laurea

Di Alessandro Robecchi

Non basta un titolo di giornale a descrivere l'intreccio delle vicende umane. Tipo, per dirne una, sulla laurea albanese di Renzo Bossi, conseguita con sacrifici e fatica. Vediamo i fatti. Prendere una laurea in un'università albanese che si chiama come una balera (Kristal) non è per niente facile, a dispetto di quello che si sente dire in giro.

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di Marco Sferini

Il voto espresso dal Senato sull’emendamento di PDL e Lega Nord al testo di riforma costituzionale inerente il semipresidenzialismo è un segno che non va sottovalutato. Eppure i commentatori politici e giornalistici dicono che non c’è da preoccuparsi, che la trasformazione della repubblica parlamentare in una semipresidenziale non solo non è all’ordine del giorno, ma è semmai subordinata ad un’altra riforma che, invece, viene sentita come essenziale, necessaria e da fare subitaneamente: la riforma elettorale.

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di Giovanna Maggiani Chelli

Quando nel 1993 il Paese è saltato in aria con l’utilizzo di quasi 1000 chili di tritolo da parte della mafia “cosa nostra”, con sette eventi di strage in meno di un anno il Capo del Governo Tecnico era Ciampi, il ministro dell’Interno Nicola Mancino, il Guardasigilli Giovanni Conso, il presidente della Camera Giorgio Napolitano, il presidente del Senato Giovanni Spadolini, il presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro.

A parte Giovanni Spadolini e Luigi Scalfaro, Iddio li abbia in gloria, sono tutti vivi e vegeti, solo un po’ anziani, ma tutti in grado di intendere e di volere.

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di Domenico Pantaleo

Il Ministro Profumo svela qual è il vero obiettivo dei concorsi! Cancellare le graduatorie e con esse i precari che da anni garantiscono il funzionamento delle scuole.
Il Ministro dell'Istruzione considera il lavoro una merce che si utilizza quando serve e poi si può buttare nel cestino. Se si voleva ringiovanire il corpo docente, non doveva essere approvata una riforma delle pensioni che ridurrà il turn over della scuola a numeri risibili.
Per la FLC CGIL il concorso rimane lo strumento che garantisce libertà d'insegnamento e un reclutamento trasparente e democratico. Ma la vera priorità in questa devastante crisi è quella della definizione di un piano pluriennale di stabilizzazioni che oltre al turn over ricomprenda tutti quei posti che vengono ormai assegnati da anni in organico di fatto.

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di Gian Paolo Calchi Novati

Visto che i preparativi del già previsto intervento collettivo in Mali si dilungavano e col passare del tempo aumentavano le riserve degli Stati Uniti da una parte e dall'altra dell'Algeria, la Francia ha deciso di rompere gli indugi. Il fatto compiuto significa anteporre la guerra alla ricerca di una soluzione politica e nello stesso tempo cambiare le modalità dell'operazione. Sembrava scontato che Francia e Stati Uniti si sarebbero limitati a funzioni di addestramento, appoggio logistico e comunicazioni in un'operazione condotta per il resto da soldati africani a fianco o al posto dell'evanescente esercito maliano. Hollande lo aveva sempre escluso ma ha finito per - o ha cominciato con - schierare le truppe sul terreno. Si era capito che il presidente socialista, pur ripetendo che i tempi della «Françafrique» erano finiti per sempre, voleva dimostrare di essere più energico di Sarkozy e comunque fare «qualcosa di destra». Si è già spinto molto in là anche con la Siria (non certo per motivi umanitari).

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di Carlo Altini

«Rousseau e gli altri» di Alberto Burgio per DeriveApprodi

La ricerca di forme partecipative che fermino le derive oligarchiche o plebiscitarie presenti nei sistemi politici Una attenta analisi del percorso teorico del filosofo ginevrino e la sua ricezione nel pensiero politico L’ideologia democratica è oggi un fattore di conservazione o di progresso? Se riteniamo che possa essere un fattore di conservazione perché funzionale alla tutela degli interessi costituiti e delle rendite di posizione delle classi dirigenti, allora risulta necessario ripensare le modalità con cui la teoria democratica si è venuta sviluppando non solo negli ultimi decenni ma anche nel corso dell’intera modernità.

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di Marco Travaglio

Come dice Crozza, l’appello del Pd al “voto utile” è molto pericoloso. Perché gli elettori potrebbero domandarsi: utile a chi? E per fare cosa? Perché anche B. si appella al voto utile, diffidando gli elettori dal votare per tutti tranne il suo e, bontà sua, il Pd. E perché il voto è sempre utile o al massimo dannoso, ma mai inutile. Inutile è solo il non-voto. Sappiamo bene cosa intendono Bersani e Berlusconi per “voto utile”, riconoscendosi vicendevolmente come unici veri avversari: non votate per gli altri, sennò fate vincere l’altro. Una concezione davvero curiosa della democrazia, specie da parte di due leader che da 15 mesi governano insieme e si scoprono avversari solo in campagna elettorale.

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di Bruno Steri

Ha ragione da vendere Valentino Parlato nel dire che nessuno ha granchè da gioire per l’esito delle elezioni siciliane, neanche chi è stato indicato dai numeri quale vincitore. A maggior ragione, a sinistra non ci si può esimere dall’esercizio di una severa autocritica: questo voto costituisce infatti per la sinistra del nostro Paese qualcosa di più dell’ennesimo campanello d’allarme. Per molti versi, direi che è un punto di non ritorno: troppi gli errori, i limiti soggettivi, le egoistiche miopie, la progressiva frammentazione e inconsistenza quantitativa e qualitativa, per poter ancora pensare di andare avanti imperterriti ciascuno per la propria strada (sia detto ciò, senza nulla togliere alla passione, alla generosità con cui tante compagne e tanti compagni hanno affrontato questi ultimi due “terribili” decenni).

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di Loris Campetti

Il problema può essere di principio, ma può anche non esserlo perché l'analisi marxista della realtà non è obbligatoria. Dire che la colpa è sempre del padrone a qualcuno, magari anche tra i nostri lettori, potrebbe apparire come un pregiudizio ideologico. Allora mettiamola così: ovunque arrivi il padrone dell'Ilva esplode la zizzania tra i lavoratori e, soprattutto, tra i lavoratori e la popolazione vittima dei fumi di Emilio Riva. Ieri è successo a Genova, oggi si ripete a Taranto. Sentire, al termine di una grandissima e difficile manifestazione che tentava di unire i diritti al lavoro e alla salute, i leader di Cisl e Uil che per difendere il diritto al lavoro si schierano al fianco del padrone, oppure ascoltare il capo dell'Ilva che "difende" i lavoratori in sciopero dalle contestazioni, dà il segno di un inquinamento ideologico che si somma a quello, devastante, ambientale.

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