelli, Segreteria nazionale, Responsabile Organizzazione Prc-Se

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