Non abbiamo ancora superato lo sconcerto, la rabbia e il dolore per i 5 lavoratori morti nel cantiere Esselunga di Firenze che arriva un’altra mazzata: un altro operaio è morto, schiacciato da una macchina di cui faceva la manutenzione, anche lui alle dipendenze di una ditta in appalto, questa volta nello stabilimento Stellantis di Pratola Serra.
Non bastano più le parole per dire lo sdegno per questo stillicidio quotidiano di vite stroncate di cui portano la responsabilità morale questo e i governi che l’hanno preceduto per l’illegalità che lasciano colpevolmente operare; per esprimere la riprovazione per il sacrificio di tante vite, fratelli, sorelle, padri e madri immolate giorno dopo giorno, anno dopo anno, al moloch del profitto.
Sentiamo come un peso l’inutilità delle sole parole, sarebbe da tempo il momento di una lotta vera, una vertenza che non si fermi finché non si ottengono finalmente risultati veri.
Ne scriviamo perché il silenzio fa il gioco di chi punta da sempre a far passare quelli che in moltissimi casi sono dei veri e propri omicidi come delle tragiche fatalità senza responsabili di fronte a cui non si può far nulla e quindi, a far prevalere la rassegnazione e l’assuefazione.
Bisogna allora resistere e non stancarsi di denunciare, ma occorre soprattutto impegnarsi per costruire la mobilitazione più ampia possibile e in grado di continuare nel tempo non fermandosi alla protesta per il caso del giorno; una lotta sia per l’applicazione delle leggi potenziando i controlli oggi sotto il minimo necessario e per il loro miglioramento affiancata da una battaglia culturale che sollevi nel paese una rivolta diffusa contro tutte le illegalità che mettono a rischio la sicurezza, la salute e la vita di chi lavora per vivere.

Antonello Patta, responsabile nazionale lavoro
Partito della Rifondazione Comunista/Sinistra Europea

Altri 5 morti nel cantiere della Esselunga di Firenze che si aggiungono alla tragica sequenza di morti sul lavoro che normalmente sono liquidati come incidenti, fatalità senza responsabili e che non valgono più di un trafiletto di un giorno sulla stampa, spesso solo locale.

Questa volta no, la tattica del silenzio non funziona, la cosa è troppo grossa; allora ecco in scena l’ipocrito balletto del cordoglio sui tutti i media e il presenzialismo farisaico di esponenti di governo che insieme a quelli che li hanno preceduti portano la responsabilità morale di queste come degli oltre mille morti all’anno, più di 20 mila dal 2009, che funestano la classe operaia del Paese e gettano nella disperazione i familiari cui spesso viene a mancare l’unico sostegno per vivere.

E anche questa volta il rumore mediatico copre promesse già del tutto insufficienti che come al solito tenderanno a sfumare lasciando inalterata la situazione attuale che vede un infinita sequela di comportamenti illegali messi in atto da moltissime aziende per aumentare la produzione mettendo a rischio l’incolumità delle lavoratrici e dei lavoratori: mancanza di misure e dispositivi di protezione, mansioni svolte con organici inadeguati, aumento insostenibile dei ritmi, lavoro nero e grigio(come in questa strage), mancanza di formazione sulle norme di sicurezza.

C’è una complicità di questo come dei precedenti governi nel non applicare le leggi esistenti aggravata da un’attività continua per ridurre ulteriormente i vincoli e le penali alle imprese che non rispettano le norme sulla prevenzione e la tutela in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro.

Non è un caso che di fronte a tassi di irregolarità del 75% i controlli sono così limitati da rendere conveniente per le imprese risparmiare sui costi relativi: c’è la quasi certezza dell’impunità!

Sono anni che indichiamo le misure necessarie:
la ricostruzione dei sistemi di prevenzione e controllo assumendo almeno 10 mila ispettori; l’inasprimento delle sanzioni penali a carico del datore di lavoro e dei dirigenti per il mancato adempimento degli obblighi relativi alla tutela della salute e sicurezza dei lavoratori; l’istituzione di una apposita Procura Nazionale sulla salute e sicurezza sul lavoro; l’introduzione nel codice penale del reato di omicidio sul lavoro; il ripristino del testo originale del D.lgs. 81/08, eliminando le modifiche peggiorative per la salute e la sicurezza dei lavoratori introdotte dalle successive modifiche (D. Lgs.106/09, Decreto del fare, Decreto semplificazioni, Decreti attuativi del Jobs Act.
Ma sappiamo che di fronte al governo del “lasciar fare alle imprese” non bastano le pur giuste proteste di un giorno, occorre una mobilitazione ampia e di lungo respiro che impedisca il riprecipitare del paese nell’assuefazione tra una tragedia e l’altra e a questo siamo impegnati.

Antonello Patta, responsabile nazionale lavoro
Partito del Rifondazione Comunista/Sinistra Europea

Prosegue senza sosta l’iniziativa del governo Meloni per favorire l’estensione del lavoro precario. È della leghista Tiziana Nisini la manina che ha colto l’occasione del decreto milleproroghe per far approvare un emendamento che rinvia dal 30 aprile al 31 dicembre la data entro cui poter rinnovare contratti a termine col semplice accordo individuale tra impresa e dipendente, possibilità tutta a vantaggio dell’impresa introdotta da questo governo nel famigerato decreto lavoro del maggio 2023.

E dice tutto della natura filo padronale di questa maggioranza la motivazione addotta dalla leghista: lo chiedono le imprese che sarebbero in difficoltà in quanto i contratti collettivi sono in fase di rinnovo.

Infatti in virtù di una misura “temporanea” introdotta dal governo Draghi durante il covid e poi resa definitiva da questo governo i contratti collettivi possono definire ulteriori motivazioni per il rinnovo dei contratti a termine oltre i 12 mesi

Uno schiaffo doppio ai lavoratori e alle lavoratrici: una nuova spinta all’aumento della precarietà e un incentivo alle aziende a non rinnovare i contratti di lavoro potendo utilizzare comunque lavoro precario.

Sono infatti ben 6, 5 milioni i lavoratori che attendono da anni il rinnovo dei contratti per recuperare in parte la perdita di potere d’acquisto generata dall’inflazione e, guarda caso, la gran parte di questi contratti riguarda proprio settori dove il ricorso alla precarietà è più massiccio.

Di fronte a tanto disprezzo per la dignità di chi lavora non è più possibile rinviare la lotta contro questa piaga che rovina la vita delle persone e il futuro delle nuove generazioni.
In Italia la precarietà ufficiale colpisce 3 milioni di lavoratrici e lavoratori, l’osservatorio dell’Inps sul precariato ci ha informato che nei primi 11 mesi del 2023 le attivazioni di contratti di lavoro di tipo precario sono state più dell’80% del totale. E’ ora di dire basta!

Antonello Patta
Partito della rifondazione Comunista/Sinistra Europea

“Facciamo come gli agricoltori” l’indicazione di lotta nasce spontanea dai lavoratori di Mirafiori in sciopero e corteo interno dopo una partecipatissima assemblea indetta dalla Fiom.

La rabbia dei lavoratori è esplosa di fronte all’ennesimo annuncio di messa in cassa integrazione, questa volta fino al 30 marzo, per 2260 lavoratori delle linee della 500 elettrica e della Maserati, che segue l’intervista nella quale Tavares, l’amministratore delegato della multinazionale, dichiarava a rischio il futuro degli stabilimenti di Mirafiori e
Pomigliano. “la fabbrica si sta spegnendo- denuncia la Fiom- dal 2027 non ci saranno più modelli”

E’ la cronaca di una fine annunciata da 17 anni di cassa integrazione, dal calo degli occupati da 20 a 12 mila lavoratori, dall’uscita, solo negli ultimi anni di 1500 tecnici e ingegneri.

Poco rassicurano le parole di Jhon Elkan ultimo rampollo della dinastia Agnelli, primi responsabili dei disastri del gruppo e del trasferimento del comando dell’azienda in un Paese, la Francia, il cui governo, azionista della società, diversamente dal nostro, tutela le produzioni nazionali.

Si faccia la stessa cosa anche in Italia : per tutelare il futuro delle produzioni è necessario l’ingresso dello Stato nella società; nell’immediato si mandi un segnale forte contro bloccando la destinazione d’uso delle aree.

Invece, al di là degli incentivi che da soli sono acqua fresca, è gravissima l’ assenza di qualsiasi piano d’intervento del governo dei sovranisti nostrani che mentre vantano essere l’Italia la seconda manifattura d’Europa l’abbandonano a un declino inesorabile.

Lo diciamo da tempo, vale per Stellantis come per l’Ilva, come per le tante aziende in crisi abbandonate al proprio destino, come per tutto il mondo del lavoro colpito da bassi salari, precarietà e perdita di tutele e diritti: l’unica strada è un nuovo grande ciclo di lotte che porti fuori dalle fabbriche nelle strade, nelle piazze e nelle sedi istituzionali preposte la difesa dei diritti, della buona occupazione e del tessuto produttivo del Paese.

Facciamo come gli agricoltori!

Antonello Patta, responsabile nazionale lavoro
Partito della Rifondazione Comunista/Sinistra Europea.

Carlos Tavares, l’amministratore delegato di Stellantis minaccia neanche tanto velatamente di continuare sulla strada del progressivo smantellamento degli stabilimenti italiani già gravemente messi in crisi dalla riduzione delle produzioni e delle maestranze spinte all’uscita, dall’assenza di prospettive e dagli incentivi, uso massiccio della cassa integrazione, mancanza di certezze sul piano industriale e sui modelli.
Col ricatto occupazionale e produttivo, la paventata chiusura di Mirafiori e Pomigliano, l’ad pretende un aumento delle risorse pubbliche per incentivi all’acquisto, senza impegni veri sul futuro del gruppo in Italia. Ancora una volta si scaricano sullo Stato le responsabilità dei disastrosi ritardi dell’industria dell’auto europea e italiana in particolare rispetto all’emergenza climatica e la crisi di un capitalismo che in tutta Europa per sopravvivere gioca sulla competizione tra gli Stati che il neoliberismo imperante ha ridotto a “camerieri del re”.
Come commentare altrimenti le fanfaronate di un ministro che si dice disposto a entrare nel capitale di Stellantis mentre il suo governo dichiara di mettere soldi pubblici nell’Ilva per riconsegnarla al più presto possibile ai privati; quando per raccattare 20 miliardi vengono svendute quote di aziende strategiche perfino sul piano della sicurezza nazionale.
La sudditanza alla religione del mercato è tale che ci si rifiuta di comprendere come gli incentivi, senza un forte ruolo dello stato nella gestione e nelle politiche industriali, non determinano risultati in termini produttivi e occupazionali.
Oltretutto è noto che gli incentivi finiscono per l’80% in auto non prodotte in Italia.
Basta solo soldi a pioggia. Si investano le risorse necessarie per entrare nel capitale di Stellantis, come ha fatto il governo francese, unica strada per fermare la fuga delle produzioni all’estero e salvare un settore strategico per l’industria nazionale.

Antonello Patta, responsabile nazionale lavoro
Partito della Rifondazione Comunista/Sinistra Europea

Care, cari,

come vedete nella convocazione riportata di seguito il dipartimento Lavoro è convocato per lunedì 5 febbraio alle ore 19.

Vi chiediamo di informare tutt* i/le Compagn* che seguono il lavoro. Poiché, come scritto nell'ordine del giorno, discuteremo della "lotta"

degli agricoltori in tutta Europa, vi chiediamo in particolare di sollecitare la partecipazione di compagn* del settore o che sono interessati/e e o competenti in materia.

Convocazione riunione:

Care, cari,

la riunione del dipartimento Lavoro è indetta per lunedì 5 febbraio alle ore 19 con il seguente odg:

1. punto sul salario minimo dopo l'assegnazione della nostra proposta di legge alla X commissione del senato;

2. presentazione e discussione sui 3 Seminari in preparazione;

3. valutazioni sulla "rivolta" degli agricoltori in tutta Europa.

Visto quest'ultimo punto vi chiediamo di invitare compagne/i che operano o hanno specifiche competenze nel settore.

Di seguito, vi inviamo il link per il collegamento alla riunione:

- Argomento: DIPARTIMENTO NAZIONALE LAVORO PRC-SE
- Data/Ora: 5 febbraio 2024 ore 19:00
- Entra Zoom Riunione https://us02web.zoom.us/j/84639868867
- ID riunione: 846 3986 8867

Cari saluti e grazie per la collaborazione

Antonello Patta
Segreteria nazionale, responsabile Lavoro Prc-Se

L’inflazione cumulata tra il 2021 e il 2023 ha ridotto pesantemente il potere d’acquisto dei salari obbligando le famiglie a rinunce e privazioni nell’acquisto di beni necessari. E si badi bene parliamo di un danno economico che resterà negli anni anche nel caso assai improbabile che l’inflazione tornasse a zero. Una situazione gravissima confermata perfino da Odm consulting, una società al servizio delle imprese, secondo cui l’inflazione media cumulata in tre anni ammonterebbe al 16,7% a fronte di una crescita media delle retribuzioni del 10%.
Una fotografia resa ancor più drammatica per gli oltre 5 milioni di lavoratrici e lavoratori che di aumenti salariali non ne hanno visto perché hanno i contratti scaduti da anni e ancor più per altri milioni di lavoratrici e lavoratori che un contratto vero se lo sognano.
Si tratta oltretutto di un’ampia porzione del mondo del lavoro con stipendi bassi e bassissimi, spesso sotto la soglia di povertà relativa, su cui l’inflazione colpisce molto di più di quanto non dicano le statistiche perché la gran parte del salario, se non tutto, se ne va per coprire il carrello della spesa fatto di prodotti di consumo, specie alimentari sui quali l’inflazione reale è ben oltre quella media dichiarata arrivando fino a dieci punti in più.
Applicare la Costituzione e approvare la proposta di legge di iniziativa popolare per un salario minimo di 10 euro agganciato automaticamente all’inflazione depositata da Unione Popolare in Senato è una scelta doverosa.
Siamo impegnati a costruire la più ampia e unitaria mobilitazione sociale a sostegno della nostra proposta di legge e invitiamo tutte le forze politiche presenti in Parlamento che credono davvero in questa misura di civiltà a battersi per la sua rapida messa in discussione e approvazione.

Antonello Patta, responsabile nazionale lavoro
Partito della Rifondazione Comunista/Sinistra Europea

Ex Ilva , è finito con una rottura l’incontro tra il governo e il colosso indiano Arcelor Mittal che non ha accettato di investire nella società nemmeno come socio di minoranza.
Una fine annunciata. Anni di gestione disastrosa, chiusura di impianti e produzione ai minimi termini, mancati investimenti nella manutenzione e nella decarbonizzazione, ricorso massiccio alla cassa integrazione avevano reso chiari da tempo i veri obiettivi del gruppo indiano: portare allo sfinimento l’ex Ilva, il più grande polo siderurgico europeo, per eliminare un pericoloso concorrente nel mercato mondiale dell’acciaio.
Ma questo non sarebbe stato possibile senza la gestione dilettantesca e irresponsabile dei governi che fino all’ultimo col governo Meloni, pur di non fare la scelta della gestione pubblica, hanno fatto regali a perdere alla multinazionale mentre questa procedeva con la distruzione dell’azienda.
Ora si passa a una gestione commissariale nel momento in cui incombono necessità di cassa solo per mantenere in funzione gli impianti e occorrono investimenti importanti per rimettere in sesto l’azienda.
Non c’è più tempo e non ci sono più scuse; il governo arrivi all’incontro con i sindacati previsto per giovedì confermando la scelta della gestione pubblica e soprattutto con un piano serio che garantisca subito la continuità produttiva a rischio e il rilancio dell’azienda, strategica per il territorio e per il paese, coniugando salvaguardia del lavoro, decarbonizzazione e risanamento ambientale.

Antonello Patta, responsabile nazionale lavoro
Partito della Rifondazione Comunista/Sinistra Europea

Care compagne, cari compagni,

Cogliendo l’occasione per ringraziare di nuovo tutte e tutti le/i nostre/i iscritte/i per l’impegno profuso, vi inviamo le tabelle con il resoconto della raccolta firme per il salario minimo dettagliato per regione e federazione.
Come vedete, i dati restituiscono un quadro che si presta a molti ragionamenti, ma rinviamo le valutazioni ad altri momenti.
Ringraziamo anche le compagne e i compagni dell’organizzazione e le/i volontarie/i che nella sede nazionale, pur tra molte difficoltà, hanno fatto uno splendido lavoro che ha permesso di organizzare e verificare con competenza le firme raccolte e predisporre la consegna al Senato nei tempi stabiliti.
Un lavoro di grande qualità riscontrabile nel puntuale resoconto che vi inviamo.

Note per la lettura dei dati delle tabelle:

1) Nella prima colonna dei dati è indicato il numero dei moduli consegnati;
2) nella seconda quelli delle firme autenticate seppure non certificate o con vizi formali;
3)nella terza trovate le firme consegnate, quindi corrette da tutti i punti di vista;
4) nella quarta quelle che pur autenticate e certificate non sono state consegnate per motivi indicati nelle note nella settima colonna;
5) nella quinta quelle consegnate da Rifondazione. Non siamo in grado di dire quante raccolte solo dal nostro partito, quante da Up o come Up;
6) nella sesta quelle raccolte da Pap e da Usb.

Cari saluti

Antonello Patta
Segreteria nazionale, responsabile Lavoro Prc-Se

Firme Salario minimo

La vera emergenza italiana sono i bassi salari; nel nostro paese, unico in Europa, i salari reali sono fermi dal 1991 mentre nei paesi Ocse sono cresciuti in media del 32, 5%.
Sono dati contenuti nel rapporto Inapp del 2023 che confermano quanto già attestato dall’Ocse lo scorso anno.
E’ impressionante e vergognoso l’arretramento dei salari italiani nella graduatoria dell’area Ocse: in 30 anni l’Italia scivola dal nono posto del 1992, quando si collocava sopra la media, al ventiduesimo del 2022.
Con un crollo accentuato nell’anno del covid e proseguito con l’inflazione da profitti che ha ulteriormente impoverito le lavoratrici e i lavoratori riducendo il potere d’acquisto del 20% circa.
E’ il risultato della lotta di classe contro il lavoro condotta per decenni da governi e imprese che ha prodotto una crescita continua della quota dei profitti sul Pil ai danni dei salari, mentre la produttività, pur arretrando rispetto agli altri paesi europei , è aumentata più delle retribuzioni.
Tra Le cause dell’emergenza salariale individuate dal rapporto: la crescente incapacità della contrattazione collettiva nazionale di tutelare il lavoro anche a causa dell’aggancio all’Ipca depurato dai prezzi dell’energia, la totale inadeguatezza di quella di secondo livello nonostante gli incentivi erogati dai governi per sostenerla e i lunghi periodi senza rinnovi dei contratti.
E’ lo stesso rapporto a indicare alcune delle soluzioni che sosteniamo da tempo: aumento di almeno il 5% della quota dei salari sul pil, rilancio del contratto nazionale e introduzione del salario minimo legale.
Ecco un’ ulteriore motivazione, ammesso ce ne fosse bisogno, per spingere le forze politiche presenti in Parlamento a sostenere con forza la proposta di legge per l’introduzione del salario minimo legale a 10 euro l’ora agganciato automaticamente all’inflazione consegnata al Senato da Unione popolare.
Chiediamo loro di cogliere questa opportunità per rilanciare questa battaglia di civiltà dopo l’ignobile colpo di mano con cui il governo ha cancellato la loro proposta.
Nel contempo siamo impegnati a sostenere questa lotta con le mobilitazioni nel paese, e invitiamo tutte le forze politiche, sociali e sindacali a fare altrettanto.

Antonello Patta, responsabile nazionale lavoro
Partito della Rifondazione Comunista/Sinistra Europea

Rifondazione Comunista denuncia il nuovo attacco al diritto di sciopero da parte del ministro Salvini che con un'ordinanza immotivata ha ridotto a quattro ore lo sciopero di 24 ore del trasporto pubblico locale indetto per venerdì 15 dicembre dai sindacati di base. La decisione del ministro è un atto assolutamente arbitrario visto che la competente Commissione di garanzia non aveva posto problemi allo svolgimento dello sciopero.
L'esibizionismo autoritario di Salvini è un atto di intimidazione verso lavoratrici e lavoratori che segue alla precettazione in occasione dello sciopero di CGIL e Uil.
Questo governo sta portando avanti un attacco esplicito al diritto di sciopero sancito dalla Costituzione nata dalla Resistenza.
L'Unione Sindacale di Base (USB) ha annunciato di voler disobbedire all’ordinanza di Salvini, confermando lo sciopero per l’intera giornata e annunciando un ricorso al TAR e altre azioni legali. Si tratta di una scelta coraggiosa perché la violazione dell'ordinanza prevede sanzioni fino a 1000 euro per scioperanti e ancor più pesanti per le organizzazioni sindacali promotrici da 2.500 a 50.000 euro.

Rifondazione Comunista sostiene la scelta dell'USB e aupica la costruzione di un ampio fronte sindacale e democratico contro l'attacco al diritto di sciopero sancito dalla Costituzione. C'è bisogno di una risposta forte alla protervia della destra fascioleghista che da un lato assume misure antipopolari che colpiscono i redditi, i diritti e i servizi pubblici e dall’altro reprime le lotte per cancellare le voci che smascherano quelle politiche.

Maurizio Acerbo, segretario nazionale, Antonello Patta, responsabile nazionale lavoro
Partito della rifondazione Comunista/Sinistra Europea

Accolta da un presidio dei familiari delle vittime prende il via questa mattina la prima delle tre sedute della Cassazione bis sulla strage di Viareggio nella quale persero la vita 32 persone per l’esplosione e il deragliamento di un treno.
Son passati quattordici anni dal quel tragico 29 giugno e le sofferenze dei parenti delle vittime non hanno ancora avuto nemmeno il ristoro di una giustizia giusta e I responsabili, i colpevoli, i condannati in 4 gradi di giudizio vergognosamente si appellano alla Costituzione per usufruire della prescrizione.

Gran parte dei reati, come quelli di incendio e lesioni colpose gravi e gravissime, sono stati cancellati dalla prescrizione mentre gli omicidi colposi sono stati annullati dalla sentenza della cassazione che ha escluso l’aggravante della violazione delle norme sulla sicurezza nel lavoro.

Fra due giorni, il 6 dicembre ricorrerà l’anniversario della strage della Thyssenkrupp di Torino quando un incendio arse vivi sette operai e ancora oggi i colpevoli sono rimasti impuniti, in libertà in Germania, mentre i familiari lottano per avere giustizia.
Non è affatto strana la concomitanza di questi due eventi a pochi giorni dalla morte di due lavoratori nel drammatico scontro scontro tra un treno e un camion in Calabria in un paese in cui le morti sul lavoro fanno ormai parte di una tragica quotidianità.

Al 30 novembre sono stati 919 i morti sul lavoro del 2023 senza contare i decessi per malattie professionali, più di 80 al mese, quasi 3 al giorno e il numero degli infortuni, circa 500 mila, continua ad essere drammaticamente elevato.

La derubricazione a fatali incidenti e l’assuefazione sono gli ingredienti su cui contano i governi per impedire i controlli sull’ applicazione delle norme esistenti e continuare a ridurre sempre più i vincoli e le penali per le imprese che non rispettano le norme sulla prevenzione e la tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro.
Per questi motivi, e per i potentissimi studi legali di cui impresari senza scrupoli possono avvalersi, molte morti sul lavoro, spesso veri e propri omicidi, restano impunite a causa di rinvii continui che portano alla prescrizione o per condanne che raramente portano agli arresti.
Come Rifondazione Comunista esprimiamo la nostra vicinanza alle famiglie delle vittime auspicando che le sedute della cassazione sulla strage di Viareggio non si concludano con altri rinvii o, come temiamo, con la condanna a pene totalmente inadeguate; rinnoviamo il nostro impegno rilanciando la lotta per la sicurezza nei luoghi di lavoro e continuando a sostenere la campagna per la raccolta delle firme sulla legge di iniziativa popolare per l’introduzione del reato di omicidio sul lavoro e lesioni gravi o gravissime alle lavoratrici ed ai lavoratori.

Antonello Patta, responsabile nazionale lavoro
Partito della Rifondazione Comunista/Sinistra Europea

Lo stabilimento Ex Ilva di Taranto rischia la chiusura entro un mese per mancanza di liquidità e di bancabilità indispensabili per pagare i fornitori, i creditori e continuare a produrre. Non è uno scherzo è la conclusione possibile del balletto tra Mittal, il socio privato che ha il 62% di Acciaierie d’Italia la società che gestisce lo stabilimento , e il governo che fa di tutto per non assumere la maggioranza come concordato tre anni fa col governo Conte e contemplato da un decreto del 2022.
Di fronte alla necessità di ricapitalizzare per garantire le risorse necessarie per andare avanti il socio privato si rifiuta di versare la cifra corrispondente alla propria quota azionaria e chiede al governo di assumersi l’onere più corposo passando in maggioranza, ma il ministro Fitto, messo lì dal governo proprio per impedire il controllo statale dell’azienda, rifiuta.
Se perdurasse questo stallo il 10 gennaio, quando scadrà la proroga per la fornitura del gas imposta dal Tar Lombardia, mancheranno i 320 milioni necessari per mandare avanti la produzione e su Acciaierie d’Italia calerà il sipario.
Così, complice il governo, La multinazionale franco-indiana porta a compimento quello che è il suo obiettivo da sempre: passare dalla progressiva consunzione perseguita con metodo nel tempo, alla chiusura degli stabilimenti e all’eliminazione di un concorrente nel mercato dell’acciaio.
E’ questa la realtà che i governi succedutisi negli ultimi anni non hanno voluto vedere nonostante il calo drastico della produzione, oggi ridotta al minimo storico di 3 milioni di tonnellate, i 3500 lavoratori in cassa integrazione a rotazione, i mancati pagamenti ai fornitori, il deperimento degli impianti e la riconversione mai avviata, le bonifiche ambientali in alto mare.
Se non vogliono rendersi responsabili del disastro annunciato i sovranisti di casa nostra assumano rapidamente l’unica decisione in linea con gli interessi del Paese che permetterebbe la salvaguardia di una produzione strategica, la riconversione ecologica della produzione, la bonifica completa del sito produttivo e l’occupazione di tutte le maestranze: la nazionalizzazione di Acciaierie d’Italia.

Antonello Patta, responsabile nazionale lavoro
Partito della Rifondazione Comunista/Sinistra Europea

La legge di bilancio non è stata ancora varata che il governo ha già avviato le privatizzazioni di asset pubblici con le quali prova a far quadrare dei bilanci messi fortemente a rischio da uno scenario previsionale che definire ottimista è poco.
La svendita sul mercato del 25% del monte dei paschi di Siena è una mossa disperata per fare urgentemente cassa visto che, nonostante la domanda abbia superato di ben cinque volte l’offerta, il prezzo medio di acquisto è stato di circa il 5% inferiore ai valori attuali di borsa.
Che non si sia trattato propriamente di un affare è confermato dal fatto che Il ricavato è pari a circa 920 milioni di euro, una cifra paradossalmente molto simile all’utile netto che la banca ha realizzato nei soli primi nove mesi dell’anno.
La svendita di Mps è solo l’inizio di un piano di privatizzazioni di ben 20 miliardi di beni pubblici con cui i sedicenti sovranisti di casa nostra confermano la loro totale subalternità ai diktat della commissione europea, e un occhio alle agenzie di rating, nonostante le nefaste conseguenze sociali ed economiche che determineranno per il paese.
Rientra perfettamente nella linea neoliberista che taglia le pensioni e la sanità pubblica e prepara un ritorno all’austerità che colpirà duramente il lavoro e i ceti popolari mentre crescono le spese militari e le iniquità fiscali a vantaggio dei ricchi,
La cessione di Mps che avrebbe potuto fare da base per la costruzione di un polo bancario pubblico conferma inoltre la volontà delle destre di continuare ad abdicare al ruolo di indirizzo delle scelte economiche e produttive del paese lasciandole nelle mani del mercato responsabile del declino economico che stiamo vivendo.

Antonello Patta, responsabile nazionale lavoro e Ufficio credito del Prc

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