Come avevamo denunciato il ministro della transizione ecologica Cingolani non ha nulla a che fare con l'ambientalismo. Ci vuole una faccia davvero tosta per dichiarare in parlamento che non ci sono problemi a fare ricerche del titanio in una Zona di Protezione Speciale europea.
Il ministro dice che si può dare il via libera al permesso di ricerca di titanio nell'area del Beigua nonostante nell'area siano vietate le attività estrattive e l'apertura di nuove cave.
Non si capisce perchè si autorizzi dunque in zona protetta la ricerca di una società multinazionale volta a realizzare un'attività espressamente vietata.
Si va verso la realizzazione di una enorme miniera a cielo aperto un passo alla volta?
Molto più serio comunicare alla multinazionale che non sono autorizzabili ricerche perchè quelle aree sono comunque intoccabili e che il titanio rimarrà lì sotto.

Maurizio Acerbo, segretario nazionale
Elena Mazzoni, responsabile ambiente
Rifondazione Comunista - Sinistra Europea

beigua

 

Oggi 22 marzo è la Giornata mondiale dell’acqua e “Diamo valore all'acqua” è il tema con cui le Nazioni Unite hanno deciso di caratterizzare questa giornata. Purtroppo il valore per i governi neoliberisti si misura in profitti per gli azionisti non nella salvaguardia di un bene comune essenziale per la vita di miliardi di esseri umani.

Si stanno accelerando i processi di privatizzazione, mercificazione e finanziarizzazione. A fine 2020 l’acqua è stata quotata in borsa a Wall Street. L'Italia, con le sue grandi multi-utilities, è da anni dentro questi processi grazie alla scelta di entrambi i poli di privatizzare i servizi idrici. Non a caso il governo Pd-M5S-LeU aveva previsto di beneficiare le spa dell'acqua con 4 miliardi di fondi nella bozza di Recovery Plan. Tutte le forze che sostengono l'attuale governo e i precedenti hanno scientemente tradito la volontà espressa dal popolo italiano nel referendum del 2011 e entrambi gli schieramenti sono uniti dalla condivisione delle politiche neoliberiste.

Rifondazione Comunista sostiene la proposta del Forum Italiano dei movimenti per l’acqua, ovvero di un intervento che, nell’arco dei prossimi 5 anni, costruisca investimenti pubblici così ripartiti: 2 mld di € per la ripubblicizzazione del servizio idrico, da utilizzare nel primo anno di intervento; 7,5 mld. di € (cui aggiungere risorse provenienti dai soggetti gestori per circa ulteriori 2,5 mld) per la ristrutturazione delle reti idriche; 26 mld. di € (di cui 50% provenienti dal Recovery Plan e il restante 50% da ulteriori fonti di entrata quali l’applicazione più onerosa del principio “chi inquina paga”, la patrimoniale e l’eliminazione dei SAD.

Sosteniamo l’appello “Quotazione in Borsa dell’acqua: NO grazie”, lanciato dal Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua a fine gennaio e che si può firmare a questo link http://chng.it/8jDc4LwfBD.

L’appello ha già raccolto oltre 42.000 firme che verranno consegnate al Presidente del Consiglio, Mario Draghi, e alla Presidenza di Camera e Senato in un incontro in cui verrà chiesta con forza una presa di posizione ufficiale, del Governo e del Parlamento, contro la quotazione dell'acqua in Borsa, l’adozione di ogni iniziativa utile e misura concreta, al riavvio della discussione della proposta di legge “Disposizioni in materia di gestione pubblica e partecipativa del ciclo integrale delle acque” (A. C. n. 52) fino alla sua approvazione.

In risposta alle attività speculative, intorno al bene comune acqua, l’ONU ha lanciato un appello internazionale, in occasione della giornata mondiale dell’acqua del 22 marzo 2021, per difendere e valorizzare la risorsa idrica, il cui slogan è “#water2me.

C’è bisogno di battersi per un'alternativa al sistema neoliberista basato sullo sfruttamento della natura e delle nostre vite, nel rispetto dell’esito del referendum del 2011, e di investire perché l’acqua sia pubblica, pulita, accessibile a tutte e tutti, sicura e senza profitto #acquainborsaNOgrazie.

Nel sostenere, come sempre, tutte le campagne di movimento riteniamo doveroso aggiungere che proprio la vicenda dell'acqua dimostra che è necessario costruire un'alternativa politica e sociale ai poli esistenti oggi quasi tutti riuniti intorno al banchiere Draghi e che domani torneranno a fronteggiarsi come pesudo-alternative tutte interne al "pensiero unico". Anche per difendere l'acqua bene comune va costruita un'alternativa politica e sociale.

Maurizio Acerbo, segretario nazionale
Elena Mazzoni, responsabile ambiente
Rifondazione Comunista - Sinistra Europea

acqua22

Care Compagne e cari Compagni,
oggi, 19 marzo 2021, è la Giornata Mondiale di Azione per il Clima, la giornata in cui tutto il mondo ci si mobilita, in presenza ed in modo virtuale, per chiedere giustizia climatica, ambientale, economica e sociale.

Il riscaldamento globale costituisce una questione etica e politica ed investe ampi settori quali l'uguaglianza, i diritti umani, i diritti collettivi e le responsabilità storiche ed economiche che stanno alla base del cambiamento climatico.

Servono misure immediate e concrete in linea con la scienza, con il principio di giustizia climatica, con i diritti di tutte e tutti e non asservite agli interessi economici di governi ed imprese, responsabili della crisi attuale e che si nascondono dietro false promesse.

Gli effetti della crisi climatica sono già sotto i nostri occhi, la stessa sindemia del Covid, che ha la sua origine nella devastazione ambientale, evidenzia il bisogno di modificare urgentemente e radicalmente lo stato di cose presente. Occorre cambiare direzione per questo oggi alle 11:30 lanceremo sul sito L’Italia giusta e sostenibile-La nostra proposta di Recovery Plan che vi invitiamo a condividere e socializzare ovunque e che trovate in allegato insieme alla grafica da utilizzare.

Perché la battaglia contro la crisi climatica sia vinta servono obiettivi ambiziosi e reali, un forte intervento statale, investimenti nel settore pubblico e nessuna ingerenza di quei soggetti, da Eni a Confindustria, passando per Rockhopper e simili, che la crisi climatica, economica e sociale, l'hanno prodotta e sfruttata.

Affettuosi saluti comunisti

Elena Mazzoni, segreteria nazionale, responsabile Ambiente PRC-SE
Marco Cassatella, responsabile Ambiente Giovani Comunisti PRC-SE


a19

Ancora una condanna per Eni, dopo la maxi multa di 5 milioni di euro dello scorso anno per “pratica commerciale ingannevole” in merito alla pubblicità “ENIdiesel+”, che spacciava per non impattante, bio, green e rinnovabile un diesel esattamente identico agli altri. La sentenza questa volta, arrivata ieri in tarda serata, condanna il colosso per traffico illecito di rifiuti nel centro Oli di Viggiano e dispone una confisca da 44,2 milioni. La vicenda del polo Oli di Viggiano era al centro del caso che portò alle dimissioni dell’allora ministra dello Sviluppo Federica Guidi e che vide coinvolto Roberto Cerreto, il renziano ora braccio destro di Cingolani al nuovo super ministero della transizione ecologica.

Un manager di Eni sarebbe stato scelto come referente del tavolo ambiente e energia e dei lavori preparatori dei diversi delegati ministeriali per il G20 Ambiente, clima e energia che si terrà a luglio a Napoli. Se confermato sarebbe l'ennesima vergogna, affidare a una big del gas fossile e del petrolio, con varie condanne per pratiche illecite, le trattative del tavolo ambiente ed energia del G20.

Eni è un’azienda con grossi interessi internazionali nell’ambito del mercato delle fossili e le cui attività hanno un impatto negativo sul clima del Pianeta e una delle aziende italiane con il più alto livello di emissioni di Co2 al mondo, nonché tra le realtà principalmente responsabili dell’emergenza climatica in corso: le sue emissioni globali sono maggiori di quelle dell’Italia. Nei suoi piani futuri non prevede affatto la svolta green che sbandiera con spot o interventi sui media, ma intende continuare a puntare sul gas fossile, una delle cause della crisi climatica.

Abbiamo sempre denunciato questo modo di agire, inquinante ed illecito, permesso dal totale silenzio dei governi se non addirittura con il loro sostegno. L'Italia ed il Pianeta hanno bisogno di una vera svolta green e non può essere affidata a chi è la causa stessa del problema.

Elena Mazzoni, Responsabile nazionale ambiente PRC-S.E.

porto-torres-1200

Alberto Deambrogio*

Con la scorsa festività dell’Epifania è arrivato un “dono” che molti ambientalisti, esponenti di movimenti e forze politiche da anni impegnati nelle lotte contro il nucleare aspettavano: la carta CNAPI. Dietro questo acronimo, che come tutti gli acronimi può risultare un poco misterioso, si cela uno strumento assai importante, una vera e propria mappa con la proposta dei luoghi “meno inidonei” per collocare il sito unico nazionale di stoccaggio delle scorie nucleari. Per arrivare a quella mappa il cammino non è stato per niente facile, ci sono stati i lunghi silenzi della politica di solito abbinati a promesse di imminente pubblicazione; in realtà c’è voluta tutta la perseveranza e la cocciutaggine delle associazioni ambientaliste, con un “lavoro al corpo” costante, per ottenere infine il risultato dello scorso gennaio. Dopo il ributtante “metodo Scanzano” (ricordate la scelta scellerata e immotivata dell’allora Governo Berlusconi?) e dopo l’ennesima conferma referendaria allo stop per il nucleare (10 anni fa!) nel nostro Paese, in Piemonte in particolare, si sentiva come inspiegabile la mancanza di un percorso certo e verificabile per uscire dalla breve stagione dell’atomo, che però ha lasciato sui territori problemi ancora gravi e aperti.

La pubblicazione della carta CNAPI ha immediatamente scatenato reazioni da più parti, a dire il vero non sempre comprensibili e fondate. Se da una parte il modo ambientalista e più in generale tutti coloro i quali hanno lottato per porre termine all’esperienza nucleare hanno salutato abbastanza positivamente il documento basato su criteri verificabili, dall’altra si è da subito sollevata una ridda di contestazioni, solitamente portata avanti da politici e amministratori locali, tese a criticare le individuazioni contenute nella carta a partire da principi opinabili, aleatori, prettamente campanilistici. Chi ha scelto questo tipo di profilo non sempre in passato ha mostrato un grande trasporto ambientalista, ma forse ora quel che conta è l’incasso a breve di un facile consenso più che la fatica per imboccare finalmente la strada giusta per la risoluzione di un problema di prima grandezza. Ci sono state poi vette inarrivabili, come quella toccata dal Sindaco di Trino Vercellese, che pur non avendo il suo Comune ricompreso tra quelli possibili della carta (fortunatamente, vista l’estrema inidoneità!) ha proposto pubblicamente di avere tutte le scorie sul suo territorio, ottenendo così laute compensazioni.

Dall’ Epifania sono ormai trascorse alcune settimane, dopo i primi clamori, le prime valutazioni a caldo e le polemiche giornalistiche ora l’attenzione sulla carta CNAPI sembra essersi un poco affievolita. Eppure è proprio adesso che conta avere attenzione e partecipazione. Lo sa benissimo chi ha dato un primo giudizio generalmente positivo intorno al documento. Dopo l’allungamento dei termini per le osservazioni ottenuto nel recente decreto “milleproroghe”, inizia dunque la parte più importante e sicuramente non breve per tentare di portare a compimento il percorso verso il Sito unico nazionale. Diventa davvero dirimente il fatto che intorno ai criteri scelti si sviluppi trasparenza, consapevolezza, criticità. Questo tipo di operazione per essere efficace non può che richiedere un lavoro paziente e diffuso, un lavoro di massa insomma in grado di assicurare soluzioni non subite e, più in generale, una nuova attenzione ai temi energetico-ambientali.

Di questa nuova decisiva fase vogliamo parlare con Gian Piero Godio. La sua, nel campo antinucleare, è una storia esemplare per durata, coerenza, fondatezza scientifica, passione. Al di là dei vari ruoli assunti nel tempo in Legambiente, Godio è diventato un vero punto di riferimento a livello nazionale per tutte/i coloro i/le quali intendevano e intendono portare avanti le giuste battaglie contro il nucleare e i suoi esiti assai problematici da gestire.

Gian Piero, dopo le prime schermaglie polemiche dei giorni susseguenti alla pubblicazione della CNAPI, ora l’attenzione mediatica e politica sembra un po’ calata. In prima battuta vuoi ricordarci qual è stata la tua valutazione generale intorno a quel documento e ai principi che l’hanno ispirato?

Il nucleare non ha futuro, ma in Italia ha purtroppo un passato. Le quattro centrali nucleari italiane, tutte insieme, in tutta la loro attività trentennale, hanno prodotto 91 miliardi di kWh di energia elettrica, lasciando sul campo pericolosissime scorie radioattive di cui non sappiamo come liberarci. Al confronto, gli impianti fotovoltaici installati in Italia hanno prodotto 92 miliardi di kWh solo negli ultimi quattro anni, senza rischi di esplosione e senza radioattività.

Non è quindi certo più il caso di pensare al nucleare come fonte energetica sostenibile, ma purtroppo in Piemonte, a causa della passata stagione nucleare, quattro Comuni (Saluggia (VC) e Trino (VC), Bosco Marengo (AL) e Tortona (AL)) si trovano ad avere sul proprio territorio oltre l’ottanta percento dei materiali radioattivi di tutta Italia, in impianti e depositi collocati in aree a rischio. Inoltre a breve distanza si trova il sito nucleare del CCR Euratom di Ispra (VA). E in Emilia, Lazio, Campania e Basilicata la situazione è analoga.

E’ assurdo continuare a mantenere una simile quantità di materiali radioattivi in aree del tutto inidonee per la vicinanza ai fiumi, alle falde, alle zone abitate e a quelle agricole di qualità: è un atto di grave irresponsabilità che, ricordando la tragedia di Chernobyl del 26 aprile 1986, fa pensare che questi 34 anni siano passati invano.

Allora, dato che queste scorie radioattive non possono essere fatte sparire con la bacchetta magica, e che i siti attuali sono totalmente inidonei, dobbiamo esigere il trasferimento al più presto di tutti questi materiali pericolosi in un sito meno inidoneo, scelto con oggettività e trasparenza in modo che possa rappresentare la soluzione caratterizzata dal rischio più basso possibile.

La pubblicazione della CNAPI e l’avvio del processo per la sua revisione pubblica costruiscono il primo passo nella direzione che le associazioni ambientaliste hanno sempre richiesto, tant’è che l'avevano perentoriamente sollecitata il 25 novembre scorso scrivendo ai Ministeri dell’Ambiente e dello Sviluppo Economico e diffidandoli a dare il nulla osta a Sogin (la società di stato che gestisce l'«eredità nucleare» italiana) per la pubblicazione entro la fine del 2020.

Se è vero che di nucleare si parla meno, non è affatto vero che il periodo che si apre ora sia meno importante ai fini della effettiva risoluzione dei problemi. Questi ultimi riguardano tutto il territorio nazionale, ma è pur vero che l’esperienza piemontese insegna quanto può essere rischioso collocare le scorie in luoghi non idonei. Puoi descriverci meglio quali sono i riferimenti normativi e tecnici di riferimento?

Certamente però la scelta del sito non deve essere lasciata ai vari “mercanteggiamenti” a cui in Italia siamo stati purtroppo abituati. In questo senso hanno destato preoccupazione alcune recenti uscite, quale quella del sindaco di Trino, il quale, lungi da qualunque riflessione di tipo oggettivo, si diceva disponibile ad ospitare il Deposito Nazionale nel territorio del proprio Comune, così da beneficiare delle relative compensazioni.

No, la scelta non deve essere fatta in base alle “convenienze”, e neppure in base alla necessità economiche o sociali di un Comune, ma sulla base di oggettivi e pubblici criteri di minore pericolosità.

A questo scopo ISPRA ha definito, già dal 2014, con la propria Guida Tecnica n. 29, in primo luogo i “Criteri di Esclusione” in base ai quali andranno escluse le aree del territorio nazionale le cui caratteristiche non permettono di garantire piena rispondenza ai requisiti minimi di sicurezza che il Deposito Nazionale dovrà avere.

In base a questi criteri, sono ufficialmente da escludere le seguenti aree:

1) vulcaniche attive o quiescenti;

2) contrassegnate da sismicità elevata;

3) interessate da fenomeni di fogliazione;

4) caratterizzate da rischio e/o pericolosità geomorfologica e/o idraulica di qualsiasi grado e le fasce fluviali;

5) contraddistinte dalla presenza di depositi alluvionali di età olocenica;

6) ubicate ad altitudine maggiore di 700 m s.l.m.;

7) caratterizzate da versanti con pendenza media maggiore del 10%;

8) sino alla distanza di 5 km dalla linea di costa attuale oppure ubicate a distanza maggiore ma ad altitudine minore di 20 m s.l.m.;

9) interessate dal processo morfogenetico carsico o con presenza di sprofondamenti catastrofici improvvisi (sinkholes);

10) caratterizzate da livelli piezometrici affioranti o che, comunque, possano interferire con le strutture di fondazione del deposito;

11) naturali protette identificate ai sensi della normativa vigente;

12) che non siano ad adeguata distanza dai centri abitati;

13) che siano a distanza inferiore a 1 km da autostrade e strade extraurbane principali e da linee ferroviarie fondamentali e complementari;

14) caratterizzate dalla presenza nota di importanti risorse del sottosuolo;

15) caratterizzate dalla presenza di attività industriali a rischio di incidente rilevante, dighe e sbarramenti idraulici artificiali, aeroporti o poligoni di tiro militari operativi.

Avere finalmente dei criteri a disposizione non esaurisce affatto l’attività di controllo critico da parte di cittadini, organizzazioni, Enti locali. Puoi parlarci in modo particolare del lavoro importante che si dovrebbe fare intorno ad eventuali errori di applicazione dei criteri da parte di SOGIN e degli spazi di discrezionalità che quest’ultima può esercitare a partire dalle indicazioni di ISPRA?

E’ proprio l’esperienza vissuta nei decenni passati, e cioè quella di essere costretti a sopportare i rischi indebiti dovuti alla collocazione per nulla appropriata dei vari siti nucleari in tutta Italia, che ci porta a pretendere che il sito per il futuro Deposito Unico Nazionale venga scelto con oculatezza, oggettività e trasparenza, nel il pieno rispetto dei criteri di esclusione e di approfondimento, geografici e fisici prefissati dal D.Lgs. 31 del 15 febbraio 2010 e dalle Guide Tecniche 29 e 30 di Ispra, e validati a livello internazionale.

La proroga dei termini per l'invio delle osservazioni alla CNAPI è utile per approfondire l'analisi della documentazione pubblicata, ma non deve costituire un'ulteriore dilazione per arrivare prima possibile all'individuazione del sito e alla costruzione del Deposito.

Per questo, immediatamente dopo la pubblicazione della CNAPI, Legambiente e Pro Natura si sono messe a disposizione delle popolazioni e dei Comuni che si trovano nei pressi dei siti individuati da Sogin come “potenzialmente idonei”, per una rigorosa verifica della corretta applicazione dei criteri stessi.

Tale verifica ha portato alle seguenti prime osservazioni.

1) Sono stati individuati possibili errori nell'applicazione dei criteri di esclusione e di approfondimento contenuti nelle Guide Tecniche 29 e 30 di ISPRA, che possono essere dovuti a:

valutazioni errate (ad esempio: in CE10 valutazione errata della soggiacenza o della vulnerabilità della falda acquifera, CE03 in presenza di faglie o pieghe con relativi assi di sinclinale, ecc);

valutazioni non aggiornate (ad esempio: CE04 pericolosità idraulica con mancata considerazione di alluvionamenti recenti);

2) E’ stata individuata una discutibile discrezionalità utilizzata da Sogin nell'applicazione dei criteri di esclusione che le Guide Tecniche 29 e 30 di ISPRA prevedono con modalità non completamente definite:

CE03 Mancata esclusione delle aree attraversate da assi di sinclinale;

CE04 Mancata esclusione di aree colpite da fenomeni alluvionali recenti;

CE10 Mancata esclusione delle aree caratterizzate da una soggiacenza della falda inferiore alla massima profondità del Deposito;

CE12 Mancata considerazione della fascia di rispetto urbanistica da prevedersi intorno al Deposito e da considerare per la valutazione delle distanze minime dai centri abitati;

CE13 Esclusione non motivata di aree a distanza inferiore a 1 km da viabilità diversa da “autostrade e strade extraurbane principali”;

CE14 Mancata esclusione di aree caratterizzate dalla presenza di importanti bacini acquiferi sotterranei accompagnata da una significativa vulnerabilità della falda superficiale e dalla presenza di pozzi comunicanti;

ESCLUSIONI A LIVELLO REGIONALE E LOCALE: non risultano evidenziati i criteri seguiti.

Alcuni altri interrogativi rimangono ancora senza risposta, ma proprio per questo vanno riposti costantemente. Da una parte c’è tutta la partita dei nostri “rifiuti all’estero”, dall’altra, rimanendo a casa nostra, ci sono i dubbi di tipo urbanistico intorno all’eventuale Sito unico nazionale, nonché le priorità da stabilire per l’eventuale trasferimento nel medesimo dei materiali radioattivi. Ce ne vuoi parlare?

Effettivamente il 99% della radioattività prodotta dalle quattro centrali nucleari italiane è stato trasferito all'estero per il riprocessamento, ma i rifiuti ad alta radioattività risultanti da questo trattamento dovranno presto rientrare in Italia.

Per quelli rimasti in Italia sarà bene prevedere già fin da ora quali saranno i materiali radioattivi che dovranno essere trasferiti prima di altri al deposito nazionale una volta che sarà realizzato: noi proponiamo che si trasferiscano prima i rifiuti che si trovano in una situazione di maggiore rischio.

Di seguito la previsione presentata da Sogin nella audizione al Senato del 20 dicembre 2018.

Torniamo un attimo in Piemonte. Non è per campanilismo, poiché tutti sanno che scelte sbagliate fatte e mantenute per anni regalano questa regione un triste primato: quello dei siti temporanei sempre in procinto di diventare definitivi. Oggi si dovrebbe lavorare per scongiurare questa ipotesi, ma nel frattempo quale è lo “stato di salute” dei siti nucleari piemontesi?

E' ormai da più di trent'anni che il sito nucleare di Saluggia fa da Deposito nazionale essendo costretto ad ospitare la maggiore quantità di radioattività senza averne il minimo requisito. E non è che il fatto che sia ufficialmente un deposito provvisorio ne diminuisca la pericolosità. Se accettiamo questa provvisorietà accettiamo che si consolidi la presenza dei materiali radioattivi in un luogo assolutamente a rischio. In caso di un malaugurato guasto, incidente, evento naturale distruttivo, atto terroristico o bellico quello che fa la vera differenza è la collocazione in un'area più o meno a rischio.

La situazione in termini di radioattività oggi è riportata nella seguente tabella, tratta dal “Programma Nazionale per la gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi” pubblicato in Gazzetta Ufficiale l'11 dicembre 2019, dove la radioattività è espressa in GBq (miliardi di Becquerel)

(1) VSLW: rifiuti radioattivi a vita media molto breve

(2) VLLW: rifiuti radioattivi di attività molto bassa

(3) LLW: rifiuti radioattivi di bassa attività

(4) ILW: rifiuti radioattivi di media attività

(5) HLW: rifiuti radioattivi di alta attività

Un’ultima domanda. Quali sono secondo te i principali ulteriori problemi, non necessariamente di tipo tecnico procedurale, che intravvedi sulla strada difficile dell’individuazione corretta del Sito unico nazionale?

Affinchè l'individuazione possa essere il più appropriata possibile occorre in questa fase pretendere di discutere anche di come Sogin ha deciso di applicare alcuni ulteriori criteri di dettaglio.

Infatti, l’art. 27 del D.Lgs. 31 del 15 febbraio 2010 prevede che la proposta di Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee sia accompagnata da un “ordine di idoneità delle aree identificate sulla base delle caratteristiche tecniche e socio-ambientali”.

Noi riteniamo che Sogin abbia utilizzato una discutibile discrezionalità nella definizione e applicazione dei criteri per stabilire tale “ordine di idoneità” in base ai quali classificare i siti potenzialmente idonei.

In particolare osserviamo che per stabilire l’ordine di idoneità tra le varie aree potenzialmente idonee è necessario assegnare ai vari criteri un “peso” diverso, proporzionale alla sua importanza, per evitare rischi e proteggere l’ambiente.

Ad esempio, a parità di requisiti di sicurezza che debbono essere garantiti dal rigoroso rispetto dei criteri di esclusione e di approfondimento, riteniamo che il criterio di preferire quelle aree potenzialmente idonee che comportano la minimizzazione dei trasporti nucleari che saranno necessari per trasferire i materiali radioattivi dai siti attuali al deposito nazionale debba avere un peso molto superiore al pur giusto criterio di preferire quelle aree potenzialmente idonee che sono ad una minore distanza rispetto ad una linea ferroviaria esistente.

Infatti i volumi di materiali radioattivi da trasportare al futuro deposito nazionale sono così distribuiti:

*http://www.lavoroesalute.org/

Cerca

Sostieni il Partito


 

COME SOTTOSCRIVERE

  • tramite bonifico sul cc intestato al PRC-SE al seguente IBAN: IT74E0501803200000011715208 presso Banca Etica.
  • attivando un RID online o utilizzando questo modulo
  • con carta di credito sul circuito sicuro PayPal (bottone DONAZIONE PayPal sopra)

Ricordiamo che le sottoscrizioni eseguite con la causale erogazione liberale a favore di partito politico potranno essere detratte con la dichiarazione dei redditi del prossimo anno