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ROMA - Strizza l'occhio agli anni Settanta, ma in realtà lo slogan scelto per l'edizione 2012 del Gay Pride romano punta dritto al futuro: «Vogliamo tutto», dove il tutto il questione a ben pensarci non è neanche tanto visto che riguarda la possibilità di vivere con il proprio partner, di assisterlo quando è malato e condividere assieme ogni momento, come una qualsiasi coppia sposata. «Non ci accontentiamo di Pacs e unioni civili, puntiamo al matrimonio e i partiti devono saperlo se vogliono i nostri voti» spiega Antonio Berardicurti, del circolo Mario Mieli, tra gli organizzatori della manifestazione insieme ad Arcigay, Gay center e una trentina di altre associazioni. Un messaggio chiaro anche per il segretario del Pd Pier Luigi Bersani che nei giorni ha finalmente trovato il coraggio di dire che forse è arrivata l'ora che anche in Italia si faccia una legge sulle unioni civili. Un passo in avanti giudicato però adesso troppo poco dalla comunità lgbt, che vuole di più.

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Alessandra Mecozzi*

120121mecozziSi sa che in tempi di crisi la solidarietà è la pianta che fa più fatica a crescere; invece l'attacco ai diritti e alle libertà è invasivo: se lo si lascia attecchire, non si riesce più a fermare (...) L'attacco a diritti e democrazia senza risposte forti dilagherà facilmente. Per questo, la campagna della Fiom contro la distruttiva politica della Fiat, avviata a Pomigliano nel dicembre 2010 e consolidata con l'accordo separato che estende a tutto il gruppo l'attacco alle condizioni di lavoro e alle libertà sindacali, viene alimentata da scioperi, manifestazioni ed anche azioni legali.
Ma la Fiat/Chrysler è una azienda globale: le violazioni dei diritti e delle libertà in Italia riguardano anche tutti coloro che lavorano nei suoi stabilimenti nel mondo. Non attacca solo leggi e Costituzione in Italia, ma viola anche il diritto internazionale del lavoro, contenuto nelle Convenzioni dell'Oil: la n. 87 sulla libertà sindacale (1948) e la n. 98, sul diritto di organizzazione e contrattazione collettiva (1949), entrambe ratificate dal governo italiano nel 1958.

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120202precario“L’alternativa alla fuga dall’Italia dipende da noi”. Promossa da un gruppo di giovani precari verrà lanciata il 10 novembre a Firenze "Noi vogliamo restare", una campagna nazionale di partecipazione politica e impegno sociale su precarietà, lavoro e welfare.
da www.vogliorestare.it
NOI VOGLIAMO RESTARE: L'APPELLO
Più di un italiano su tre, tra i 18 e i 24 anni, è senza lavoro, e negli ultimi 5 anni sono stati persi 1,5 milioni di posti di lavoro tra gli under 35. La disoccupazione giovanile cresce tre volte più velocemente di quella complessiva, con picchi che superano il 50% per le donne nel Mezzogiorno. I pochi che lavorano, se non sono in nero, sono costretti a destreggiarsi tra i vari contratti precari, senza alcuna tutela da parte del sistema di welfare, senza alcuna protezione contro discriminazioni e licenziamenti arbitrari, senza alcuna possibilità di costruirsi autonomamente un percorso di vita dignitoso. Le disparità tra i generi vengono ampliate da una precarietà che è generalizzata, ma da cui le donne escono più difficilmente. Al paradosso di un Paese che ha pochissimi laureati, e non riesce a dare un lavoro neanche a quei pochi, si risponde chiudendo sempre di più l’accesso al sapere ed espellendo un numero sempre crescente di studenti dai luoghi della formazione con tagli e aumenti delle tasse.

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121114diffamazionedi Antonio Vanuzzo
Il Senato approva un emendamento a firma leghista: carcere fino a un anno per la diffamazione a mezzo stampa. «Il carcere rimane, quindi, e viene aumentata la pena pecuniaria», spiega Caterina Malavenda, tra i massimi esperti in Italia di diritto dell’informazione. Sallusti commenta: «A San Vittore sarò meno solo».
Palazzo Madama ha stabilito che la diffamazione a mezzo stampa è un reato che va punito con il carcere. È questo il risultato del voto al Senato sull’emendamento segreto proposto dalla Lega Nord e appoggiato dall’Api, che ha ottenuto 131 voti favorevoli contro 94 contrari e 20 astenuti. Il voto – particolare non secondario – è stato segreto. Caterina Malavenda, avvocato tra i massimi esperti in Italia di diritto dell’informazione, spiega a Linkiesta la ratio della norma: «Si tratta di un chiaro segnale politico, lo scopo del Parlamento è stato raggiunto, anche se per avere maggiori dettagli bisognerà aspettare domani quando si riunirà la Conferenza dei capigruppo».

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120302landinidi Roberto Mania
«Marchionne se ne sta andando dall’Italia, ma il suo modello rischia di estendersi a tutto il paese. Tutto questo può sembrare paradossale, ma è così. E tutto questo è anche contro le nostre leggi e i principi costituzionali». Maurizio Landini, 51 anni, da due segretario generale della Fiom, i metalmeccanici della Cgil, parte dalla Fiat per spiegare il suo no all’accordo sulla produttività proposto dalle imprese, ma anche per parlare di una nuova alleanza tra lavoratori e studenti che ruota intorno ai diritti (al lavoro e all’istruzione pubblica) «mentre — sostiene — assistiamo a un pericoloso processo di involuzione democratica ».

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demagistrisacambiaresipuoRedazione
Impossibile non dare ragione a Rossana Rossanda quando afferma che "abbiamo perso un anno", e forse potremo dire anche qualcosa di più! Non c'è più uno schieramento politico appartenente allo scacchiere parlamentare, che non si stia sfaldando, che non abbia cambiato pelle, finendo per dividersi, diluirsi, cambiare direzione e ...forse anche "altro". Talvolta c'è da chiedersi se sia davvero il caso di meravigliarsi dell'avvento della tecnocrazia e dei suoi "direttori d'orchestra". Il centrodestra è dunque in una fase di disgregazione conclamata; ogni giorno perde pezzi che vanno a comporre nuovi partiti. Il processo di ricomposizione non potrà essere indolore, sempre ammesso che ci sia. Luigi Comencini avrebbe gridato al plagio, vista l'analogia con il suo celebre film, "Tutti a casa". Chi finisce per trarre vantaggio da questo processo di scomposizione è lo stesso "quasi ex premier", Mario Monti. Il PD non ci sta a veder messo in discussione il vantaggio acquisito sotto la spinta delle primarie, a tal punto che Bersani sarebbe disposto a portarsi sulle spalle Monti fino al Colle; situazione che però non manterrebbe se lo Stesso scegliesse di scendere direttamente in campo.

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salviRedazionale

Cesare Salvi, che era già intervenuto sulla questione della inammissibilità dei referendum nei mesi scorsi, dà un giudizio severo.

Cosa si può fare adesso?

"La parola ora torna in Parlamento, ma restano due forti ragioni di rammarico."

Quali sono per te i problemi che si presentano ora con questa decisione della Corte?

"La prima cosa è che si siano persi mesi preziosi nell'attesa di una pronuncia che non poteva che essere quella che è stata, come avevo segnalato fin dall'inizio.

La seconda è che si sia creata delusione, e il rischio di un ulteriore sfiducia nei confronti delle istituzioni da parte dei tanti cittadini che avevano aderito all'iniziativa".

Le responsabilità di chi sono?

"La responsabilità non è naturalmente della Corte, ma dei politici che hanno avventatamente avviato un'iniziativa il cui vero scopo era quello, realizzato, di bloccare l'iniziativa avviata con la presentazione di altri quesiti elettorali (Passigli, Sartori, Ferrara, Villone e altri) questi ultimi, sicuramente ammissibili".

E perché avrebbero dovuto bloccarli?

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Intervista a Paul Ginsborg di Maria Zegarelli
“non sono evasivo mi creda, ma davvero in questa fase non so dire come ci presenteremo alle elezioni. È prematuro parlarne adesso”. Il professor Paul Ginsborg racconta che sono in molti a chiedersi come il nuovo soggetto politico Alba (Alleanza Lavoro Benicomuni Ambiente), creato insieme a Ugo Mattei, Marco Revelli, Paolo Cacciari, Chiara Giunti, Nicoletta Pirotta e Alberto Lucarelli, si stia attrezzando in vista del 2013.

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di Stefano Galieni

Da Gradisca D’Isonzo a Trapani, passando per Torino, Milano, Bologna, Roma, Bari, Crotone in contemporanea molti parlamentari delle opposizioni hanno ieri varcato le soglie dei centri di identificazione ed espulsione, sono entrati oltre le sbarre per riprendere l’invito lanciato loro dai giornalisti “LasciateCIEntrare”. Dal 1 aprile scorso infatti, il ministro dell’interno Maroni ha disposto, mediante una circolare interna, che per gli stessi deputati e senatori è stato difficile reperire, che ad entrare in tutti i luoghi di accoglienza e spesso di segregazione di migranti e profughi, potevano essere soltanto gli operatori di alcune organizzazioni umanitarie internazionali con cui erano già in vigore rapporti. Gli altri, i collaboratori dei parlamentari, gli operatori dei mezzi di informazione, gli esponenti di associazioni antirazziste, di forze politiche e di sindacati, devono restare fuori.

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