Scritto da Salvatore Cavaleri – Giovanni Di Benedetto
domenica 22 gennaio 2012
Pescatori ed agricoltori, disoccupati ed autotrasportatori, commercianti ed artigiani: in Sicilia è esplosa la protesta. Erano anni che la si auspicava e subito echeggiano i sospetti di torbidi criminali e di una jacquerie che si nutre di demagogia e populismo. Che ad accusare i manifestanti di contiguità con la mafia ci si metta pure Confindustria regionale suona quasi paradossale. Ma non era l’organizzazione degli imprenditori a esprimere gli interessi della borghesia mafiosa?
Alessandra Mecozzi*
Si sa che in tempi di crisi la solidarietà è la pianta che fa più fatica a crescere; invece l'attacco ai diritti e alle libertà è invasivo: se lo si lascia attecchire, non si riesce più a fermare (...) L'attacco a diritti e democrazia senza risposte forti dilagherà facilmente. Per questo, la campagna della Fiom contro la distruttiva politica della Fiat, avviata a Pomigliano nel dicembre 2010 e consolidata con l'accordo separato che estende a tutto il gruppo l'attacco alle condizioni di lavoro e alle libertà sindacali, viene alimentata da scioperi, manifestazioni ed anche azioni legali.
Ma la Fiat/Chrysler è una azienda globale: le violazioni dei diritti e delle libertà in Italia riguardano anche tutti coloro che lavorano nei suoi stabilimenti nel mondo. Non attacca solo leggi e Costituzione in Italia, ma viola anche il diritto internazionale del lavoro, contenuto nelle Convenzioni dell'Oil: la n. 87 sulla libertà sindacale (1948) e la n. 98, sul diritto di organizzazione e contrattazione collettiva (1949), entrambe ratificate dal governo italiano nel 1958.
Galapagos
È arrivata una nuova «lenzuolata» di liberalizzazioni. Ma queste contribuiranno a rilanciare lo sviluppo economico? E soprattutto, ci renderanno più liberi? No: queste deregolamentazioni porteranno qualche euro di risparmio alle famiglie, ma peggioreranno la vita di centinaia di migliaia (forse milioni) di persone distruggendo i rapporti sociali e rafforzando la precarizzazione dei lavoratori. In Italia le corporazioni sono una (brutta) realtà che trova la propria forza in parlamento dove a non essere rappresentati sono solo i lavoratori dipendenti, mentre a cominciare dagli avvocati e dai giornalisti le altre corporazioni resistono a ogni tentativo di riduzione del potere. Monti - è un suo merito - ci sta provando, ma non è detto che ci riesca: Berlusconi ieri ha minacciato emendamenti a raffica in parlamento.
Alberto Burgio, Claudio Grassi
Se è vero che il pericolo di una svolta autoritaria è concreto, è sempre più urgente e necessario moltiplicare gli sforzi per costruire la più vasta unità della sinistra politica e sociale, affinché il disagio dilagante nella società trovi un riferimento, interlocutori credibili, interpreti efficaci. Rivolgiamo questo appello unitario a tutti: alle forze politiche e di movimento, al centro e sui territori.
Si ha l'impressione che, forse per l'inconsapevole timore di guardare in faccia una realtà inquietante, stentiamo spesso a mettere insieme i diversi pezzi di analisi di cui, pure, siamo in possesso. Dell'estrema gravità della situazione sociale causata dalla crisi siamo tutti ben consapevoli. Meno, forse, dei pericoli che essa comporta.
Limitiamoci a ricordare due sintomi della macelleria sociale in atto: la catena di suicidi di lavoratori rimasti senza lavoro e senza prospettive, e di piccoli imprenditori, strozzati dalla stretta del credito e dalla perdita di commesse; e la cacciata della Fiom dalle fabbriche - segnale di un'autentica regressione protofascista - mentre la ministra del Lavoro insiste (in continuità con il predecessore) sulla necessità di cancellare le garanzie contro i licenziamenti arbitrari.