Francesco Piccioni

120123landiniLandini rilancia la lotta contro la Fiat e per il contratto Cause a raffica e referendum anti-Marchionne. L'11 febbraio il corteo che unirà democratici e sinistra contro le derive innescate dalla crisi
La prima emergenza del paese è la sospensione della democrazia. L'allarme lanciato a suo tempo dalla Fiom è stato raccolto ancora in modo parziale, frammentato; persino in una «sinistra» che dice di appoggiare i meccanici contro i diktat di Marchionne, ma poi si allinea soddisfatta dietro quel Mario Monti che «ci ha liberati di Berlusconi».
Il coordinamento dei delegati Fiom eletti a suo tempo in Fiat si è riunito ieri a Roma. È noto che la Fiom, non avendo firmato il «modello Pomigliano» - il «caso unico e irripetibile» che è diventato il contratto dell'auto nel giro di 18 mesi - non ha agibilità sindacale negli stabilimenti del gruppo. Paradossalmente può essere presente solo a Pomigliano, perché un giudice ha riconosciuto come «antisindacale» il comportamento dell'azienda. Che però, intanto, ha licenziato tutti i dipendenti campani e sta riassumendo solo chi non era iscritto alla Fiom.

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Luca Fazio

120128fiomAll'Iveco (Fiat) assemblea «clandestina» e sciopero della Fiom Landini: «Vogliamo il referendum per abrogare l'accordo che impedisce le libertà sindacali, la politica non taccia di fronte a chi vìola la Costituzione»
Non sembra un bello spettacolo. Però poi scoppia l'applauso e ci si abbraccia e alla fine ci scappa pure la foto ricordo. Gli operai dietro la sbarra che separa la fabbrica dal mondo libero, ma con il cuore che si scalda per una semplice assemblea che oggi ha il sapore delle cose proibite, come accadeva nell'autunno caldo, quando le fabbriche erano off-limits per il sindacato e la democrazia - era il 1969 e con il megafono in mano c'era Bruno Trentin, ma questa è un'altra storia. Eppure anche oggi i dirigenti e sindacalisti della Fiom restano fuori dalle fabbriche, con il microfono in mano per farsi ascoltare da tutti. Commossi e adrenalinici di fronte a centinaia di lavoratori radunati su un piazzale perché non riconoscono l'accordo separato imposto dalla «madre» di tutte le aziende.

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120928fiom tarantodi Gia. Le.
«Uno sciopero di cui non sono chiare le ragioni rischia di generare divisioni tra i lavoratori e contrapposizioni con la magistratura»
Lo strappo tra la Fiom e Fim Cisl-Uilm Uil ha una data e un luogo precisi: giovedì 2 agosto, piazza della Vittoria, Taranto. Quel giorno i sindacati metalmeccanici persero la piazza durante il comizio dei segretari generali di Cgil, Cisl e Uil per l'irruzione pacifica del comitato «Cittadini e operai liberei e pensanti».
Da quel giorno nulla è stato più come prima. La Fiom imputa alla Fim e alla Uilm di avere un atteggiamento poco chiaro, soprattutto nei confronti della magistratura, preferendo la strada delle assemblee dei lavoratori all'interno del siderurgico per mettere pressione al Gruppo Riva invitandolo ad effettuare investimenti chiari e ingenti rispetto a quelli sin qui presentati dall'azienda e puntualmente bocciati dai custodi giudiziari, dalla Procura e dal gip Todisco.

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manifestazione_fiomRedazionale

Sotto attacco su più fronti, la Fiom mette in campo la sua risposta: scioperi a gennaio e una manifestazione nazionale a Roma l'11 febbraio. Al comitato centrale del 10 gennaio i metalmeccanici della Cgil hanno stabilito il calendario di lotte dell'anno appena iniziato. C'è la crisi, a partire dall'accordo separato a Fincantieri, con centinaia di imprese in cassa integrazione. C'è la vicenda Fiat, l'estensione del modello Pomigliano a tutto il gruppo e l'esclusione della Fiom dai diritti sindacali. E poi, vanno rispedite al mittente le voci sempre più insistenti di una cancellazione dell'articolo 18. Il sindacato accetta le sfide, e reagisce.

Com'è nello stile Fiom, prima di tutto c'è la democrazia. Ed ecco la proposta di indire un referendum abrogativo dell'accordo di Pomigliano. «In pochi giorni sono state raccolte oltre 10mila firme di lavoratori», ha affermato il segretario della Fiom Maurizio Landini.

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elsa-fornero1

di Guido Scorza

E' un provvedimento di una gravità inaudita e senza precedenti quello con il quale il Ministro del Lavoro ha ordinato alla Direzione Provinciale del lavoro di Modena l'immediata chiusura del proprio sito internet.

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hollandefrancia

di Rossana Rossanda

Non considero così irrilevante il risultato del primo turno delle elezioni presidenziali francesi come lo giudicano Marco d'Eramo e Daniela Preziosi. Certo è l'opposto della marmellata parlamentare italiana, dove tutti, salvo la Lega, accettano Monti e Fornero dopo qualche flebile tentativo di divincolarsene. La Francia è invece divisa almeno in due, destra e sinistra, e fortemente radicalizzata da una parte e dall'altra. Ma mentre i socialisti di Hollande e il Front de gauche di Mélenchon vanno uniti al secondo turno, le destre di Sarkozy e di Marine Le Pen sono aspramente divise.

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120426_cremaschidi Giorgio Cremaschi

Nonostante i filtri del palazzo e del sistema informativo italiano, il messaggio delle elezioni francesi è chiaro. Da sinistra e anche da destra si dice basta con l’Europa delle banche, della finanza e dell’austerità. E il sistema finanziario l’ha capito subito e ha automaticamente reagito facendo salire lo spread e calare le borse. Non sappiamo se alla fine la sinistra vincerà. Se dovesse succedere e se, cosa non scontata, Hollande dovesse mantenere i suoi programmi, si aprirebbe finalmente la crisi di quell’Europa che ci sta dissanguando.
Le elezioni francesi infatti sono avvenute all’insegna della messa in discussione dell’innalzamento dell’età pensionabile, della flessibilità del lavoro, delle delocalizzazioni, e – ultimo ma non da ultimo – del pareggio di bilancio e dell’accordo di rigore e austerità che, con il nome di fiscal compact, sta imprigionando nella catastrofe economica tutta l’Europa.

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121121germaniadi Tonino Bucci
L'agenzia di rating americana Moody's ha tolto la tripla A alla Francia e ha declassato il paese di Holland al livello Aa1. Il sistema bancario francese - questa la motivazione - sarebbe troppo esteso, cresciuto oltremisura e coinvolto, in maniera sospetta, con le economie indebitate dei paesi periferici dell'eurozona. Il declassamento potrebbe rendere più caro alla Francia l'approvvigionamento di capitali sui mercati finanziari con conseguente aumento del famigerato spread. A voler prendere per buoni i verdetti delle agenzie di rating - che non son certo la voce di dio - il rischio di bolle finanziarie e il rallentamento dell'economia reale avrebbero minato l'affidabilità della Francia nei confronti dei creditori.

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2equilibrio-precario

di Joseph Halevi
Lo squillo delle trombe dopo la riunione di Bruxelles stordisce anche coloro che vogliono rimanere lucidi. C'è riuscita Anna Maria Merlo che su questo giornale ha smantellato criticamente pezzi importanti dell'accordo. Aggiungo solo quanto segue. Il fondo salva stati Efsf è formalmente dotato di 500 miliardi di euro; non tutti sono però disponibili.
Di questi, 100 sono stati impegnati per il salvataggio delle banche spagnole. I 400 miliardi restanti dovrebbero finanziare altre banche in crisi e, inoltre, permettere agli Stati di attingervi per rifinanziare il proprio debito pubblico.

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