120225montidi Pitagora
Dopo un anno di governo Monti l’economia italiana sta peggio di prima. La situazione della finanza pubblica è peggiorata, la recessione è più grave, la distribuzione del reddito più disuguale. E nel 2013 tutto diventerà più difficile per i vincoli del Fiscal compact. Così, le alternative per la politica economica sono due…

È trascorso un anno dall’insediamento del governo di Mario Monti. Dopo la fine ingloriosa dell’egemonia berlusconiana, culminata con l’umiliazione subita dall’Italia al vertice dei capi di stato e di governo dell’Unione Europea di Cannes, il Capo dello stato incaricò il Professor Monti di dar vita a un nuovo governo con l’obiettivo di riacquistare la credibilità internazionale che, anche sui mercati finanziari, era stata perduta dal nostro paese; gran parte degli italiani appoggiò la scelta.

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L-Aquila-primarie

di Marco Fars*

A L'Aquila, le primarie di una parte del centrosinistra hanno visto l'affermazione di Cialente con il 70% dei voti, contro il 30% del candidato alternativo Vittorio Festuccia. Massimo Cialente, sindaco uscente del PD

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grillobeppedi Federico Mello
Questa volta tutto si può dire a Beppe Grillo tranne che non sia stato chiaro. Ieri, dopo giorni di polemiche per gli scarsi risultati delle sue “Parlamentarie ”, dopo che molti gruppi locali hanno espresso disagio per le imposizioni che continuano ad arrivare dall ’alto, il “capo politico” ha messo la parola “fine ” alle richieste di maggiore democrazia. Nel suo editto Grillo prima si loda per la maggioranza di donne nelle sue liste (e per il “costo zero ”delle votazioni online), poi spara ad alzo zero: «Quanti voti ha preso ognuno dei mille parlamentari oggi in Parlamento? Cinque, quelli dei segretari di partito. Non venite a rompermi i coglioni (a me!) sulla democrazia ». Poi aggiunge: «Mi sto stufando. Mi sto arrabbiando. Mi sto arrabbiando seriamente.

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121128degregoridi Massimo Bernardini
Mi succedeva, una volta, in un’altra vita professionale, di scrivere di canzoni appena uscite. Era il rito esclusivo, emozionante di trovarsi fra le mani fragranti i nuovi vinili, poi cd, in anticipo di qualche giorno dall'uscita. E doverne scrivere rispettando l’”embargo ”, come per un discorso papale o di un segretario di partito. Si era giovani molto seri allora, consapevoli che il privilegio di arrivare a “firma - re”per una testata, grande o piccola che fosse, comportasse quasi religiosa attenzione all'oggetto dell'indagine.Dunque si ascoltava e riascoltava decine di volte, prima di battere sui tasti un'azzardata opinione. Si appuntavano pensieri, si scalettavano percorsi.

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unioneeuropeadi Paul Krugman
Ho sempre rispettato Mr. Monti come commissario europeo e saggio osservatore degli affari europei, ma sono più scettico circa la sua performance come capo del governo in Italia. L’adulazione acritica di cui a volte ha goduto era basata sull’idea che si potessero risolvere i problemi dell’Italia mettendo da parte la politica, imponendo alcune riforme e molta austerità. In Italia vi era consenso sul fatto che solo un governo tecnocratico avrebbe potuto consegnare questo tipo di politiche.
La magia Monti è sembrata funzionare per un po’ – molto più a lungo di quanto mi aspettassi. I rendimenti sui titoli italiani a 10 anni sono scesi a circa 200 punti base durante il suo mandato, perché gli investitori, alla disperata ricerca di buone notizie, volevano credere alla magia.

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121213giacchedi Vladimiro Giacchè
Banche «troppo grandi per fallire», attività a forte rischio, bonus milionari, scandali (uno per tutti: la manipolazione del Libor, uno dei tassi d’interesse più usati del mondo). Siamo tornati al punto di partenza di questa crisi, che anche in Europa – come ha ammesso un editoriale del «Financial Times» – «è stata causata più da eccessi di debito privato, particolarmente nel settore bancario, che dalla prodigalità del settore pubblico».
Ma con un’importante differenza rispetto alla situazione pre-crisi. Il modello di sviluppo basato sulla finanza e sul debito, dopo oltre 30 anni di onorato servizio, si è irrimediabilmente rotto nel 2007/8.

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1gallino

di Luciano Gallino
Di fronte a un’emergenza che si riassume in quattro milioni di disoccupati e altrettanti di precari, con una marcata tendenza al peggioramento, qualsiasi intervento in tema di occupazione dovrebbe presentare una serie di caratteristiche quali: creare in breve tempo il maggior numero di posti di lavoro; dare priorità alle fasce sociali più colpite, poiché un indicatore negativo che segna il 10 per cento per alcuni può toccare il doppio o il triplo per altri; privilegiare attività ad alta intensità di lavoro; indirizzare i nuovi occupati verso settori di pubblica utilità ed alta priorità, tipo, visto quel che succede, la messa in sicurezza antisismica degli edifici.

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120801ilvadi Monica Lanfranco

Quando Christa Wolf mise in bocca a Cassandra queste parole (tra uccidere e morire c’è una terza via: vivere) lo fece pensando alla guerra. Le donne dello Scamandro, lontane dal palazzo reale dove la natura era bandita, e con essa la vita, sapevano che era necessario, pena la fine dell’umanità, “combattere il male prima, quando ancora non si chiama guerra”. Una visione, questa, mai abbastanza valorizzata e praticata nella quale, negata la guerra come strumento di risoluzione dei conflitti, non si nega invece il motivo del conflitto, ma lo si pone al centro, affinché lo si riconosca, lo si dipani e quindi si costruisca l’alternativa.
Uso questa intuizione preziosa della studiosa tedesca per provare a ragionare sul drammatico caso di Taranto, città che da decenni vive l’atroce contrapposizione tra diritto al lavoro e diritto alla salute, identico dilemma vissuto anche in altri luoghi della penisola, (solo per citare i casi più noti nel tempo): l’Acna di Cengio, le acciaierie di Cornigliano, l’amianto di Casale Monferrato, il progetto Dal Molin, l’alta velocità in Val Susa, il terzo valico in Liguria.

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povertadi Luca Sappino
Ci hanno insegnato ad osservare lo Spread, a tenerlo sottocchio, preoccupandoci delle flessioni anche minime, temendo, più d’ogni altra cosa, le sue verticali impennate. Poi arrivano i dati sulla povertà e sulla produzione, e tutto riprende la giusta importanza. Perché, ci racconta la fotografia del rapporto dell’Istat su reddito e condizioni di vita, oltre un quarto degli italiani è a rischio povertà o esclusione sociale: per la precisione il 28,4 per cento, che è drammaticamente vicino a un terzo.
Che vuol dire? Il dato è calcolato secondo la definizione adottata nell ’ambito della strategia “Euro - pa 2020”, ed è un indicatore derivato dalla combinazione di tre diverse categorie: quella del “rischio di povertà” (calcolato sui redditi 2010), della “severa deprivazione materiale ”, e della “bassa intensità di lavoro”.

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