Siamo a venti anni esatti dall’inizio della restaurazione proprietaria iniziata nel 1993. Allora furono avviati due profondi processi. Da un lato si iniziò la cancellazione delle regole urbanistiche sostenendo che il futuro della città sarebbe stato garantito dagli interventi privati. Dall’altro lato furono cancellate definitivamente le politiche di finanziamento e realizzazione degli alloggi pubblici. Centodieci anni di ininterrotte politiche finalizzate alla realizzazione del sogno di fornire un’abitazione per le famiglie più povere furono cancellati in un sol colpo sulla base dell’ideologia liberista. Era stato il pensiero conservatore liberale sulla spinta del nascente movimento operaio di inizio secolo a far approvare nel 1903 dal regio Parlamento la legge di istituzione degli Istituti per le case popolari. Luigi Luzzatti, l’ideatore del corpus legislativo, era un esponente della destra storica, ma aveva la straordinaria sensibilità –era stato anche fondatore e presidente di banca- per comprendere una cosa semplicissima: una parte delle famiglie dei salariati non poteva in base al reddito percepito accedere in alcun modo al bene casa: ero lo Stato, la collettività che se ne doveva fare carico.