Dovrebbe essere ormai chiaro a tutti che stiamo assistendo a una vera crisi di regime con i partiti tradizionali che hanno ricevuto dalle urne una clamorosa bocciatura in favore del M5S di Beppe Grillo, segno di una caduta verticale di credibilità e consenso che investe tutte le istituzioni della Repubblica. I grillini sono, oggi come oggi, i demolitori del sistema, ma non saranno loro a goderne, ma soggetti individuali e/politici che oggi non è ancora possibile individuare, ma che sposteranno notevolmente adestra l’asse del sistema politico. Non pochi osservatori affermano che l’Italia, in Europa, è quella che più si è americanizzata. Ma delle differenze ci sono, e notevoli: gli USA sono molto più ricchi del nostro paese e non hanno un mezzogiorno preda del dominio di una borghesia mafiosa, piuttosto hanno sacche di povertà a macchia di leopardo; il paese di Obama ha una solida tradizione liberale, l’Italia no; ha, come credo dominante, il protestantesimo, nelle sue varie sfaccettature e non ha il Vaticano; gli USA sono uno stato forte di cui i cittadini hanno paura, come dice una cittadina nordamericanaresidente a Parigi, nel film di Michael Moore, “Sicko”. Quindi la forma di democrazia autoritaria che eventualmente potrà imporsi nel nostro paese sarà molto più pericolosa e intrisa di elementi di fascismo di quanto  sia il sistema politico nordamericano.

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"Reddito minimo per tutte e per tutti": è questo lo slogan della campagna per il reddito minimo garantito. E per sostenerla più di cinquantamila le firme raccolte. I promotori dell'iniziativa (una rete di associazioni vicine al Prc, al Pdci e a Sel) le hanno presentate oggi nel corso di una conferenza stampa alla Camera. Ne bastavano cinquantamila per la proposta di legge di iniziativa popolare che dovrebbe istituire questo strumento di welfare già piuttosto diffuso, in varie forme, in Europa, ma le adesioni sono andate ben oltre. La proposta, dopo il successo della campagna "che ha coinvolto - secondo il comitato promotore - 200 città, con più di 250 iniziative" sarà depositata "entro i primi cento giorni" della prossima legislatura. "Il reddito minimo - si legge all'articolo 1, comma 2 del testo - ha lo scopo di contrastare la marginalità, garantire la dignità della persona e favorire la cittadinanza attraverso l'inclusione sociale per gli inoccupati, i disoccupati e i lavoratori precariamente occupati (...)". Tra le previsioni della norma proposta la "erogazione di un beneficio individuale in denaro pari a 7200 euro l'anno, da corrispondere in importi mensili di 600 euro ciascuno" a chi ha un reddito di meno di 8.000 euro. Poi agevolazioni sui trasporti, le cure mediche, i libri scolastici. Il "beneficio" decadrebbe in caso di rifiuto di una proposta di lavoro formulata dal centro per l'impiego, oltre che in tutti i casi in cui il soggetto beneficiario acquisisca un contratto di lavoro o un reddito di lavoro autonomo incompatibile con i requisiti della legge. Il provvedimento verrebbe finanziato da un apposito Fondo che attingerebbe "alla fiscalità generale". In Europa mancano solo in Grecia e in Italia, e il Parlamento europeo ha chiesto al Bel Paese di adeguarsi. Per Paolo Ferrero, segretario del Prc, “occorre istituire subito il reddito minimo per garantire ai disoccupati la possibilita' di arrivare alla fine del mese: le risorse ci sono, sono quelle che si ricaverebbero da una tassa sui grandi patrimoni".

"Reddito minimo per tutte e per tutti": è questo lo slogan della campagna per il reddito minimo garantito. E per sostenerla più di cinquantamila le firme raccolte. I promotori dell'iniziativa (una rete di associazioni vicine al Prc, al Pdci e a Sel) le hanno presentate oggi nel corso di una conferenza stampa alla Camera. Ne bastavano cinquantamila per la proposta di legge di iniziativa popolare che dovrebbe istituire questo strumento di welfare già piuttosto diffuso, in varie forme, in Europa, ma le adesioni sono andate ben oltre. La proposta, dopo il successo della campagna "che ha coinvolto - secondo il comitato promotore - 200 città, con più di 250 iniziative" sarà depositata "entro i primi cento giorni" della prossima legislatura. "Il reddito minimo - si legge all'articolo 1, comma 2 del testo - ha lo scopo di contrastare la marginalità, garantire la dignità della persona e favorire la cittadinanza attraverso l'inclusione sociale per gli inoccupati, i disoccupati e i lavoratori precariamente occupati (...)". Tra le previsioni della norma proposta la "erogazione di un beneficio individuale in denaro pari a 7200 euro l'anno, da corrispondere in importi mensili di 600 euro ciascuno" a chi ha un reddito di meno di 8.000 euro. Poi agevolazioni sui trasporti, le cure mediche, i libri scolastici. Il "beneficio" decadrebbe in caso di rifiuto di una proposta di lavoro formulata dal centro per l'impiego, oltre che in tutti i casi in cui il soggetto beneficiario acquisisca un contratto di lavoro o un reddito di lavoro autonomo incompatibile con i requisiti della legge. Il provvedimento verrebbe finanziato da un apposito Fondo che attingerebbe "alla fiscalità generale". In Europa mancano solo in Grecia e in Italia, e il Parlamento europeo ha chiesto al Bel Paese di adeguarsi. Per Paolo Ferrero, segretario del Prc, “occorre istituire subito il reddito minimo per garantire ai disoccupati la possibilita' di arrivare alla fine del mese: le risorse ci sono, sono quelle che si ricaverebbero da una tassa sui grandi patrimoni".

COMUNICATO STAMPA

ISTRUZIONE, FORENZA (RC): MONTI FA PROPAGANDA, IL SUO GOVERNO HA FATTO SOLO DANNI
Roma, 12 feb - "La propaganda di Mario Monti, che ha dichiarato di voler investire 8 miliardi nell'istruzione, è davvero in contrasto con quello che è stato l'operato del suo governo e del ministro Profumo. In continuità con Berlusconi e con la Gelmini, Monti ha aggravato i tagli sul sistema d'istruzione (300 milioni tagliati all'università nella sola spending review), portando a rischio default moltissimi atenei. A camere sciolte, Profumo continua a elaborare decreti contro il diritto allo studio, come quello giustamente contestato dagli studenti perché restringe ulteriormente la platea di accesso alle borse di studio. Rivoluzione Civile vuole portare l'obbligo scolastico a 18 anni: Monti invece vuole una scuola di serie A per l'élite e una scuola di serie B che prepari la manodopera a basso costo. Noi vogliamo invertire realmente la tendenza sull'istruzione pubblica: investire risorse su scuola e università, garantire pienamente il diritto allo studio, avviare un piano serio sul reclutamento". Così Eleonora Forenza, responsabile Università del Prc, candidata di Rivoluzione civile.
 

COMUNICATO STAMPA

La fotografia diffusa in questi giorni dal CUN (Consiglio Nazionale Universitario) ci parla di una situazione davvero drammatica: in dieci anni gli studenti immatricolati negli atenei italiani sono scesi da 338.482 dell'anno accademico 2003/2004 a 280.144 del 2011/2012, il 17% in meno (pari a circa 58000 studenti), i docenti sono diminuiti anche più rapidamente (22% in meno negli ultimi sei anni), mentre il rapporto medio tra studenti e docenti continua ad essere il più alto d'Europa. A questi dati si devono aggiungere quelli già diffusi dall'OCSE, secondo i quali Italia è penultima per spesa destinata all’istruzione pubblica (4,7% del Pil contro un 5,8 di media europea), con una media dei laureati tra i 25 e i 60 anni del 15% contro una media europea del 31%. Questi dati naturalmente non arrivano all'improvviso e non sono frutto di fenomeni fisiologici: sono la diretta conseguenza di politiche fallimentari più che decennali, alle quali Gelmini prima e Profumo poi (con la sua capacità “tecnica”) hanno dato la spinta definitiva. I tagli incondizionati al FFO, l'aumento della contribuzione studentesca, la diminuzione del fondo per le borse di studio, l'aumento dei costi dei servizi, la proliferazione dei numeri chiusi, l'assenza di un qualsiasi sostegno al reddito per i soggetti in formazione: tutti provvedimenti che vanno verso un'espulsione di massa dall'università ed una ridefinizione del sistema universitario, rendendolo classista ed elitario. In questo contesto il governo Monti, in carica solo per gli affari correnti, si prepara a dare un ultimo colpo di coda con il nuovo decreto ministeriale “Determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni e dei requisiti di eleggibilità per il diritto allo studio universitario ai sensi del decreto legislativo 29 marzo 2012, n. 68”, che la conferenza Stato-Regioni esaminerà giovedì 7 febbraio. 

Il decreto rimodula i livelli essenziali delle prestazioni (LEP), ovvero i criteri attraverso i quali gli studenti e le studentesse possono accedere a borse di studio, alloggi ed altri servizi, determinando di fatto una restrizione delle possibilità, per chi appartiene a famiglie con redditi medio-bassi, di accedere all’università. Tra le proposte contenute nel decreto riteniamo la differenziazione della soglia minima dell'ISEE tra Nord (20000), Centro (17000) e Sud (14000) discriminante e lesiva dell'universalità del diritto allo studio su tutto il territorio nazionale; questa rimodulazione va ad aggiungersi alla ridefinizione dei criteri dell'ISEE già messa in atto dal governo in carica, e ai tagli alle borse, determinando una espulsione di diverse centinaia di studenti dalla fruizione di una borsa di studio. E' bene ricordare che gli “idonei non beneficiari” in Italia erano 45mila nel 2010-2011 con un valore Isee minimo pari a 17 mila euro in tutte le regioni. 

Se a tutto questo si aggiunge che, nel decreto, si rendono più rigidi i parametri di accesso e di conservazione della borsa (gli studenti potranno iscriversi alla laurea triennale o magistrale a ciclo unico entro e non oltre i 25 anni di età e alla laurea magistrale entro e non oltre i 32 anni, mentre i CFU necessari vengono aumentati di 15 l'anno e scompaiono i "punti bonus", crediti aggiuntivi dei quali lo studente poteva usufruire dando una maggior flessibilità nel raggiungere le soglie per il mantenimento della borsa ) si vede bene come più che giudicare un presunto “merito” la volontà del governo sia semplicemente quella di ridurre ulteriormente la platea degli aventi diritto. 
Per tutti questi motivi i Giovani Comunisti si uniscono agli studenti nel chiedere che la Regione Toscana si impegni in conferenza stato-regioni per scongiurare quest'ultimo attacco all'università. Ribadiamo inoltre la necessità di costruire nel nostro paese un'alternativa vera a questo ventennio di dissoluzione della scuola e dell'università pubbliche e di massa, ritornando a investire in ricerca, abrogando la legge Gelmini, e costruendo una legge quadro nazionale che garantisca davvero la piena cittadinanza studentesca.

Luca Panicucci - Responsabile Regionale Scuola e Università - Giovani Comunisti Toscana

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