numeridi Matteo Pucciarelli
Punto e a capo, siamo alle solite. Uno spettro si aggira per le nostre case. Non è il comunismo, ma il “voto utile”. C’è un altro “ma”, però. Perché più che il “voto utile”, bisognerebbe considerare la presenza del “voto inutile”: pensare di dare un voto di sinistra a chi si allea il giorno dopo le elezioni con Monti – cascasse il mondo, lo ha detto Pier Luigi Bersani – ecco, quello mi sembra un atto abbastanza inutile.
Bisognerebbe tornare indietro con la memoria e ricordarsi di come andò a finire l’ultima volta che si parlò del “voto utile”: chi votò “utilmente”, quella volta, si rese complice di molteplici crimini, tra i quali aver portato in Parlamento Massimo Calearo, Paola Binetti, svariati radicali sempre attenti a salvare più volte la maggioranza di Berlusconi, e una vasta gamma di trasformisti un tanto al chilo.

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ingroiarivoluzionedi Alberto Burgio
Il faccione di Pierluigi Bersani si sporge da un manifesto elettorale. «L'Italia giusta dove la politica dice la verità», recita lo slogan. Lo sguardo fiducioso del leader mira a rinsaldare la promessa. Le mani giunte evocano prudentemente un'aura mistica. Il sorriso del buon padre di famiglia rassicura e conforta. Ma lascia trapelare anche un sottinteso beffardo.La «verità»? I suoi rapporti con la politica sono, da sempre, difficili e sarebbe prudente non sbilanciarsi sul punto. Dire la verità non è agevole quando si tratta di tattiche complesse in un ambito altamente aleatorio. Bersani chiede i voti degli elettori di Rivoluzione civile ma li considera di serie B quando etichetta la lista Ingroia come populismo
di sinistra rifiutando ogni richiesta di confronto. E poi si sa, non tutto è pubblicamente confessabile.

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120928stato socialedi Felice Roberto Pizzuti – da il manifesto
L’editoriale di Alberto Alesina e Francesco Giavazzi pubblicato sul Corriere della Sera di domenica scorsa con il titolo «C’era una volta lo stato sociale» ribadisce con chiarezza alcuni luoghi comuni conformi alla visione neoliberista la cui applicazione ha concretamente contribuito alla crisi globale; la loro convinta riproposizione è un segno della difficoltà di uscire da quella visione e dalle sue conseguenze (per timore che ciò possa accadere, in un precedente articolo Giavazzi ha proposto perfino che il Parlamento attuale blindi per la futura legislatura quanto già attuato della «Agenda Monti»!). Secondo i due economisti, il nostro sistema di welfare non è compatibile con la crescita, dunque dovrebbe essere «profondamente» ripensato affinché garantisca i suoi servizi solo alle classi meno abbienti e non anche alle classi medio-alte le quali, però, dovrebbero essere sgravate dai corrispondenti oneri fiscali e contributivi; in tal modo si eliminerebbe quello che viene definito «un giro di conto» che «scoraggia il lavoro e la produzione»: «… se anziché essere tassato con un’aliquota del 50% dovessi pagare un premio assicurativo a una compagnia privata, lavorerei di più per non rischiare di mancare le rate».

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numeridi Franco Frediani
Il disegno è chiaro, così come la situazione venutasi a creare nel panorama politico italiano. Il Cittadino e il Paese non vengono assolutamente tenuti di conto, anzi ignorati persino dall'informazione che evita di dare risalto a certi eventi. Dopo aver messo in difficoltà tutti, con particolare evidenza i lavoratori, i dipendenti diretti, e tutti coloro i quali potevano essere facilmente distinguibili (e perseguibili) da "altri", si cerca ora di far saltare tutto attribuendo la responsabilità ad una sorta di mancato completamento delle stesse politiche recessive. L'esempio più concreto ci viene dallo stop al ddl sul pareggio di bilancio.

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cucchirivoluzioneciviledi Ilaria Cucchi
Legalità significa soprattutto che la legge è uguale per tutti. Basterebbe osservare questo principio per evitare casi come quelli di mio fratello Stefano , di Federico Aldrovandi, Giuseppe Uva, Michele Ferrulli , Aldo Bianzino , Luciano Isidro Diaz e tanti altri. Cittadini di questo Stato di serie B . Uno Stato questo , che si ricorda di essere garantista solo quando processa i cittadini di serie A.
Chi riveste posizioni di potere od ha ottime possibilità finanziarie riesce giustamente a fare valere tutte le proprie prerogative e garanzie costituzionali mentre i cosiddetti ultimi godono di processi ciclostile spersonalizzati e spesso sommari . Nelle carceri troviamo un vero e proprio mondo, quello dei detenuti, nel quali i privilegi ed il trattamento riservato vengono concessi secondo in criterio piramidale rovesciato.

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di Giorgio Meletti

La cosa incredibile è che ogni volta lo dicono con l’aria di chi ha avuto una grande idea. Innovativa. E invece è un concetto noto da millenni in ogni famiglia: ci sono quelli che si vendono la casa per pagare i debiti. Lo Stato italiano da oltre vent’anni, cioè da quando il debito pubblico ha raggiunto livelli stellari, pensa di tappare i buchi vendendo i suoi immobili. Nel solco della tradizione corrono idee strampalate e numeri a caso.

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121029montidraghidi Redazione Il Fatto Quotidiano
Una modifica ad hoc sulla definizione di no profit. Obiettivo? Permettere alla Chiesa di non pagare la tassa sugli immobili relativa alle ‘attività ad uso misto’, ovvero quelle che producono utili (cliniche, alberghi, ostelli, mense, ecc). Se non è un colpo di mano poco ci manca. Il governo tecnico di Mario Monti ci sta riprovando: cambiare in corsa le regole del gioco al fine di far risparmiare il Vaticano sull’Imu. Una mossa che non piace né al Consiglio di Stato (che il 4 ottobre scorso ha bocciato il regolamento per l’Imu prodotto dal ministero dell’Economia), né probabilmente all’Europa tanto cara ai professori, che potrebbe sanzionare l’Italia per aiuti di stato illegali.

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diseguaglianzesociali

di Mario Pianta

Il reddito di cento poveri vale quello di ciascuno dei 38 mila italiani più ricchi. E ci vuole la ricchezza di trecentomila poveri – persone che rientrano nel 10% degli italiani con meno risorse – per uguagliare il patrimonio di uno dei dieci italiani più ricchi. Nel 2010 la ricchezza netta totale degli italiani era stimata in 9.500 miliardi di euro, ed è cresciuta moltissimo: oggi (a prezzi costanti) è sette volte e mezza in più del 1965; il tasso di crescita è stato del 4,7% l'anno, un record a confronto con il ristagno del reddito complessivo.

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diritto_lavoro

 

di Alberto Burgio e Roberto Croce

Il diavolo, come si dice, si nasconde nei dettagli. Tra le pieghe, la manovra economica varata dal governo colpisce una storica garanzia posta a tutela dei lavoratori: la gratuità del processo del lavoro. Anche per questo stupisce che il capo dello Stato, normalmente così attento ai diritti dei lavoratori, l'abbia avallata. Il comma 6 dell'articolo 27 del decreto legge 98 estende ai «processi per controversie di previdenza ed assistenza obbligatorie nonché per quelle individuali di lavoro o concernenti rapporti di pubblico impiego» il contributo unificato di iscrizione a ruolo previsto dall'articolo 13 del Dpr n. 115 del 2002.
Tradotto in volgare vuol dire che, da oggi, se un lavoratore (anche precario o in nero) vuol iniziare una causa contro il datore di lavoro o un cittadino intende rivendicare in giudizio una prestazione previdenziale o assistenziale, non potrà muovere un passo senza versare un contributo a partire da 37 euro (ma secondo gli studi della Cgil, il costo medio di ogni causa sarà di 233 euro).

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