di Paolo Ferrero
Il risultato dei referendum di domenica e lunedì scorso è la conferma di un profondo cambiamento che sta avvenendo nel paese e che già si era annunciato nelle elezioni amministrative. In questi giorni è stato sottolineato come i referendum segnalino la crisi organica delle destre, il declino di Berlusconi e l’attenzione sul nucleare suscitata dal disastro di Fukuscima. Il dato di fondo del referendum è però che il voto sull’acqua pubblica ci parla di una decisa inversione di tendenza dell’opinione pubblica del paese sulla questione delle privatizzazioni. Il tema dei beni comuni – a partire dall’acqua – è diventato la forma innovativa in cui si può parlare di pubblico. Un pubblico qualificato dalla dimensione democratica e comunitaria e per questo non riconducibile in alcun modo alla stagione politica del clientelismo democristiano. Da questi referendum emerge inoltre una soggettività dei comitati e delle associazioni che ha costituito – insieme a pochissimi partiti, tra cui in primo luogo Rifondazione Comunista - il tessuto connettivo della raccolta delle firme prima e della campagna referendaria poi.