di Angelo d’Orsi

Festa del Lavoro? Si è già parlato, più o meno scherzosamente, del suo opposto: festa del non lavoro. E dunque, se così è, si può ancora parlare di festa? E si può scendere nelle strade, invadere le piazze, agitare le bandiere, e cantare le canzoni del “Movimento”, e infine, dopo i pranzi fuori porta e le libagioni di rito, ascoltare i concerti che sembrano orma diventati il cuore dei nostri primi maggio? Si può, insomma, ripeto: “festeggiare”? Sì e no. Oggi, questa ricorrenza, come non mai, cade in un momento di feroce attacco padronale – mi scuso per la banalità dell’espressione che i miei critici leggeranno in chiave di nostalgismo veterocomunista, ma tant’è – ai ceti proletari e in generale ai subalterni, a “coloro che non hanno e che non sanno”, per citare un esponente del pensiero reazionario italiano, di oltre un secolo fa (tale Mario Morasso, ispiratore della destra più estrema del tempo). Oggi, un Ministero di “tecnici” sta facendo il lavoro sporco che il Governo dei politici non è stato in grado di portare a compimento. Chiediamoci come ci stia riuscendo.

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di Ivan Cavicchi

In una stanza di un grande ospedale pubblico di Roma, due letti, un malato è assistito in intramoenia cioè paga come se fosse in una clinica privata e come se il suo medico curante fosse un libero professionista; l’altro è assistito o dovrebbe essere assistito solo perché ne ha o ne avrebbe diritto. Il primo ha saltato qualsiasi lista di attesa ed è seguito con particolare solerzia il secondo ha dovuto fare una lunga trafila, paga il suo diritto con le tasse e chi lo cura deve tenere conto dei budget, dei vincoli, delle restrizioni, degli standard ecc. Il primo può ricevere le visite dei suoi parenti a qualsiasi ora del giorno, il secondo no. Il primo al pomeriggio prende il the con i pasticcini il secondo guarda. Milioni di malati si rivolgono ogni giorno ai centri di prenotazione per curarsi, i tempi delle liste di attesa sono spesso irragionevoli, molti di loro optano per l’intramoenia e mettono mano al portafoglio. Questa è quella che si chiama “libera professione intramoenia” istituita nel ’99 con la riforma Bindi, scritta dall’attuale ministro della salute Balduzzi, che a quel tempo curava gli aspetti giuridici di quella riforma, risultato di un accordo con i sindacati medici ospedalieri che accettavano di essere sottopagati dal pubblico ma con la facoltà di rifarsi sul privato cittadino.

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Andrea Di Stefano, 48 anni, giornalista e direttore della rivista di finanza etica «Valori». Su Radio Popolare è protagonista di una trasmissione di culto, «Il giorno delle locuste». In onda si è guadagnato il titolo di «Professore» rispondendo con serietà alle provocazioni del conduttore (Gianmarco Bachi), una maniera geniale di parlare di macro economia da sinistra. Con Carlo Monguzzi ed Emilio Molinari, negli anni Novanta, ha costituito il primo osservatorio contro le «ecomafie», collabora con diverse testate, è membro della commissione di beneficienza della Fondazione Cariplo, e vent'anni fa scriveva di economia sul manifesto.

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1. Realizzare un audit del debito pubblico. Rinegoziare gli interessi e sospendere i pagamenti fino a quando l’economia si sarà ripresa e tornino la crescita e l’occupazione.

2. Esigere dalla Ue un cambiamento nel ruolo della Bce perché finanzi direttamente gli Stati e i programmi di investimento pubblico.

3. Alzare l’imposta sul reddito al 75% per tutti i redditi al di sopra di mezzo milione di euro l’anno.

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di Franco Frediani

Prendere atto che molta della politica fatta negli ultimi anni sia stata fatta fuori dalle Istituzioni è cosa necessaria e doverosa. Premesso che l'ultima cosa che vogliamo fare è quella di pronunciare sentenze, riteniamo giusto almeno farci un'idea della situazione. La sua fruibilità, l'incertezza e le continue sorprese, la rendono fluttuante, sicuramente impossibile da capire e gestire in tempi stretti. Se poi ci mettiamo il rebus della legge elettorale che "lor signori" si riservano di costruirsi ad hoc... il gioco è fatto. La notizia del giorno è questa volta tutta per Di Pietro. Case sì, case no, onesto o meno, discutibile o altro... Siamo passati attraverso l'era (era!) Berlusconi e abbiamo capito poco o nulla. Decine e decine di rinvii a giudizio, comportamenti amorali, infrazioni ad ogni tipo di legge, umana o divina! Resta il fatto che il crimine ascrivibile a questo politico-manager poggia le sue basi su qualcosa di reale: la politica CONTRO l'Italia e gli italiani.

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di Silvia Truzzi

La società Swg ha presentato a Cernobbio una ricerca sui “comportamenti degli italiani in tempo di crisi”. Le interviste sono state fatte dal 5 al 10 di ottobre, lo riporta la Stampa: rispetto a un anno fa aumentano le famiglie in difficoltà (una su quattro) e quasi la metà (il 48%) crede che la situazione peggiorerà. E poi: sei italiani su dieci conservano gli avanzi e li riutilizzano, il 53% ricicla anche gli abiti vecchi.
Al supermercato non si compra nulla di superfluo, si compra meno di tutto e la metà dei consumatori acquista prodotti in offerta. Il sondaggio è stato commissionato da Coldiretti e alla presentazione il presidente Sergio Marini ha giustamente lanciato l’allarme: “Il previsto aumento dell’Iva costerebbe oltre mezzo miliardo solo per le spese alimentari”.

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di Franco Frediani

Berlusconi conquista ancora una volta la pole position nelle prime pagine dei quotidiani. La cronaca, almeno per quanto ci riguarda, potrebbe (e dovrebbe) finire qui. E' vero che si parla volente o nolente, dell'uomo che per diciotto anni ha monopolizzato la scena politica italiana, così come altrettanto innegabile è il fatto che non si può dimenticare quello ha significato e comportato. Tuttavia, le considerazioni che soprattutto a livello politico dovrebbero essere fatte, sono ben altre. Le riflessioni che si rendono necessarie, non sono tanto per ricordarne le gesta (per questo basta consultare gli archivi giudiziari e contare l'incredibile numero di rinvii a giudizio per farsene un'idea) quanto semmai, per non enfatizzare e dare troppo risalto a qualcosa che potrebbe ancora una volta distogliere l'attenzione da quella che è la situazione sociale e politica del Nostro paese.

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di Domenico Moro

Nel 1981 la Banca d’Italia divorziò dal Tesoro e praticamente cessò di acquistare Titoli di Stato. Da allora essi vennero dati in pasto, con interessi crescenti, prima al mercato interno, e poi alla speculazione finanziaria mondiale. Perché questo avvenne? Quali le conseguenze?
In questi giorni la stampa tedesca ha attaccato con forza Draghi. Sulla Frankfurter Allgemeine Zeitung, Holger Steltzner, lo ha accusato di voler trasferire alla Bce i metodi della Banca d’Italia. Questa sarebbe al servizio dello Stato, di cui alimenterebbe le casse. Se ora la Bce finanziasse i debiti statali acquistandone i titoli, scatenerebbe l’inflazione e aggraverebbe la crisi dell’eurozona.

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di Francesco Saraceno

Wolfgang Münchau ha scritto un interessante articolo sul Financial Times di ieri. Per riassumere, Münchau sostiene che vi sia la possibilità che il nuovo programma OMTs [Outright Monetary Transactions, acquisto "illimitato" di titoli del debito pubblico a breve scadenza (fino a tre anni) dei paesi periferici, ndr] lanciato dalla Banca centrale europea non venga mai utilizzato, perché i governi dei paesi interessati non saranno incentivati a mettersi sotto la tutela della Troika. L’OMTs rischia quindi di essere inefficace nel rilanciare l’economia. Egli sostiene quindi che la BCE avrebbe dovuto fare come la Fed, e annunciare un programma incondizionato di acquisto di obbligazioni (private e pubbliche).

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