Mercoledì 1 settembre verrà lanciata, in oltre 80 città di tutto il Mondo, la campagna #PlantBasedTreaty, progettata per mettere i sistemi di produzione alimentare in prima linea nella lotta contro la crisi climatico-ecologica, sostenuta da associazioni, movimenti ed artisti di fama internazionale come il musicista Moby. Ci saremo anche noi del Partito della Rifondazione Comunista, e dei/le Giovani/e Comunisti/e con il Segretario nazionale Maurizio Acerbo. Parteciperà anche Paolo Berdini, unico candidato sindaco ecologista a Roma. L'appuntamento a Roma, dalle 10:30, in piazza del Campidoglio insieme a diverse altre associazioni e movimenti tra cui Animal Save Roma, Fairwatch, Fridays for Future e Extinction Rebellion, per ribadire l'insostenibilità sociale, ambientale ed etica dell'attuale sistema economico ed alimentare. Abbiamo deciso di impegnarci attivamente attraverso la cooperazione con le diverse associazioni che si occupano e preoccupano di curare il pianeta dalle scelleratezze del sistema capitalista. La lotta per salvare il Pianeta e garantire la sopravvivenza della nostra specie non può non passare per la lotta in favore del cibo che crediamo sia giusto produrre e mangiare per noi stess? e per il pianeta.

Elena Mazzoni, responsabile nazionale ambiente PRC-SE
Marco cassatella, responsabile nazionale ambiente Giovani/e Comunisti/e

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Elena Mazzoni*
Marco Cassatella**

Come Partito della Rifondazione Comunista e Giovani Comuniste/i abbiamo deciso di aderire al Plant Based Treaty una campagna “progettata per mettere i sistemi di produzione alimentare in prima linea nella lotta contro la crisi climatico-ecologica. il Plant Based Treaty mira a fermare il diffuso degrado degli ecosistemi causato dall’industria animale e a promuovere una trasformazione del sistema di produzione alimentare in un sistema etico, sostenibile e giusto per ogni specie vivente.”

La Terra è un treno in corsa sul ciglio di un burrone e le conseguenze di devastazione ed inquinamento ci stanno facendo cadere.

Tuttavia aldilà di quello che è facile pensare l’inquinamento ambientale non deriva solo dal settore dei trasporti o dalla produzione di energia. Diverse e molto complesse sono le stime della ripartizione dell’inquinamento in base ai settori delle principali attività umane. Secondo la più citata dell’IPCC (Gruppo Intergovernativo sul Cambiamento Climatico) che si basa su dati del 2010:

- Il 25% deriva dalla produzione di elettricità e calore, dalla combustione di carbone, gas naturali o

petrolio;

- Il 24% dall’agricoltura, allevamento e deforestazione;

- Il 14% dai trasporti

- Il 6% dal consumo di combustibili fossili per uso residenziale o commerciale;

- Il 10% da altre attività come raffinazione del petrolio, estrazione dei combustibili fossili e il loro trasporto.

L’idea che il consumo della carne possa essere un pericolo per la salute del pianeta oltre che della nostra fa

storcere il naso a tanti. Ma incominciando a considerare le percentuali sopracitate le idee si incominciano a schiarire, anche se alcune domande restano: come può un’abitudine alimentare causare inquinamento, consumo di suolo, deforestazione, perdita di biodiversità, diffusione di germi patogeni, maggiore mortalità per chi la consuma?

La risposta è sempre la stessa: il sistema di produzione.

Nel sistema di mercato liberale la produzione dei beni è condizionata dalla “domanda” del bene stesso. La richiesta di carne negli ultimi 60 anni è cresciuta vertiginosamente e questo ha portato ad un incremento della produzione che a sua volta ha reso necessaria l’industrializzazione del settore agricolo sancendo la

nascita del sistema agroalimentare. Questo processo ha ridefinito la produzione agricola, che nella metà del novecento era basata sulla coltivazione di prodotti vegetali, i quali a parità di peso sono molto più nutrienti e quindi sfamavano e sfamano più bocche rispetto alla carne. Ma siccome le leggi del mercato hanno la meglio su tutto il resto, nascono le infinite distese di allevamenti intensivi (e di coltivazioni intensive di mangimi). Luoghi o non luoghi che si erigono lontano dagli occhi di tutti: animali stipati in pochi metri, ingrassati fino all’impossibile, cresciuti solo per rispettare le logiche del mercato. Con lo sviluppo del sistema di allevamento industriale la produzione di carne è aumentata vertiginosamente. Oggi si producono 335 milioni di tonnellate di carne. Nel 2050 si stima che la produzione arriverà a 455 milioni di tonnellate (Un Food and Agricoltue Organization, 2018). Questo significa che ci saranno sempre più spazi che dovranno essere destinati alla produzione di carne. Ma l’aumento della produzione ha anche altre conseguenze, ancora più drammatiche:

- L’acqua utilizzabile dall’uomo è lo 0,5% di quella totale. Il 70% di questa è destinata all’agricoltura.

Gli allevamenti intensivi necessitano del 70 volte in più di acqua rispetto alle coltivazioni vegetali.

- Alla zootecnica è imputabile il 18% delle emissioni di gas serra( in particolare CO2 e metano) del pianeta, percentuale maggiore del settore dei trasporti (dati FAO). Anche se tutte le emissioni provenienti dai combustibili fossili del mondo finissero oggi, non saremmo ancora in grado di limitare l’aumento delle temperature a 1,5 gradi Celsius sopra i livelli preindustriali

- Lo spazio necessario per gli allevamenti è stato ottenuto distruggendo l’ormai ex polmone del Mondo. La Foresta Amazzonica rischia di scomparire definitivamente a causa dell’industria della carne.

- Gli allevamenti intensivi sono una sorta di laboratorio di sintesi di germi patogeni. L’elevato numero di animali connesso ai farmaci somministrati agli animali, le condizioni di vita poco dignitose da un punto di vista igienico, l’elevato numero di polveri sottili liberate negli allevamenti sono i principali fattori che hanno portato allo sviluppo di malattie come aviaria, morbo della mucca pazza, salmonellosi, campylobacteriosi, influenza A (H1N1).

- Lo sfruttamento intensivo delle risorse ittiche rischia di decimare la biodiversità marina. Gli allevamenti di acquacoltura sono per lo più insostenibili da un punto di vista economico, in quanto per la produzione di una certa quantità di pasce è necessaria una quantità superiore di mangimi. Inoltre la pesca e dell’acquacoltura è responsabile del 27% dei rifiuti presenti negli oceani deriva dalla pesca e dall’acquacoltura.

Quindi se non vogliamo vivere in Mondo malato, inquinato, desertificato e colonizzato dalla produzione di carne dobbiamo cambiare rotta.

Per il nostro partito aderire a questa campagna non significa che dall’oggi al domani tutte e tutti ci definiamo vegani o vegetariani. Significa considerare il fatto che alcuni dei problemi ambientali del pianeta derivano da cosa l’industria alimentare ha deciso che dovessimo mangiare. Significa che oggi scegliere di continuare ad avere una dieta basata sui prodotti di origine animale equivale a scegliere un modello di sviluppo malato.

Le 3 richieste principali del trattato si concentrano su:

- La fine dell’ ampliamento delle terre destinate all’allevamento, e delle aree marine destinate all’acquacoltura e alla pesca.

- Transizione attiva dai sistemi di produzione alimentare basati sull’uso di animali a sistemi di produzione alimentari a base vegetale

- Ripristino degli ecosistemi e riforestazione della Terra

C’è chi decide di utilizzare i fondi per la finta transizione ecologica per il finanziamento di multinazionali che devastano ed inquinano il pianeta. C’è chi inquina, desertifica, prosciuga, fa ammalare per arricchirsi. Poi c’è chi ragiona insieme a scienziati, istituzioni accademiche e associazioni per trovare la cura alla malattia creata da altri. Il Pianeta rischia il baratro e noi non smetteremo mai di lottare per provare a salvarlo.

Mangiare meno carne, contrastare attivamente chi propone un sistema alimentare basato su deforestazione, consumo di suolo, inquinamento e maltrattamento delle specie viventi per noi è un modo per farlo.

*Responsabile Ambiente PRC-S.E.
*Responsabile Ambiente G.C.

A 10 anni dal referendum, no alle privatizzazioni, per un Recovery Plan dei diritti e per un futuro ecocompatibile 10 anni fa una coalizione ampia e determinata ha sancito una vittoria storica nel nostro Paese: con 27 milioni di Sì ai referendum su acqua, servizi pubblici e nucleare abbiamo costretto ad un passo indietro chi per decenni ha imposto privatizzazioni e estrattivismo. 10 anni dopo, in piena pandemia, quella vittoria basata sulla difesa dei beni comuni e sull’affermazione dei diritti di tutt? sui profitti di pochi, ha un significato ancora più attuale. Da dicembre 2020 l’acqua, al pari di una qualsiasi altra merce, è stata quotata in Borsa. Un passaggio epocale che apre alla speculazione dei grandi capitali e alla emarginazione di territori, popolazioni e costituisce una grave minaccia ai diritti umani fondamentali.

Inoltre, la cosiddetta “riforma” del settore idrico contenuta nel Recovery Plan, così come aggiornato dal governo Draghi, punta ad un sostanziale obbligo alla privatizzazione, in particolare nel Mezzogiorno. L’attuale versione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza risulta in “perfetta” continuità con l’azione dei governi precedenti tesa a disconoscere e tentare di cancellare l’esito referendario: un ulteriore incentivo verso la gestione mercantile dei beni comuni, un evidente vulnus democratico per il mancato rispetto della volontà popolare. E' una risposta del tutto errata alla crisi sindemica, riproponendo le stesse ricette che hanno contribuito a crearla. La crisi ecosistemica, climatica, economica, sociale e l’emergenza sanitaria impongono una radicale inversione di rotta che metta al centro la tutela dei beni comuni in quanto elementi fondanti le comunità e la società, che garantisca una reale transizione ecologica, un'efficace azione di contrasto ai cambiamenti climatici e una fuoriuscita dai combustibili fossili e che garantisca a tutt? i diritti fondamentali, a partire dal diritto all'accesso all'acqua, dal diritto alla salute, dal diritto ad un ambiente salubre, dal diritto ad un lavoro sicuro e non precario, dal diritto alla casa per uscire finalmente dall’emergenza abitativa.

Oggi più di ieri è importante riaffermare il valore universale dell'acqua come bene comune e la necessità di una sua gestione pubblica e partecipativa come argine alla messa sul mercato dei nostri territori e delle nostre vite, contrastare il rilancio dei processi di privatizzazione attuato mediante il PNRR e le riforme che lo accompagneranno. Chiediamo di completare con il “deposito nazionale” il recesso da ciclo nucleare risolvendo in modo razionale e partecipato con le comunità locali l'eredità radioattiva di una stagione infausta. Denunciamo l'ipotesi di rilancio del nucleare sotto ogni forma sia per la produzione di energia elettrica che della filiera dell’ idrogeno.

Continuiamo a batterci contro il nucleare civile e militare in ogni sede europea e internazionale. Per rilanciare con forza e rimettere al centro del dibattito pubblico i temi paradigmatici e fortemente attuali emersi dalla campagna referendaria di 10 anni fa è stata organizzata un grande mobilitazione che si sviluppa tanto a livello locale quanto a livello nazionale secondo il seguente schema.

iniziative diffuse sui territori;

Promuove: Forum Italiano dei Movimenti per l'Acqua

Aderiscono: ISDE Italia – Medici per l’Ambiente; Associazione Costituzione Beni Comuni di Milano; WWF Italia; Movimento Consumatori; Medicina Democratica Onlus; CCA dbr Coordinamento dei Comitati e delle associazioni per la depurazione, le bonifiche e la ripubblicizzazione del servizio idrico di Massa Carrara; Associazione per i Diritti dei Cittadini ADiC Toscana Aps; Partito della Rifondazione Comunista; Giuristi Democratici; Associazione Laudato Sì; ARCI; Unione Sindacale di Base – USB; Legambiente; Movimento per il diritto all’abitare.

acqua10

Care compagne e cari compagni,
nel pomeriggio di sabato 12 giugno si terrà, alle ore 15.30 a Piazza dell’Esquilino a Roma, la manifestazione nazionale Beni comuni, acqua e nucleare: indietro non si torna! A 10 anni dal referendum, no alle privatizzazioni, per un Recovery Plan dei diritti e per un futuro ecocompatibile.

Siamo state e stati fondatori, fondatrici, animatori, animatrici e fulcro della battaglia referendaria, svolgendo un ruolo centrale nel Comitato Nazionale e nelle sue diramazioni territoriali, senza mai risparmiare il nostro impegno in questi 10 anni.

Eravamo parte, 10 anni fa, della coalizione che ha portato 27 milioni di Sì ai referendum su acqua, servizi pubblici e nucleare ma in questi 10 anni, nonostante i nostri ripetuti segnali di allarme e le nostre denunce, tutti i governi che si sono succeduti, hanno disatteso quel voto

La crisi sindemica impone una radicale inversione di rotta che metta al centro la tutela dei beni comuni in quanto elementi fondanti le comunità e la società, che garantisca una reale transizione ecologica, un'efficace azione di contrasto ai cambiamenti climatici e una fuoriuscita dai combustibili fossili e che garantisca a tutt? i diritti fondamentali, a partire dal diritto all'accesso all'acqua, dal diritto alla salute, dal diritto ad un ambiente salubre, dal diritto ad un lavoro sicuro e non precario, dal diritto all’istruzione, dal diritto alla casa per uscire finalmente dall’emergenza abitativa.

Oggi più che mai l’acqua deve essere bene comune universale, pubblico e a gestione partecipata.

Per rilanciare con forza il nostro ruolo protagonista, e la nostra visione di pubblico e bene comune, dobbiamo essere tutt? alla manifestazione nazionale di sabato 12 giugno a Roma, contattando le strutture locali che stanno organizzando i trasporti verso Roma e che trovate qui https://www.acquabenecomune.org/chi-siamo/contatti

Nei giorni precedenti e successivi al 12 giugno si svolgeranno inoltre iniziative territoriali, ai quali siete invitat? a partecipare e magari anche ad organizzarne dove manchino, che potete trovare al questo link in continuo aggiornamento https://www.acquabenecomune.org/notizie/nazionali/4080-iniziative-locali-per-il-decennale-del-referendum-beni-comuni-acqua-e-nucleare-indietro-non-si-torna

Sul sito del Forum https://www.acquabenecomune.org trovate l’appello e, a partire dal pomeriggio del 7 giugno, l’elenco di tutte le realtà aderenti.

In allegato a questa comunicazione trovate la grafica per i social ed il volantino dedicato alla vertenza acqua pubblica e beni comuni.

Maurizio Acerbo, segretario nazionale PRC-SE
Elena Mazzoni, segreteria nazionale, responsabile Ambiente PRC-SE

allegati

Domani, 5 giugno 2021, verrà depositata la prima causa climatica contro lo stato italiano, per il mancato rispetto dei vincoli climatici presenti negli accordi che lui stesso ha sottoscritto, in cui attiviste ed attivisti ambientali italiani si sono costituiti, come noi, parte civile in rappresentanza delle proprie organizzazioni e realtà.

Non chiediamo risarcimenti economici ma che lo Stato si assuma le proprie responsabilità verso il Pianeta e le generazioni future.

Alle ore 10 a Roma, in Piazza Montecitorio, ci sarà un flash mob per annunciare la notifica dell'atto di citazione della causa e alle 11, in Piazza Montecitorio 131, alla Sala Capranichetta dell'Hotel Nazionale, l'evento di presentazione con la stampa.

Elena Mazzoni, responsabile nazionale ambiente Partito della Rifondazione Comunista

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