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di Santo Della Volpe

"La forza della mafia è fuori dalla mafia" grida Luigi Ciotti dal palco di Genova, davanti alle migliaia e migliaia di persone arrivate da ogni parte d'Italia per la 17° Giornata della Memoria e dell'Impegno indetta da Libera.

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di Dino Greco

110516referendumCi hanno provato in ogni modo (e ancora non desistono) a neutralizzare i referendum su acqua, nucleare e legittimo impedimento. Il timore che attraverso la democrazia diretta si ponga un argine al mantra liberista di quest'epoca voracemente proprietaria e predatoria si è trasformato in vero e proprio panico dopo il clamoroso risultato delle elezioni amministrative. Il governo le ha tentate davvero tutte: prima con il rifiuto di accorpare il voto amministrativo con quello referendario, poi con l'occultamento della posta in gioco e l'oscuramento mediatico utili a favorire disinformazione e disinteresse, quindi con il varo di una legge truffa che mentre provava a scippare la consultazione sul nucleare nascondeva sotto il tappeto l'intenzione di rilanciarne l'opzione, una volta "passata la nottata".
L'ultima carta rimasta nelle mani di Berlusconi e soci è ora quella di favorire la diserzione delle urne, di impedire che si raggiunga il quorum del 50 per cento più uno degli aventi diritto al voto, vanificando così la consultazione popolare, prevedibilmente scontata nel suo esito. Sì, perché fra tante soperchierie che oscurano la nostra democrazia ve n'è una che ora si manifesta con evidenza solare: per governare questo paese con una maggioranza parlamentare schiacciante basta che un partito (o una coalizione di partiti) consegua un voto in più dei partiti (o delle coalizioni di partiti) concorrenti; ma una maggioranza dei cittadini, potenzialmente prossima a quella assoluta, può invece essere espropriata del proprio potere abrogativo, ove l'invito alla diserzione delle urne, sommata alla parte di astensionismo cronicizzato, non consenta di raggiungere il quorum nelle consultazioni referendarie.

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di Andrea Scanzi

La crisi economica avviata con il collasso finanziario del 2009 sta rapidamente cambiando gli scenari della democrazia in Italia e in Europa. Per fronteggiare gli effetti della crisi si sono attribuite funzioni di governo a "tecnici" ridimensionando il ruolo democratico dei partiti e commissariando di fatto diritti e poteri politici dei cittadini nonché degli Stati nazionali e delle loro Costituzioni.

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Camusso: «gli italiani vogliono la sua riforma? Lo chieda a chi sta scioperando per l'articolo 18» Finisce la «luna di miele» e la pace sociale. Anche ieri sciopero in decine di posti di lavoro

Si sta rompendo la gabbia del consenso sceneggiato sui media. E le parole che Mario Monti spara dall'estero («la maggioranza degli italiani percepisce questa riforma del lavoro come un passo necessario nell'interesse dei lavoratori») cominciano a suonare altrettanto false delle berlusconate.

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sciopero22di Francesco Piccioni

Il tribunale civile riconosce che nello stabilimento campano c'è stata «discriminazione» nelle assunzioni e ordina di «sanare» la violazione
Che paese civile, doveva esser l'Italia fino a qualche anno fa! Pensate che esistevano delle leggi che riconoscevano ai cittadini il diritto di non essere discriminati in base alle proprie opinioni. Persino sul posto di lavoro! Forse per questo - diranno gli storici futuri - i saggi del sistema finanziario multinazionale pensarono bene di cancellare tutte le leggi che incongruamente difendevano il diritto di ogni singolo dipendente di avere un'opinione propria e di scegliere a quale sindacato iscriversi...
Il futuro è già qui. Ma per ora esistono ancora le leggi e i tribunali sono chiamati a farle rispettare. La Fiom ha ottenuto dal tribunale civile di Roma (non «del lavoro») la «madre di tutte le sentenze»: quella che impone alla Fiat - pardon, alla Fabbrica Italia Pomigliano (Fip) - di assumere 145 ex dipendenti iscritti alla Fiom. Per sovrappiù, la Fiat dovrà corrisponedere a ognuno dei 19 ricorrenti un «danno esistenziale» pari a 3.000 euro. Sentenza inappellabile, subito esecutiva.

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121128altanPresentato  a Roma,  presso la Fondazione Basso in via della Dogana Vecchia 5, il XIV Rapporto su: “Come usare la spesa pubblica per i diritti, l’ambiente, la pace”.
Il Rapporto di quest’anno, 186 pagine di proposte, analisi, soluzioni e idee concrete per uscire dalla crisi salvaguardando i diritti – oltre ad analizzare criticamente le politiche del governo italiano e di Unione e Commissione europea – formula ben 94 proposte specifiche e dettagliate (in una “manovra” da 29 miliardi di euro) sia per le entrate e per le uscite, che per le riduzioni della spesa pubblica come gli stanziamenti per la Difesa o le “grandi opere”.

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Sabato 15 ottobre è ormai alle porte. Tra poche ore Roma sarà invasa – questo è il nostro augurio – da centinaia di migliaia di compagne e compagni, di giovani e di lavoratori.

Sarà un passaggio molto importante, il secondo grande segnale, dopo lo sciopero generale del 6 settembre, che il Paese darà a Berlusconi, a Confindustria, a tutte le classi dirigenti neo-liberiste che in questi anni (questi ultimi due decenni) si sono susseguite al governo. Non casualmente questo 15 ottobre è una scadenza europea e internazionale, convocata dal movimento degli indignados spagnoli e rilanciata dai movimenti sociali in tutto il mondo. Segno che sono mature le condizioni per una riflessione e una mobilitazione permanente di carattere internazionale, e in particolare europeo, sui danni prodotti dal sistema capitalistico e dalle politiche neo-liberiste.

Ma nel nostro Paese questo passaggio non è solo importante. E’ fondamentale: perché cade in una settimana cruciale, che potrebbe determinare la caduta del governo Berlusconi e l’apertura di nuovi scenari, tutti da verificare.

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indignatidi Alfio Nicotra
Una compagna al telefono mi dice che i pullman sono tutti al completo e che non se ne trova più uno libero da noleggiare in tutta la provincia. Altri si stanno organizzando con l'auto ed altri ancora viaggeranno in treno la notte per ammortizzare il costo del viaggio per Roma. Sembra che il sassolino lanciato all'inizio dell'estate dagli Indignados spagnoli si stia trasformando negli ultimi giorni in una vera e propria valanga. Il 15 ottobre scenderà infatti in piazza la vera opposizione.

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Bruno Steri

Attorno alla giornata romana del 15 ottobre scorso molti conti non tornano. Innanzitutto, quelli che concernono la titolarità politica della più grande manifestazione nazionale, tra le tante svoltesi nel mondo, la cui piattaforma ha mosso una denuncia del tutto inequivoca: "Noi" non vogliamo pagare la "Vostra" crisi, "Noi" non vogliamo pagare il "Vostro" debito. Una denuncia gridata da una consistente fetta di popolazione mondiale, che pone sul banco degli imputati un intero sistema economico e le politiche da esso ispirate, tese alla salvaguardia dei privilegi di status e di ricchezza di una ristretta cerchia di ricchi e potenti («il 99% contro l'1%», come per primo aveva esemplificato il premio Nobel, Joseph Stiglitz). Una denuncia di massa che mette direttamente in questione il potere di un'oligarchia e l'iniquità sociale prodotta da questo modo di produzione. Questo essenziale contenuto politico è stato sopraffatto dalle sciagurate iniziative di una piccolissima parte dell'immenso corteo romano, assecondate dall'irresponsabile comportamento di chi dovrebbe sovrintendere alla gestione dell'ordine pubblico («Incomprensibile», come hanno ammesso alcuni poliziotti su domanda di alcuni giornalisti).

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