gc23marzoLa qualità dell’aria in continuo peggioramento, aree verdi decimate, risorse idriche a rischio, terreno spesso improduttivo, temperature generali in continuo aumento, ghiacciai in disgelo anticipato, specie animali e vegetali sempre più scarse. Queste non sono delle minacce, questa è la realtà.
Se il nostro pianeta oggi è concretamente a rischio estinzione, l’unico modo per riuscire a imprimere un cambiamento efficace è incominciare a lottare contro i modelli di inquinamento e contro i governi che continuano a promuoverli.

Le Grandi Opere industriali hanno causato, e continuano a causare devastazioni nei territori coinvolti. Un modello di sviluppo che non coinvolge le popolazioni, ma che, sfruttando le simpatie delle istituzioni passate e presenti , decide delle sorti ambientali e sociali di un territorio. Un modello dissipativo delle risorse locali, corrosivo per la comunità, incentrato sulla cessione di salute e ambiente in cambio di lavoro o di energia.
La politica fino ad oggi non è riuscita a dare delle risposte, in realtà non si è mai posta neanche le domande.

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barbera-300x221Solidarietà a Salvatore Barbera, responsabile della campagna Energia e Clima di Greenpeace, bandito da Roma per due anni con un foglio di via obbligatorio per aver partecipato a una protesta nonviolenta in difesa del clima, davanti a Palazzo Chigi.

Attiviamoci tramite il sito http://www.banditidelclima.org

 

Bandito da Roma: l'orologio della storia torna indietro di secoli!

Inaudita la decisione di consegnare il foglio di via ad attivista di Greenpeace, la solidarietà del Prc

Riteniamo gravissimo e lesivo della libertà di espressione e della democrazia il Foglio di via obbligatorio con divieto di ritorno a Roma per due anni imposto dal Questore di Roma al responsabile della campagna Energia e Clima di Greenpeace Salvatore Barbera.

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Tutta la nostra solidarietà ai 13 attivisti no tav indagati per un presidio spontaneo davanti alla Prefettura l'estate scorsa, in sostegno ai valsusini e contro l'inutile opera del Terzo Valico, alta velocità Milano-Genova. Tra i 13, anche la nostra segretaria di circolo,

un 'altra compagna del circolo di Tortona ed il nostro consigliere comunale di Alessandria. Gli avvisi di garanzia si basano su un decreto regio di epoca fascista e contestano partecipazione o organizzazione di manifestazione non autorizzata...ma in quei giorni i presidii erano immediati e spontanei ovunque, di fronte alla violenta repressione in Val Susa!

I 13 indagati fanno tutti parte di realtà che hanno partecipato a lotte e vertenze territoriali, ambientali e sociali negli scorsi anni, dunque non sono stati scelti a caso..non è nemmeno casuale il momento in cui arrivano gli avvisi di garanzia, ovvero pochi giorni dopo che è stato annunciato lo stanziamento dei fondi per i lavori del Terzo Valico: milioni e milioni di euro sottratti al welfare, all'istruzione, all'ammodernamento dei trasporti, alle bonifiche ambientali..e dirottati invece nelle tasche delle lobbies dell'alta velocità. Un'opera assurda, che pagheremo tutti (ed in particolare le popolazioni della Val Lemme, del novese e del tortonese) in termini economici e di disagio nella viabilità, di rischi per la salute delle popolazioni (scavi nelle falde contenenti amianto, in un territorio a forte dissesto idrogeologico, peraltro).

O, ancora, perchè non usare quei soldi per la bonifica dell'Eternit a Casale ?!

Gli avvisi di garanzia , che riteniamo un gesto politico di intimidazione, non ci fermeranno, noi andiamo avanti: solidarietà a tutti gli attivisti alessandrini indagati e alla lotta dei valsusini, ancora e sempre NO TAV.

*Circolo Rifondazione Comunista Tortona*

1 22rinaldi

di Rosa Rinaldi e Lorenzo Feltrin*
Con la sentenza di oggi il Consiglio di Stato non ha potuto che prendere atto di un fatto molto grave e inquietante: il Parlamento e la Regione Veneto hanno cambiato le leggi a tutela dell'ambiente e della salute per permettere l'insediamento di un impianto che altrimenti non sarebbe mai stato possibile (e probabilmente non lo sarà comunque). Peraltro tutto ciò per rispondere ai ricatti, di una SpA che è già stata condannata dalla giustizia penale per l'inquinamento provocato nel nostro territorio!

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davide_pappalardoCominciamo col dire quello che di solito stampa e tv non dicono sui referendum: è stata innanzitutto una vittoria dei comitati e di coloro, noi tra questi, che ci hanno creduto sin dall’inizio e che hanno creato un tessuto sociale pronto a recepire il messaggio.

E’ stata una vittoria contro le politiche neoliberiste, enfatizzate a destra e purtroppo anche in certa parte di quella che viene definita sinistra.

Per lungo tempo ci siamo sentiti dire che occorreva privatizzare per rendere più efficiente un servizio e per avere una più vasta gamma di scelta per un determinato prodotto. I disastri sociali di queste politiche sono sotto gli occhi di tutti e questo “potere taumaturgico” del mercato è stato utilizzato persino quando si è trattato di beni indispensabili per la vita. A questa logica ora è stato dato un primo forte stop.

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parcomareIl progetto del parco del mare.

Mentre stamane alcuni operai iniziavano i lavori di demolizione dell’ ex Fiera di Trieste, al Circolo della Stampa, di fronte alla ex sede della RAS, palazzo di stile eclettico del 1904, trasformato in un resort di lusso per turisti danarosi, associazioni di cittadini, Cgil, WWF, Legambiente, Triestebella e il “Comitato Lanterna” hanno motivato i loro dubbi e la più aperta contrarietà alla realizzazione del progetto del “Parco del Mare”.

Si tratterebbe di una megastruttura acquario/museale da realizzare nel sito storico di un antico approdo romano ed in una zona strategica della città, anche dal punto di vista dell’appetibilità commerciale, su cui sorge il Faro della Lanterna, eretto dall’amministrazione austriaca nel 1833.

Stesso luogo dove, per spazzar via le vestigia del passato asburgico della città, si erano segate tredici anni fa le panchine che stavano attorno alla statua di Massimiliano d’Asburgo e dove si è rifatto il look all’ex magazzino Vini, trasformato in “Eataly da Farinetti.

Un punto della città nel quale, il susseguirsi di Bavisele, Barcolane ed altri appuntamenti ludico/gastronomici, chiude alla vista collettiva il fronte mare e, solo chi sta sul decimo ponte di una meganave da Crociera, può ammirare l’incommensurabile paesaggio che salda le onde dell’estremo lembo dell’Adriatico, con le rocce grigie del ciglione carsico.

Ma Trieste non vuole diventare né una succursale di Disneyland, anzi Dipiazzaland, né un luogo di scorribande per esperimenti di gentrificazione che impoveriscono e deturpano la storia multietnica della città, perdurando il degrado di molti storici edifici cittadini, svenduti a privati o immobiliari.

L’architetto William Starc, come portavoce dei soggetti in conferenza stampa, ha ribadito come oggi si debba pensare alla “riqualificazione collettiva del fronte mare, dalla Lanterna a Miramare”, area su cui c’è un vincolo del MIBAC datato 1961 che impone di non edificare alcunché nel raggio di 130 metri di distanza dallo storico Faro, ma che, nella riscrittura aggiornata del testo, modifica sensibilmente questo divieto, peraltro già bypassato più volte con costruzione di edifici a ridosso di esso.

Dietro all’ improvvisa accelerazione del Progetto pare ci sia, oltre all’attuale presidente della camera di Commercio di Trieste, la “Trieste Navigando srl“ una società che ha in concessione l’area su cui sorge la Lanterna, ma la cui sede sociale è a Roma, nello stesso luogo dove opera Invitalia, la SpA di Paoletti, presidente della locale CCIAA, e presente in molte altre istituzioni e Cda, che si era già speso nel 2004 per far passare questo progetto, in seguito alla mancata candidatura ad EXPO 2008 di Trieste, persa contro la piu’ attrattiva e quotata Saragozza.

“Parco del Mare” oggi è solo la riproposizione di un progetto nato a destra.

Il problema però non è solo la mera speculazione immobiliare e la privatizzazione, o meglio la privazione di usufrutto di spazi pubblici, ma anche l’immobilizzazione di ingenti risorse finanziarie, tra cui quelle del Fondo Trieste, uno strumento istituito nel 1955 per finanziare lavori pubblici o per opere di carattere economico, sociale ed assistenziale.

Quei fondi andrebbero investiti, tanto più in un periodo di crisi occupazionale della città, in operazioni più utili ed intelligenti e non in un’operazione speculativa.

In città si registrano 7000 disoccupati, oltre 1400 posti di lavoro a rischio nel settore industriale e hanno chiuso oltre 350 negozi, il tutto mentre prospera un mercato del lavoro frammentato, irregolare, atipico,transfrontaliero, illegale e crescono le diseguaglianze che alimentano disagio sociale e microcriminalità.

Non servono quindi anacronistici acquari, “zoo per pesci” ha detto qualcuno, ma semmai valorizzare, in quella specifica parte del territorio urbano, la compresenza del Museo del mare e della la Stazione Meridionale con il Museo Ferroviario, e, attraverso la “liberazione” delle Rive ed il pieno ripristino della Piscina Comunale “Acquamarina”, il cui tetto era inspiegabilmente crollato lo scorso luglio, restituire alla cittadinanza un bene comune e la piena e gratuita fruizione degli spazi pubblici sottratti dalla voracità del mercato e ad altri indicibili appetiti.

Da Marino Calcinari, circolo triestino de Il Manifesto.

discaricheDi Andrea Palladino - il manifesto | 10 Gennaio 2012

È silenziosa la morte che colpisce da decenni i luoghi desolati dove sono cresciute le industrie e i depositi dei veleni in Italia. Un conteggio continuo, infinito, che dura ancora oggi senza mai conquistare un titolo, allargandosi come una macchia d'olio, partendo a volte da ammassi ferrosi rimasti a marcare la memoria collettiva del paese dei veleni. Si chiamano Pitelli, Caffaro di Brescia, Valle del Sacco, Casale Monferrato, Porto Marghera, Gela, solo per citare i toponomi più noti dell'elenco dei 57 siti d'interesse nazionale che coprono l'intero paese, dalla Valle d'Aosta alla Sicilia. Espressione di fatto ipocrita, che suona più come una condanna perpetua per chi vi abita.

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Questo è quanto accaduto il 22 febbraio a Camogli, perla del Golfo Paradiso nel Levante ligure, l’esatta fotografia di quanto avviene quando l'incuria del territorio diventa regola e la cura una superficiale routine, come denunciamo da anni come Rifondazione Comunista.

La Liguria è un territorio estremamente fragile che necessita di interventi straordinari finalizzati alla salvaguardia dell'ambiente e dei suoi parchi naturali e di ragionare su lungo termine e non per singole emergenze.

La giunta regionale ligure si muove in tutt'altra direzione, ricordiamo che sotto la legislatura del presidente Giovanni Toti é stata promulgata la legge di "riordino delle aree protette", che ha tolto ettari ai parchi naturali e ha in buona parte eliminato le aree cuscinetto, al punto che è dovuto intervenire il ministero dell'ambiente per bloccare tale scempio.

Così come il tentativo dello smantellamento del Parco naturale Monte Marcello-Magra-Vara, un territorio molto delicato sia dal punto di vista ambientale che faunistico. Infine, in spregio alle più elementari norme di tutela e di sicurezza del territorio, alla fine di dicembre 2020 un nuovo tentativo, attraverso la legge di bilancio ligure, di modifica dei confini delle aree protette.

Per evitare quanto successo a Camogli e nelle altre località liguri che giornalmente sono soggette a frane e smottamenti con il conseguente disagio per gli abitanti di quelle zone e di quelle limitrofe, pensiamo sia estremamente urgente intervenire massicciamente ad una completa messa in sicurezza del territorio e non più dei semplici ritocchi di facciata. Negli ultimi 70 anni in Italia si sono registrate oltre 10.000 vittime per fenomeni idrogeologici e sismici, con danni economici per circa 290 miliardi di euro.

Il Piano nazionale per la mitigazione del rischio idrogeologico, il ripristino e la tutela della risorsa ambientale, che è del 2019, prevede risorse per soli 315 milioni di euro destinati a 263 progetti esecutivi “tutti caratterizzati da urgenza e indifferibilità, mentre vanno finanziati progetti integrati di riduzione del rischio idrogeologico e volti alla rinaturalizzazione e al ripristino degli ecosistemi per favorire l’adattamento ai cambiamenti climatici, smettendo di sprecare soldi pubblici.

Negli ultimi decenni il dissesto ci è costato l’equivalente di oltre 50 miliardi e l’Italia è meno sicura di prima. Servono politiche di ampio raggio, che intervengano su tutto il ciclo del rischio, rilanciando la pianificazione di bacino per contrastare il rischio idrogeologico e in particolare le alluvioni, come previsto dalla Direttiva 2007/60/CE, uscendo dalla logica emergenziale che caratterizza ancora le politiche in questo campo.

Elena Mazzoni, responsabile ambiente Rifondazione
Mario Pistillo, segretario federazione del Tigullio Golfo Paradiso

Ecco un emendamento presentato dal consigliere regionale della Fds in Molise e approvato all'interno della finanziaria regionale:

“la Regione Molise in ottemperanza delle leggi regionali 37/99 e 38/06 e dando seguito alla consultazione referendaria del giugno 2011 attesta che la proprietà pubblica delle reti e delle infrastrutture è inalienabile. La gestione del servizio idrico integrato è affidata all’Azienda Speciale Molise Acque, ente di diritto pubblico, la cui natura giuridica non può essere modificata”

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