di Paolo Ferrero
Il risultato dei referendum di domenica e lunedì scorso è la conferma di un profondo cambiamento che sta avvenendo nel paese e che già si era annunciato nelle elezioni amministrative. In questi giorni è stato sottolineato come i referendum segnalino la crisi organica delle destre, il declino di Berlusconi e l’attenzione sul nucleare suscitata dal disastro di Fukuscima. Il dato di fondo del referendum è però che il voto sull’acqua pubblica ci parla di una decisa inversione di tendenza dell’opinione pubblica del paese sulla questione delle privatizzazioni. Il tema dei beni comuni – a partire dall’acqua – è diventato la forma innovativa in cui si può parlare di pubblico. Un pubblico qualificato dalla dimensione democratica e comunitaria e per questo non riconducibile in alcun modo alla stagione politica del clientelismo democristiano. Da questi referendum emerge inoltre una soggettività dei comitati e delle associazioni che ha costituito – insieme a pochissimi partiti, tra cui in primo luogo Rifondazione Comunista - il tessuto connettivo della raccolta delle firme prima e della campagna referendaria poi.



Sono pochi i giornali che hanno dato conto di cosa chiedono in concreto gli "indignados" spagnoli, e di conseguenza sono pochi gli italiani che lo sanno: ebbene, quel movimento (che definisce se stesso «democracia real ya!», democrazia reale subito) chiede con grande forza nel suo programma «la modificazione della legge elettorale per garantire un sistema autenticamente rappresentativo e proporzionale che non discrimini nessuna forza politica né volontà sociale» (cfr. l'intero programma nel sito www.carta.org). E' questa un'assoluta necessità per liberarsi del soffocante bi-polarismo che, anche in Spagna!, uccide la democrazia, costringendo gli elettori a scegliere tra due varianti del medesimo "pensiero unico" e delle medesime politiche antipopolari, cioè fra il Psoe di Zapatero e la destra del Ppe.



