crisiDi Roberto Musacchio

Con il voto della costituenda Grossa Coalizione Italiana sono stati sdoganati i punti chiave della rivoluzione postdemocratica europea. Approvata la struttura burocratica e intergovernativa di euro plus; i provvedimenti che dettano cifre e metodi del governo fiscale, il six pack; dato il via libera al Trattato Fiscale Intergovernativo che costituzionalizza la politica di obbligo al pareggio di bilancio e lo fa dando mandato alla modifica delle Costituzioni nazionali. Tanta roba, che forse però non è chiara a tutti.

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Michele Prospero

120204buttonsCon un tesoriere appena sorpreso con le mani nel sacco, la campagna di delegittimazione dei partiti assume toni sempre più parossistici. Mentre i media colpiscono il ventre molle di partiti indifendibili percepiti come custodi di cospicui tesoretti, è quasi unainsensata provocazione provare a riflettere con freddezza sul nesso accettabile tra politica e denaro pubblico. Per affrontare la controversa faccenda dei costi della politica è opportuno anzitutto chiedere: i partiti servono o no? Per molti osservatori la risposta è negativa. Il sogno dei grandi apparati industriali e mediatici è quello di scacciare i partiti per determinare non solo l’agenda politica, ma anche per designare comodamente il personale politico più gradito cui affidare in appalto la leadership.

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111228vladimiro_giaccheVladimiro Giacchè
Se le cose in Europa non cambiano, e velocemente, l'euro rischia grosso. «Per quanto grandi siano i costi di una rottura dell'unione monetaria, se la moneta unica finisce per significare rendimenti dei titoli di Stato fuori controllo, deflazione salariale e recessioni economiche prolungate, prima o poi il problema si porra". Riportiamo ampi stralci dell'intervista di Vladimiro giacchè responsabile Affari Generali della Sator di Matteo Arpe, che, precisando di parlare a titolo personale, ha rilasciato ad Adnkronos sulla situazione in cui versa la moneta unica e sulla crisi. Dopo il 'patto fiscale concordato da 26 Paesi dell'Ue nel corso del vertice di inizio dicembre. Normalista, studi universitari condotti tra Pisa e Bochum e poi incarichi di alto livello nel Mediocredito Centrale e nel gruppo Capitalia, Giacchè è autore di numerosi volumi. «E prima o poi - dice - qualcuno potrebbe essere tentato di anticipare i tempi e far saltare il banco, per non arrivare privo di risorse alla meta». «Credo che tutte queste cose dovrebbero essere attentamente considerate da chi gestisce le cose in Europa. Anche perchè dovrebbe essere evidente che la sfiducia degli investitori riguarda ormai in primo luogo la capacità dell'establishment europeo di gestire con efficacia la situazione». ?I rischi per la moneta unica sono tali che la possibilità di una sua sparizione non sono avanzati solo dagli esperti e dai giornali, ma sono ormai inseriti nei prospetti informativi destinati agli investitori, come, ad esempio, quello pubblicato da Unicredit nei giorni scorsi.

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di Romina Velchi

Il nodo scorsoio si stringe sempre più attorno al collo del Pd. La riforma del lavoro, con a corredo il boccone avvelenato della modifica (leggi cancellazione) dell'articolo 18 rischia di diventare per il partito di Bersani un vero Vietnam. Quello che, approfittando della ghiotta occasione per sottrarre voti ai Democratici, promette Antonio Di Pietro "in Parlamento e in piazza" per fermare il provvedimento del duo Monti-Fornero.

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di Gianni Sartini
In Val di Susa il Partito democratico passa alle purghe contro i “dissidenti No Tav”. Il tira e molla andava avanti da mesi. Il Pd torinese ha deciso di espellere dalle sue fila alcuni eletti le cui posizioni erano e sono contrarie alla realizzazione della linea Torino-Lione. Sono l’ex sindaco di Avigliana (e attuale assessore) Carla Mattioli, l’ex vice Arnaldo Reviglio e l’attuale vicesindaco Andrea Archinà. “Un partito che espelle e non accoglie non ha futuro”, ha commentato alcuni democratici contrari alle “purghe”.

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di Domenico Moro

Dopo un complicato togli e metti durato giorni, la versione uscita dalla Commissione Bilancio e che verrà sottoposta alla Camera nei prossimi giorni, è riuscita nella mission impossibile di peggiorare la versione iniziale della Legge di stabilità, battendosi per conservare le cose sbagliate. L’incredibile è stato toccato con le scuole private, che, grazie all’impegno della maggioranza, hanno conservano i 223 milioni previsti dalla Legge di stabilità, cui si aggiungono 10 milioni previsti nella spending review, mentre la scuola pubblica subisce tagli pesantissimi. Ma questo evidentemente non conta per Simonetta Rubinato del Pd, presentatrice dell'emendamento, che esulta: «Il governo è stato battuto.

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Documento approvato dal Comitato Politico nazionale del 23 dicembre 2012

Il Comitato Politico Nazionale di Rifondazione Comunista saluta positivamente la possibilità di costruire una lista unitaria di alternativa e di sinistra, portatrice di una proposta antiliberista in radicale alternativa all’agenda Monti, che abbia in Antonio Ingroia il candidato presidente.

La costruzione di questa lista unitaria, da definirsi in relazione ai soggetti sociali, culturali e politici disponibili a questa prospettiva, rappresenta il raggiungimento dell’obiettivo che ci siamo posti da mesi ed è per noi un punto politico irrinunciabile.

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Cacciabombardieri, corazzate, bombe, munizioni. Tutte le armi distruttive vengono spostate nella contabilità del Pil, da un capitolo all'altro: e nel passaggio, acquistano valore. Così sale il Pil dei paesi più armati. Parola di Eurostat.
Metti un turbo nel Pil. Le nuove direttive statistiche internazionali, con l'aggiornamento dei manuali a cui si attengono i sistemi nazionali di statistica in tutto il mondo, porteranno dal 2014 una sorpresa, cambiando i metodi di contabilizzazione delle spese militari. A essere “premiati”, con un salto in avanti del prodotto interno lordo, saranno soprattutto i paesi con maggior produzione di armamenti di tipo puramente offensivo; cioè quelle armi che si distruggono nel loro uso bellico, non appena raggiungono l'obiettivo per cui sono state costruite: ammazzare e distruggere.

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110708notavMaurizio Pagliassotti

Il Tav perde i pezzi nel silenzio imbarazzato di coloro che in questi giorni hanno rassicurato la pubblica opinione con melliflue parole di conforto: il cantiere è partito, l'accordo con la Francia c'è. La guerra di domenica e il fallimento del vertice italo francese di ieri, non si può definire diversamente l'ennesimo rinvio a settembre sulla ripartizione dei costi, hanno portato il commissario europeo Kallas ad annunciare un taglio del finanziamento pubblico che dovrebbe coprire i costi per la costruzione del tunnel geo gnostico a Chiomonte. La bubbola linguistica che ultimamente va di moda nei media amici, il Tav sarebbe ora versione "low cost", non convince quindi Kallas. Una mazzata a cui nessuno, almeno fino alle sette di ieri sera, riesce a rispondere. Né Virano, né Matteoli, Fassino e gli altri ultras. Ci prova il governatore Cota che si dice contento.

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