di Benedetto Vecchi

Il braccio di ferro tra Londra e Quito ha una rilevanza che va ben al di là della sorte di Julian Assange. La posta in gioco, infatti, è la possibilità o meno che la Rete possa essere un medium per un'attività giornalistica al di fuori delle grandi corporation dell'informazione. In fondo Wikileaks ha svolto, nelle forme che ha deciso più opportune, di diffondere informazioni che avevano una indubbia rilevanza pubblica.
La messa on line del video e dell'audio relativi all'uccisione di alcuni civili iracheni da parte di militari statunitensi, la pubblicazione dei cablogate delle ambasciate statunitensi al dipartimento di stato, ma anche la diffusione di materiali che testimoniavano episodi di corruzione di questa o quella multinazionale sono state azioni che attengono appunto ad una normale attività informativa, giornalistica.

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di Paola Desai

La scena ricorda molto il vecchio Sudafrica. La polizia ha aperto il fuoco su una folla di minatori in sciopero, lasciando a terra 18 morti, secondo alcuni reporter. E' l'episodio finora più sanguinoso del conflitto cominciato venerdì scorso quando i circa 3.000 addetti alla miniera di platino di Marikana, un centinaio di chilometri a nord-ovest di Johannesburg, si sono messi in sciopero. Conflitto duro, che ha già fatto una decina di morti nello scontro tra due sindacati per l'egemonia. Ma le immagini viste ieri ricordino la violenza dei tempi dell'apartheid.

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di Gianmario Leone

Il questore Enzo Mangini ha disposto il divieto di manifestare «sotto la prefettura e nelle relative adiacenze» in occasione del vertice di oggi a Taranto sulla vertenza Ilva a cui prenderanno parte i ministri Clini e Passera. Per l'intera giornata sarà «vietato il transito e la sosta dei veicoli nei pressi del palazzo del governo e nelle aree circostanti. Non saranno consentiti neanche cortei»». Un provvedimento che forse era scontato ma che ha il sapore dell'ingiustizia. Di fatto, si proibisce così ai cittadini di farsi sentire dai rappresentanti del governo, di poter formulare richieste, di pretendere un futuro migliore senza più veleni per i propri figli, di chiedere verità e giustizia.

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di Michele Giorgio

Non occorre conoscere l'ebraico. Un semplice turista può facilmente capire l'argomento che da giorni occupa le prime pagine dei giornali israeliani. Le immagini sono eloquenti, immancabile quella del cacciabombardiere sullo sfondo di una mappa dell'Iran, con indicati tutti i siti nucleari. Il mondo, come ben spiegava Aluf Benn domenica scorsa in un editoriale su Haaretz, tace e non reagisce. «Un silenzio assordante».

La comunità internazionale, come tanti amano definirla, si è abituata alla retorica bellica del premier Netanyahu o, peggio, si è rassegnata al fatto che Israele presto o tardi attaccherà le centrali atomiche iraniane facendo precipitare il Medio Oriente nel baratro di un nuovo conflitto. Come se non bastasse già la devastante guerra civile siriana.

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di Simone Oggionni

La Costituzione ci insegna a rispettare i compiti e l’azione della Magistratura. Tuttavia, nella misura in cui l’applicazione del diritto ha conseguenze e implicazioni di natura sociale, l’esercizio della politica incrocia la possibilità della critica.

In questo senso, gli ultimi sviluppi della vicenda giudiziaria che riguarda gli stabilimenti Ilva di Taranto destano molte, motivate preoccupazioni.

Partiamo da un presupposto: il diritto al lavoro e il diritto alla salute non possono essere utilizzati uno contro l’altro.

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