di Khalid Chaouki

Partono le olimpiadi e tutti i media italiani hanno esaltato la “straordinaria” partecipazione di 25 nuovi italiani nella delegazione azzurra. Siamo ancora indietro rispetto ai nostri concorrenti europei e americani, dove la presenza di atleti di origine lontane non fa più notizia e dove vige anzi la gara a chi procede alla naturalizzazione ad personam dei recordman sparsi per il mondo. I 25 nostrani sono già un passo in avanti, ma non basta affatto.
A Londra sarebbe dovuta esserci anche Dariya Derkach, l’erede naturale di Fiona May, 18enne e miglior under 20 al mondo nel salto in lungo e seconda under 20 nel salto triplo. La sua colpa: non essere ancora cittadina italiana.

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di Antonio Mazzeo

Per decenni è stata la punta avanzata della follia strategica Usa e Nato che ritenevano possibile una guerra nucleare “limitata” per contenere l’avanzata delle truppe sovietiche nel nord-est d’Italia. A Site Pluto, installazione militare top secret, occultata tra le caverne carsiche e i boschi del comune di Longare (Vicenza) sono state immagazzinate le testate nucleari del tipo W-79 con una potenza tra i 5 e i 10 kiloton e W-82 da 2 kiloton, destinate agli obici a corto raggio M-109 e M-110 dell’esercito Usa e ai missili Nike Hercules della vicina base dell’Aeronautica italiana di San Rocco. Poi Longare è caduta in sonno per risvegliarsi all’alba delle nuove campagne militari del Pentagono in terra d’Africa.

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Intervista a Luciano Gallino

«Sono riusciti a far credere a milioni di persone che la situazione è talmente grave che bisogna stare zitti. Il capolavoro è stato convincere che il primo problema sia la spesa pubblica e non, ad esempio, l’immenso drenaggio di risorse pubbliche andate alle banche». Luciano Gallino, saggista, sociologo del lavoro e studioso dell’economia italiana, non vuole cantare nel coro di quello che chiama «il pensiero neo liberale» egemone in Italia e in Europa.
E’ uno dei motivi della mancanza di una reazione di massa ai tagli alla spesa e alla mancanza di lavoro?

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di Paolo Ferrero

Ancora Keynes?! Miseria o nuovo sviluppo? Si tratta di un piccolo saggio di Giovanni Mazzetti, delle edizioni Asterios – 8 euro -  che io consiglio a tutti di leggere. Quello di Mazzetti è infatti un libro che si occupa della crisi e delle vie di uscita dalla stessa ma lo fa in modo non contingente, lo fa in una prospettiva storica. Così in meno di 100 pagine ci presenta le ragioni di fondo della crisi, l’impossibilità di uscire dalla stessa attraverso le politiche monetariste ma anche attraverso la pura riproposizione delle politiche keynesiane classiche. Il saggio di Mazzetti ci aiuta quindi innanzitutto a capire, attraverso una analisi delle ragioni della crisi che a me pare molto convincente.

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di Maria R. Calderoni

Attenzione! Se in qualsiasi momento, da qualche parte o da chiunque vi dicono: "E' l'Europa che ce lo chiede", fate un balzo ed entrate immediatamente in allarme: vi stanno fregando di brutto, vi stanno colpendo senza pietà. E' la truffa del secolo, astutamente detta "E' l'Europa che ce lo chiede".
Sono 76 pagine in tutto, e si potrebbero imparare a memoria: questo nuovo libro di Luciano Canfora, intitolato appunto "E' l'Europa che ce lo chiede!" (Laterza, € 9) in realtà é una requisitoria che non concede alibi e smonta pezzo per pezzo gli ingranaggi di quella macchina portentosa e gigantesca che é appunto "la truffa del secolo".

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di Monica Lanfranco

Convenzione non è una parola molto usata nella politica italiana, nemmeno nei movimenti delle donne. La rimise al centro dell’attenzione, negli anni ’90, Lidia Menapace, una delle più autorevoli esponenti del femminismo italiano, non solo per lanciare una convenzione di donne contro le guerre, con la quale dire che la dimensione bellica doveva essere messa al bando dalla storia umana, ma anche per indicare una strada politicamente interessante: dal momento che non è semplice lavorare insieme, quando i soggetti collettivi che si incontrano hanno storie e identità strutturate, la convenzione può essere uno strumento leggero che rende possibile, su obiettivi comuni, fare percorsi a tema. Unire le forze di fronte alla necessità di non disperdersi, mantenendo la propria specificità, e affermare che su un argomento, un progetto, una emergenza si deve stare insieme, tante e diverse ma con una voce sola.

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di Antonio Gnoli

Luciana Castellina è una donna che ha fatto palpitare molti cuori. Bellissima, seducente, colta e, naturalmente, comunista. L’anno scorso per Nottetempo uscì La scoperta del mondo, un piccolo libro autobiografico, dove raccontava parte della sua formazione comunista. Ma tutto sul filo della memoria, dell’ironia, di quella grazia che quando si declina al femminile, è un valore aggiunto. Ci incontriamo nella sua bella e ospitale casa romana.
Come eravate voi del Pci nei rapporti d’amore?
«La responsabilità e il decoro, che il partito, esigeva dovevano convivere con le passioni sentimentali che a volte pote- vano essere travolgenti. Non era facile tenere sotto controllo una situazione antropologicamente chiara ma politicamente condizionante. In fondo parlare d’amore è complicato».
Perché?
«I comunisti preferivano parlare della famiglia. L’amore è una nozione moderna che implica il concetto di individuo. L’amore non esiste nel mondo rurale.

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di globalist.it

Pur di lavorare, anche in condizioni di schiavitù. A confermarlo, una storia raccontata dal Corriere del Veneto. Una storia che entra nell'album della crisi. Foto che arriva da quella parte di paese dove fino a quattro anni fa si parlava di miracolo del Nord Est, di locomotiva d'Europa.
La storia è quella di Paolo Sinigaglia, un padovano di 42 anni. "Ho lavorato per due anni in una azienda agricola sui Colli Euganei - racconta lo stesso Paolo - oltre ad accudire gli animali ed occuparmi della cura dei campi e del bosco dovevo anche fare il custode. Di fatto lavoravo 24 ore su 24. E questo, per 600 euro.

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Intervista a Luigi Cavallaro
di Fabio Sebastiani

Tutti che guardano allo spread, intanto questa crisi ha cambiato completamente i connotati ai fondamenti dello Stato di diritto…
Più esattamente, questa crisi sta cambiando i connotati a quella peculiare declinazione dello Stato di diritto che è lo Stato sociale, a cominciare dalla sua pretesa di governare i processi economici. Si tratta in effetti della maturazione di un trend che ormai data da lontano. Per capirci, quando i nostri costituenti vararono la Costituzione, inserirono nel terzo comma dell’articolo 41 il principio secondo cui lo Stato doveva indirizzare e coordinare sia l’economia pubblica sia quella privata.

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