Care compagne e cari compagni,

la notte tra il 4 ed il 5 gennaio, il Mise e il Ministero dell'ambiente, hanno reso pubblica la mappa dei 67 siti “candidati” ad ospitare, entro il 2025, il deposito nazionale di 78mila metri cubi di scorie radioattive, più circa altri 400 metri cubi assai pericolosi, costituiti da combustibile non riprocessabile o da combustibili mandati in Francia e Gran Bretagna (a pagamento) per essere riprocessati, e che decadono in migliaia di anni. Resteranno nel Deposito per essere avviati a uno stoccaggio di profondità, anche se per ora non si sa dove, come e quando. Di certo c’è che, ad esempio, ad oggi a Trisaia in Basilicata alcuni contenitori che hanno 50 anni contengono una soluzione liquida di uranio arricchito, mentre a Saluggia, vicino a Vercelli e in riva alla Dora Baltea, giacciono 230 metri cubi di rifiuti liquidi ad alta attività sempre dentro a contenitori di 50 anni fa.

Si tratta di Comuni raccolti in cinque macrozone:

Piemonte con 8 aree tra le province di Torino e Alessandria, Comuni di Caluso, Mazzè, Rondissone, Carmagnola, Alessandria, Quargento, Bosco Marengo;

Toscana-Lazio con 24 aree tra Siena, comune di Pienza, Grosseto e ben 22 siti in provincia di Viterbo;

Basilicata-Puglia con 17 aree tra Potenza, Matera, Bari, Taranto;

Sardegna con 14 aree in provincia di Oristano e nel Sud Sardegna;

Sicilia, 4 aree nelle province di Trapani, Palermo, Caltanissetta (Comuni di Trapani, Calatafimi, Segesta, Castellana, Petralia, Butera).

La spesa prevista, per il Deposito e il Parco tecnologico, è di circa 900 milioni di euro, che saranno prelevati dalle componenti della bolletta elettrica pagata dai consumatori.

La Sogin, la società che si occupa dello smantellamento delle vecchie centrali, nata nel 2001, costa, di sole spese di gestione, circa 130 milioni l'anno, pagati in bolletta. Di rinvio in rinvio ha programmato la fine del decommissioning nucleare al 2036, 49 anni dopo il referendum del 1987. La società ha accumulato enormi ritardi nella messa in sicurezza dei rifiuti nucleari nazionali e nello smantellamento degli impianti, spendendo sinora, tutti prelevati sempre dalla bolletta elettrica, più di 4 miliardi di euro per completare circa il 30% dei lavori. Solo due mesi fa la Sogin ha visto pressoché deserta l’ennesima gara per la realizzazione dell'impianto Cemex per la messa in sicurezza dei più pericolosi rifiuti radioattivi italiani, quelli liquidi di Saluggia.

Il 30 ottobre scorso la Commissione europea aveva aperto verso il nostro Paese la procedura di infrazione per non aver ancora adottato un programma nazionale per la gestione dei rifiuti radioattivi, in linea con la direttiva sul combustibile esaurito e sui rifiuti radioattivi del 2011.

In allegato a questa comunicazione trovate la documentazione per accedere alla consultazione pubblica come comitati o istituzioni locali.

Altre informazioni sul sito, dal nome piuttosto ottimista, del deposito nazionale Deposito Nazionale: Scriviamo insieme un futuro più sicuro per Italia

A disposizione per qualsiasi chiarimento

Elena Mazzoni
Segreteria nazionale, Responsabile Ambiente PRC-SE

Altro che transizione verde, altro che sostegni alle categorie in difficoltà.

Nella bozza del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, che circola negli ultimi giorni, spuntano gli aiuti per ENI e consorelle, in operazioni che vanno dai progetti di confinamento geologico della CO2 a Ravenna, contro i quali avevamo già espresso la nostra denuncia ai tempi del Piano Colao, a presunte bioraffinerie.

Il governo si prepara quindi a fare del PNRR un piano finanziario a vantaggio di aziende che operano in direzione diametralmente opposta all’obiettivo di definitivo superamento dei combustibili fossili, come si evince chiaramente dall’attuale piano industriale di ENI, assolutamente non in linea con gli obiettivi dell’Accordo di Parigi e che rimanda le riduzioni delle emissioni di CO2 a dopo il 2030.

Se il Governo ha veramente a cuore l'ambiente inizi a tagliare le decine di miliardi di sussidi ambientalmente dannosi invece di usare una finta transizione energetica ed il ricatto occupazionale come scusa per ripetere il vecchio schema della socializzazione dei costi ambientali e delle perdite prodotte da aziende come ENI.

Abbiamo bisogno di investimenti nel settore dei trasporti pubblici sostenibili ed accessibile a tutte e tutti, nella scuola, nella sanità e non dell’ennesimo regalo alle multinazionali predatorie di territori e diritti.

Elena Mazzoni, Resp. Ambiente PRC-S.E.

o.579072

La ministra Bellanova vuole rifilarci per Natale il via libera agli OGM. Domani la commissione agricoltura dovrà esprimersi su quattro decreti della ministra dell'agricoltura.
Noi di Rifondazione Comunista condividiamo la protesta delle associazioni ambientaliste e dell'agricoltura biologica.
Sarebbe autolesionismo per l'Italia aprire le porte agli OGM quando la forza della nostra agricoltura è nella sua tipicità.

Maurizio Acerbo, segretario nazionale
Elena Mazzoni, responsabile ambiente
Partito della Rifondazione Comunista - Sinistra Europea

ogm21

Nel riordino della disciplina ambientale, il TUA ha rielaborato anche la disciplina bonifica dei siti contaminati, abrogando l’art. 17, D.Lgs. n. 22/1997 (cosiddetto “decreto Ronchi”) e le sue norme applicative, D.M. n. 471/1999.
Con il decreto Ronchi furono fissati i valori limite per gli inquinanti, scandite le varie fasi del procedimento, attribuite le competenze e stabilite le regole tecniche.

La dispensa ricostruisce l’evoluzione della discussione e delle leggi attorno alle bonifiche e i casi di applicazione.

LA BONIFICA E LA RIPARAZIONE DEL DANNO AMBIENTALE

tua27

La Corte di giustizia europea ha giustamente condannato l'Italia per violazione della direttiva sulla qualità aria. Si tratta di una bocciatura senza appello per i governi nazionali e regionali. Le classi dirigenti di questo paese andrebbero processate sul piano penale visto che, secondo l'autorevole rivista scientifica internazionale The Lancet, nel 2016 eravamo (e probabilmente lo siamo rimasti) primi in Europa e undicesimi al mondo per decessi dovuti al PM10, con la perdita precoce di 45.600 vite umane all'anno.

Una strage che la nostra classe dirigente - politica ed economica - fa finta di ignorare.

Sul PM10 di fatto sono tutti negazionisti.

Come definire un paese che in aree strategiche e sovrappopolate continua a registrare nell'aria una concentrazione di PM10 sistematicamente sopra i limiti dal 2008 al 2017 violando in maniera sistematica e continuata i valori limite UE?

E ha ragione la Corte di Giustizia Ue quando dichiara che l'Italia non ha adottato misure adeguate per garantire il rispetto dei valori limite.

L'elenco delle aree fuorilegge riguarda Roma, Napoli, Milano, Brescia, Bergamo e la pianura lombarda, tanta parte del Veneto, Torino, Palermo, aree vaste dell'Emilia Romagna e della Toscana.

E' un modello di sviluppo cancerogeno che viene interpellato in un paese in cui si continuano a costruire bretelle autostradali e a consumare suolo con un'interminabile sprawl e disordine insediativo.

Tutto questo accade perché le forze politiche sono verdi solo a chiacchiere ma entrambe le coalizioni sono subalterne a interessi economici e a logiche che mettono il profitto e la rendita al di sopra del diritto alla salute. Non c'è solo un problema culturale di incapacità progettuale e di sviluppismo, c'è la concreta propensione ad assecondare interessi capitalistici che sono ben rappresentati anche nell'informazione.

In Italia c'è bisogno di un polo rossoverde del "popolo inquinato" e sfruttato.

L'ecologia non è un lusso e non può essere un fiorellino sul bavero della giacca di chi governa al servizio del partito trasversale dello smog e del cemento.

Maurizio Acerbo, segretario nazionale,
Elena Mazzoni, responsabile ambiente,
Partito della Rifondazione Comunista - Sinistra europea

- Sentenza Corte di Giustizia

- Zone sforamento PM10

inqui10

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