Elena Mazzoni* - 

Se ci fosse stata una discussione pubblica ci sarebbe più chiarezza. Ma non è stato possibile e non dipende da noi che ci opponiamo

Io sono una romantica, chi mi conosce, lo sa. Mi commuovo quando guardo la bellezza del Tevere da Ponte Sisto, mi commuovo mangiando un buon supplì, mi commuovo quando vengono conquistati nuovi diritti, mi commuove la passione, mi commuove la verità. Ecco, forse è per questo, perché sono una romantica, che l’affermazione “…una sana discussione pubblica deve basarsi su argomenti documentati e reali”, parte di un articolo in cui Chicco Testa, non un opinionista qualsiasi ma il più entusiasta tra gli attivisti del comitato promotore del termovalorizzatore di Roma, si cimenta su Huffpost nello smontare le argomentazioni di contrasto alla costruzione dell’inceneritore, ed un pochino a screditare tutto il vasto e trasversale fronte delle opposizioni, mi commuove, perché Chicco Testa deve essere un sognatore vero, uno che ha visto una discussione pubblica che non c’è stata.

Mai.

Eppure ci hanno provato i/le Sindac* del territorio dei Castelli Romani, Ardea, Pomezia, ad averla, anche con la richiesta di dibattito pubblico, approvata nel primo semestre 2023 dai consigli comunali rappresentativi di oltre 250.000 abitanti, ai sensi dell’art. 22 del D.Lgs. n. 50/2016, come previsto dall’art. 3 comma 3 lett. c del D.P.C.M. n. 76/2018. Richiesta rimasta inascoltata. Ci ha provato il più grande sindacato italiano, la Cgil, che ha studiato, insieme a Legambiente, ed ha poi presentato proposte, risposte, alternative prestazionali, spero che il manager Testa apprezzi lo sforzo lessicale, sia sul piano occupazionale che su quello della sostenibilità ambientale e della giusta transizione ecologica.

Ci hanno provato istituit* ed elett*, a vari livelli, creando occasioni di dibattito, quello pubblico davvero, disertate. Ci hanno provato i comitati, le associazioni, le reti di ogni tipo, ultima in ordine di tempo la Rete Tutela Roma Sud, organizzatrice di un convegno in Campidoglio. La sana discussione pubblica, qualora ci fosse stata, avrebbe evitato questi “botta e risposta” e magari avrebbe regalato a Roma la soluzione moderna, efficiente, sostenibile, all’avanguardia per la gestione dei rifiuti, che merita, ed ai romani ed alle romane una città pulita davvero.

Ma andiamo con ordine, sorvolando su Corrado Formigli, la sua trasmissione, un Marino resuscitato dalla competizione elettorale per le europee e le sue affermazioni, e proviamo a fare quello che la discussione pubblica avrebbe dovuto fare, e ringrazio l’Huffipost che ha aperto uno spazio troppo a lungo chiuso.

Cosa c’entra l’indagine della Procura di Velletri sul prezzo di acquisto del terreno su cui sorgerà l’impianto? Lo spiega l’esposto presentato da Rete Tutela Roma Sud il 9 aprile 2024 nel quale si evidenzia che il terreno acquistato a S. Palomba, al momento dell’indagine di mercato avviata nel 2021, non aveva i requisiti richiesti e solo tramite una successiva modifica della mappa delle aree idonee da parte di Città Metropolitana è stato possibile acquistarlo a quel prezzo abnorme. Tuttora non rispetta la distanza dalle case sparse e dal quartiere di 1.000 appartamenti di housing sociale in costruzione dal 2019. Non basta questo per mettere in dubbio la liceità del procedimento o forse non importa che Roma abbia un impianto trasparente, basta che abbia un impianto, a tutti i “costi”?

Un pochino debole anche la ricostruzione sui ricorsi respinti. Testa dovrebbe sapere che i giudici amministrativi si limitano a verificare che la legge sia stata rispettata e in questo caso, la legge con cui sono state trasferite le competenze sui rifiuti al Commissario Straordinario per il Giubileo consente di “derogare”, cioè superare, le leggi nazionali e regionali poste a tutela di ambiente e salute. L’interpretazione, un po’ troppo estesa a parere di chi scrive, è che tale deroga sia accettabile anche per opere non attinenti al Giubileo, perché sì, spiace dirlo, ma da cronoprogramma del progetto messo a bando, il collaudo è previsto quasi tre anni dopo, ovvero a metà 2027

Forse, per una lettura più ampia della questione è opportuno ricordare che gli altri due termovalorizzatori proposti ad Aprilia e Tarquinia, senza poteri speciali, sono stati bocciati dagli stessi giudici amministrativi.

Veniamo poi ad un punto in cui Testa fa un equilibrismo di ragionamento arrivando a collegare le procedure d’infrazione europee alla mancanza di inceneritori, ma cade, perché la procedura di infrazione per la Regione Lazio è stata avviata per l’assenza di un Piano di Gestione rifiuti, lacuna colmata nel 2020 senza prevedere ulteriori inceneritori oltre quello di San Vittore, e per il mancato rispetto della gerarchia europea dei rifiuti. Il Lazio è agli ultimi posti in Italia per riciclo e solo il 30% delle famiglie vive in un comune che ha raggiunto l’obiettivo del 65% di raccolta differenziata dei rifiuti urbani. Testa forse ignora che le procedure di infrazione non vengono mai “originate dalla mancanza di inceneritori”, perché in base al principio europeo della neutralità tecnologica, la scelta prevede anche tecnologie alternative, come gassificatori, pirolizzatori, impianti di recupero materia o che estraggono idrogeno, la sua quindi è una forzatura, oppure è romantico anche lui ed i suoi occhi vedono solo quello che vede il suo cuore: inceneritore ovunque.

Ma veniamo ad uno dei miei passaggi preferiti: “gli impianti di incenerimento non sono stati inseriti nel Pnrr e nemmeno nella tassonomia europea degli investimenti verdi, ma questo non significa che sono inquinanti”. A questo punto credo sia necessario ricordare che nelle linee guida pubblicate dalla Commissione europea sull’interpretazione del principio “non arrecare danno significativo all’ambiente” (Do Not Significant Harm – DNSH), l’incenerimento dei rifiuti è considerato un’attività che arreca un danno significativo ed è in virtù di questo che, gli impianti che bruciano rifiuti per produrre energia, sono esclusi dalla tassonomia della finanza dell’Ue.

Ed è altrettanto necessario specificare che, nella gerarchia europea dei rifiuti, ai sensi della direttiva 2008/98/CE, l’incenerimento, anche se produce energia elettrica, è ricompreso tra i sistemi di smaltimento insieme alle discariche, pertanto, rappresenta l’ultima tra le opzioni possibili. Gli impianti di incenerimento dei rifiuti solidi urbani sono compresi tra i sistemi di recupero solo se la loro efficienza energetica è uguale o superiore a parametri raggiungibili con il teleriscaldamento, eliminando un certo numero di caldaie domestiche, cosa che alle nostre latitudini non è economicamente sostenibile e infatti nessuna città del centro sud con un inceneritore è dotata di tubi per portare il calore nelle case.

A questo punto si connette anche quello che riguarda la parte di ragionamento sul costo dell’impianto, Testa contesta i numeri di un precedente articolo dell’ex senatrice Elena Fattori per poi sbagliarli lui stesso: l’investimento nell’impianto è pari a 946.100.000 euro non ai 700.000.000 di cui parla lui, ma l’errore sui numeri è grossolano quando afferma che dalla TARI dei romani e delle romane verrà detratta la vendita dell’energia, “come avviene in tutti gli inceneritori italiani ed europei” significa dimenticare che nel nord Europa gli inceneritori vendono anche calore, a Santa Palomba, no, quindi mancherebbe una fonte di ricavo.

Altri numeri che non tornano: “Il comune di Roma produce 1,9 milioni di tonnellate di rifiuti l’anno, una volta riciclato il 65% al 2035 (1.235.000) restano 665.000 tonnellate di rifiuti non riciclabili. L’impianto (600.000 tonnellate anno) è quindi sottodimensionato”. Addirittura! Il Piano di Gestione dei Rifiuti di Roma Capitale prevede che la produzione di rifiuti urbani si attesti a 1.520.000 tonnellate/anno, tenendo conto di arrivare ad almeno il 65% di riciclo “vero” nel 2035, cioè di materiali realmente riciclati, senza tenere conto dell’ampliamento che è stato comunque richiesto per San Vittore. Il residuo corrisponde a 532.000 tonnellate, uno dei due è di troppo. Tutto questo, inoltre, non tiene conto dell’evoluzione della normativa, che va dal divieto di alcune tipologie di plastica monouso al recente accordo provvisorio sul regolamento imballaggi, che ne prevede la progressiva riduzione.

Potrei andare avanti per ore, giorni, settimane, ci fosse stata una discussione pubblica lo saprebbe Gualtieri e forse anche Testa. Potrei parlare dell’acqua necessaria per raffreddare l’impianto, delle discariche speciali per polveri ed altro, delle caratteristiche del sito scelto, ma sarebbe troppo, meglio concentrarci su quello che conta davvero, che l’Italia è un Paese povero di materie prime, con un clima mite, reso caldo dalla crisi climatica in corso, che non ha bisogno di bruciarle per scaldarsi, aggiungendo CO2 e altri inquinanti nell’atmosfera, CO2 che verranno tassate, che sia nel 2026 o nel 2028, con buona pace del dottor Testa, perché in un mondo al collasso climatico non possiamo permetterci ancora di bruciare, emettere inquinanti ed altro e lo diciamo perché nell’art. 9 della Costituzione ci crediamo, per noi e per le future generazioni, come crediamo in un modello alternativo, circolare, sostenibile, a misura di ambiente, persone, cultura, lavoro e territori e non perché siamo “gruppi, fortunatamente minoritari, dedichino tanta energia e tanto livore contro un impianto” bensì perché quello che ci muove è quanto detto e non l’interesse di pochi.

Non siamo tanto minoritar* caro Chicco, organizziamo incontri, presentiamo mozioni, ricorsi, esposti, studiamo, raccogliamo firme, ci prendiamo le piazze e le strade, andiamo dal Papa il 18 maggio, all’incontro dei movimenti popolari, illuminiamo la notte con le nostre fiaccolate, voi, invece, dove state che non vi vediamo?

*Resp nazionale ambiente, e Segretaria federazione di Roma, Partito della Rifondazione Comunista – Sinistra Europea. Candidata nella lista Pace, Terra, Dignità. Da Huff.Post

La COP26 è la ventiseiesima conferenza internazionale che segue la scia degli Accordi di Rio del’92, accordi che confluiscono nella creazione della Convenzione delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, in inglese United Nations Framework Convention on Climate Change da cui l'acronimo UNFCCC o FCCC), ovvero un trattato ambientale internazionale.
Il nome COP (Conferenza delle Parti) fa riferimento al fatto che possono prendervi parte, indipendentemente, anche singoli comparti degli Stati (es. città, province, regioni).
Il trattato, come stipulato originariamente, non poneva limiti obbligatori per le emissioni di gas serra alle singole nazioni, quindi era legalmente non vincolante. Esso però includeva la possibilità che le parti firmatarie adottassero, in apposite conferenze, atti ulteriori, detti "protocolli", che avrebbero posto i limiti obbligatori di emissioni. Il principale di questi, adottato nel 1997, è il protocollo di Ky?to.
Le Conferenze delle Parti nascono per valutare il progresso da parte dei singoli Paesi nel trattare la questione dei cambiamenti climatici, in modo da poter avere nel corso degli anni un quadro completo sulle misure effettivamente messe in campo per contrastare la crisi climatica. Dal 2016, la conferenza accoglie anche gli incontri delle parti con riferimento all'Accordo di Parigi, che ha l’obiettivo di i contenere l'aumento della temperatura media globale ben al di sotto della soglia di 2 °C oltre i livelli pre-industriali, e di limitare tale incremento a 1,5 °C, poiché questo ridurrebbe sostanzialmente i rischi e gli
Fallimentare totalmente la COP-25, che si è svolta a Madrid dal 2 al 13 dicembre 2019, durante la quale gli Stati avrebbero dovuto concordare le regole di funzionamento dell’Accordo di Parigi del 2015, pensato per essere pienamente operativo a partire dal 2020.
La Conferenza si era arenata su alcuni temi “caldi” che saranno argomento di discussione, tra altri, anche in questa COP:
l’articolo 6 dell’accordo di Parigi sull’utilizzo dei mercati di carbonio, fortemente contestati dalle organizzazioni della società civile.
il meccanismo di compensazione del “loss & damage”, ovvero “perdite e danni climatici”, che richiama da un lato il concetto di “danno ambientale” e, dall’altro, l’espressione “losses” che indica “perdite assicurate”.
I crescenti costi, umani ed economici, derivanti dal cambiamento climatico, furono discussi dall’ ONU per la prima volta nel 1991, ed entrarono a pieno titolo nell'agenda delle Nazioni Unite durante la COP di #Cancun nel 2010, per poi essere formalizzati come “loss & damage” due anni dopo a #Doha. A Doha venne approvato un documento che impegna le parti a sviluppare un meccanismo per affrontare i danni derivanti dal cambiamento climatico. Il testo di Doha rimane generico, parlando di gestione integrata dei rischi e coordinazione e sinergie tra vari organismi, rinviando alla COP di Varsavia la definizione di accordi specifici sul tema. L’ipotetico meccanismo di compensazione si baserebbe su aiuti, sia finanziari che in termini di sviluppo delle competenze, da parte dei paesi industrializzati a favore dei paesi meno sviluppati e più vulnerabili agli estremi climatici: “finance, technology and capacity-building, for relevant actions, nella versione originale inglese”.
Il tema presenta numerosi interrogativi. Primo fra tutti, il rischio di aggiungere una dimensione di responsabilità legale ai danni legati al clima. Questa dimensione sarebbe particolarmente preoccupante a causa della difficoltà nell’attribuzione di un evento specifico al cambiamento climatico. Una difficoltá addizionale deriva dalle dinamiche climatiche a lungo termine, per esempio l’innalzamento del livello del mare, che saranno molto piú difficili da quantificare e gestire rispetto ai singoli eventi estremi. Ovviamente, i paesi che si prospetterebbero riceventi dell'aiuto si stanno schierando a favore del loss and damage, mentre i paesi industrializzati sono molto cauti sul tema, se non apertamente contrari.
il Green Climate Fund, istituito nel 2010 durante la 16° Conferenza sul clima, come meccanismo finanziario con il compito di sostenere i Paesi in Via di Sviluppo nelle politiche di contenimento delle emissioni di gas serra.
le tempistiche di aggiornamento degli NDC, i contributi nazionali al raggiungimento degli obiettivi target dell’Accordo di Parigi di contenimento dei cambiamenti climatici, attualmente largamente insufficienti rispetto alle raccomandazioni della comunità scientifica e in particolare dell’IPCC.
I funzionari dei quasi 200 paesi non sono riusciti a superare i loro diversi punti di vista su questi punti chiave.
Altri elementi di dibattito sono stati il riferimento al Gender Action Plan, completamente sparito dalla decisione finale e l’accettazione del Rapporto Speciale dell'IPCC sugli impatti dei cambiamenti climatici sui Territori, che alcuni Paesi, Brasile in testa, vorrebbero fosse affrontato in separata sede, insieme al tema molto dibattuto sulla deforestazione e riforestazione dell’Amazzonia.
Ricordiamo che gli Stati Uniti sono usciti dall'accordo di Parigi a novembre del 2020, ma non sono gli unici con la “maglia nera”, anche India, Cina, Australia e Brasile, si stanno mettendo di traverso di fronte a tutte le richieste di sostenibilità.
Il fallimento della COP 25 parla chiaro: il profitto non vuole piegarsi al verdetto senza appello della scienza e ancor meno alle mobilitazioni sul clima che hanno portato in piazza milioni di persone nel mondo, che chiedono di evitare la catastrofe climatica e trasformare radicalmente l'economia.
Quindi la Cop 26 si apre nell'anno più nero per l'emergenza climatica, tra disastri annunciati, allarmi della scienza e ritardi della governance.
A sei anni dall'Accordo di Parigi e a due anni dall'ultimo summit di Madrid, non c'è davvero più tempo da perdere. Glasgow sarà il momento decisivo per definire se c'è la volontà politica di costruire un'azione globale di contrasto all'emergenza climatica.

Quello che volge al termine è stato a livello globale uno degli anni più drammatici per la gravità e la capillarità degli impatti del clima che cambia: dall'uragano che si è abbattuto di recente sulla Sicilia, ai i roghi inarrestabili che hanno interessato l'area mediterranea durante l'estate fino alle inondazioni in Germania e gli impatti della crisi climatica sono già realtà anche in Italia.
Per rispettare l’obiettivo di limitare l’aumento della temperatura globale a 1,5°C serve fermare immediatamente tutti i nuovi progetti sui combustibili fossili e:
impegnarsi a dimezzare le emissioni globali entro il 2030;
fermare l’apertura di un mercato globale delle compensazioni di carbonio e favorire una cooperazione internazionale trasformativa;
stanziare un fondo, finanziato dai Paesi ad alto reddito, per consentire ai Paesi a basso reddito di mitigare gli impatti della crisi climatica, sviluppare sistemi di energia rinnovabile per abbandonare i combustibili fossili e compensare i danni già causati dagli impatti climatici nei Paesi più vulnerabili;
fermare la deforestazione predatoria dell’Amazzonia, accelerata dalle politiche fasciste di Bolsonaro;
ridurre l’inquinamento da fonti umane che deriva per il 25% dalla produzione di elettricità e calore, dalla combustione di carbone, gas naturali o petrolio, per il 24% dall’agricoltura, allevamento e deforestazione; per il 14% dai trasporti; per il 6% dal consumo di combustibili fossili per uso residenziale o commerciale e per 10% da altre attività come raffinazione del petrolio, estrazione dei combustibili fossili e il loro trasporto.
Giustizia climatica è giustizia sociale.

cop26 3

Rifondazione Comunista sostiene la mobilitazione delle reti, movimenti ed associazioni, che si battono per la giustizia climatica e sociale e che oggi erano sotto il MISE per contestare il ministro della finzione ecologica Cingolani.

Ogni anno vengono regalati alle aziende del settore fossile, per finanziare il loro business, che è una delle principali cause della crisi climatica in cui ci troviamo e degli spropositati aumenti in bolletta di luce e gas, 20 miliardi.
Chiediamo, insieme alle realtà che si sono mobilitate oggi, che questi soldi vengano utilizzati per uscire realmente dall’emergenza sanitaria e ambientale.
Chiediamo investimenti in sanità pubblica, che ha mostrato tutte le sue carenze dopo decenni di privatizzazioni; progetti di riconversione energetica che escludano la metanizzazione, privilegiando gli interventi dal basso proposti da enti locali e reti di cooperative e comunità energetiche che puntino all’autoproduzione, all’efficientamento; comunità energetiche in grado di fornire energia al 100% rinnovabile ed etica; messa in sicurezza dei territori devastati da colpevoli incurie, inondazioni e terremoti, complice anche la dissennata cementificazione e speculazione immobiliare; bonifica delle centinaia di discariche tossiche e di siti inquinati, protezione dell’aria dagli inquinanti e risanamento dei sistemi idrici.
La transIzione ecologica sia vera e cominci subito.

Maurizio Acerbo, Segretario nazionale
Elena Mazzoni, Responsabile nazionale ambiente, Partito della Rifondazione Comunista - Sinistra Europea

Car* compagn*,

come saprete da alcuni mesi ho avuto l'incarico dalla direzione nazionale di Responsabile nazionale Ambiente del partito.

Ringrazio tutt@ i/le compagn@ con cui in questi mesi ho lavorato per la disponibilità, l'abnegazione, la competenza, l'amore dimostrato per il Partito e l'entusiasmo e sono sicura che troverò tutto questo ed anche di più nelle nuove relazione che andremo a creare.

Come diceva in un suo scritto Giorgio Nebbia qualche anno fa, la difesa dell'ambiente è l'altra faccia della lotta alla globalizzazione neoliberista. La difesa dell'ambiente è lotta di classe, e un partito comunista non può non essere anche coerentemente ambientalista. A tale proposito vi segnalo un saggio di un grande scienziato marxista americano che abbiamo pubblicato sul sito: http://www.rifondazione.it/primapagina/?p=36387

Serve l'impegno di tutt@ per salvaguardare l'ambiente e i beni comuni.

Serve coraggio e capacità di trovare nuovi modi di produrre e consumare, modi che non attacchino la nostra ricchezza più grande: il Pianeta in cui viviamo.

In questa ottica di piena condivisione del lavoro, perché uniti siamo tutto e divisi siam canaglia, vi chiedo di pensare al Dipartimento Ambiente come un qualcosa di organico e plurale, in cui lavorare tutti insieme, senza timori e senza polemiche, cercando di unire le vertenze e portando la nostra competenza e le nostra bandiere, nelle lotte e e nei comitati, tra la gente, là da dove veniamo e dove resteremo.

Se dovete inviarmi materiale o altro usate pure il seguente indirizzo:
All'attenzione di Mazzoni Elena
Partito della Rifondazione Comunista
via degli Scialoja 3
00196 Roma

Per qualsiasi informazione o problema, potete inviarmi una mail a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo. o contattarmi al 3281312595

Chiedo a segretari/e di federazione e regionali di inviarci nominativi con mail e numeri di cellulare di responsabili ambiente regionali o provinciali e/o comunque di compagne/i impegnati in lotte, vertenze, comitati e associazioni per costruire un indirizzario, coordinarsi e socializzare esperienze e informazioni.

Elena Mazzoni
Responsabile Ambiente Prc-SE

ambient accesso atti testa

Ogni giorno guardiamo i danni che le grandi opere, gli impianti industriali e quelli di trattamento dei rifiuti, le discariche, le centrali di vario tipo e gli “incidenti” collegati a questi producono sui territori, all’ambiente e alla salute.
A rischio è il Pianeta ma soprattutto la sopravvivenza della specie umana.
Sappiamo tutto ciò ma spesso non conosciamo a fondo quanto i comitati di cittadini possano fare per fermare lo sfruttamento.
Nel nostro ordinamento giuridico sono presenti tutta una serie di strumenti che consentono al cittadino di accedere alla pubblica amministrazione, avere l’accesso agli atti e anche produrre memorie, diffide e farsi parte del procedimento fino al punto, qualora ciò non fosse stato sufficiente, di ricorrere anche in giudizio di fronte al TAR.

Leggi tutto...

liberazione16 dicembre 2011 15:30

Consiglio Regionale della Toscana, Sala Collezioni - Palazzo Bastogi

Via Cavour, 18 Firenze

Presentazione del libro Come abbiamo vinto il Referendum di Marco BERSANI

a seguire tavola rotonda: La riforma degli Ato del servizio idrico in Toscana

Introduce e coordina: MONICA SGHERRI Capogruppo Federazione della Sinistra –Verdi

Consiglio Regionale della Toscana

Leggi tutto...

Insieme ad Emiliano Limiti, nominato pochi giorni fa numero due della municipalizzata romana della monnezza, l'AMA. Lo stesso Limiti che, nel 2013, si incontrava in un bar romano con l'ex militante di estrema destra Stefano Andrini, condannato per lesioni a militanti di sinistra in un pestaggio e Luca Gramazio, all'epoca capogruppo di Forza Italia in regione e poi condannato a 5 anni e sei mesi come interno all'associazione a delinquere guidata da Buzzi e Carminati.

Lo rivela Nello Trocchia, in un'inchiesta giornalistica che troverete in edicola su "Domani" il 2 dicembre.

Nulla da dire, un bel biglietto da visita per Gualtieri che ricicla i soliti noti invece dei rifiuti.

Elena Mazzoni, responsabile ambiente nazionale di Rifondazione Comunista - Sinistra Europea

notriv11Sabato 12 Gennaio scenderemo in piazza a Licata con i Comitati No Triv siciliani, per dire “NO” all’ennesima operazione di speculazione capitalistica di ENI, che vuole realizzare, nel meraviglioso braccio di mare tra Gela e Licata, un gasdotto di collegamento tra i pozzi off-shore e il centro di collegamento di Gela.
“Nel mare passerà un’autostrada di metano, per noi inaccettabile. La Sicilia non può diventare, per la complicità dei 5 stelle e per l’asservimento della Lega al mondo OIL&GAS, il luogo di stoccaggio del gas metano, invasa da navi commerciali, centrali di raffinazione, cisterne, serbatoi, condotte, strutture inquinanti, centro nevralgico di una vasta operazione speculativa internazionale”, dichiara Elena Mazzoni, responsabile nazionale ambiente del Partito della Rifondazione Comunista-SE, tra i primi a scoprire nel Bollettino degli Idrocarburi del Ministero, e a denunciare, le nuove concessioni per le trivelle nel mare Ionio.
“La Sicilia non può essere né la piattaforma militarizzata degli Usa e della Nato, da Sigonella al Muos di Niscemi, né il territorio colonizzato di operazioni speculative . La vocazione naturale dell’isola richiede politiche di sostegno delle produzioni agricole locali, di tutela della pesca, di difesa della natura e dei beni comuni, di rifiuto della cementificazione delle coste”, conclude Mimmo Cosentino, segretario regionale del Prc Sicilia.
Invitiamo ambientalisti, pacifisti, associazioni, pescatori, lavoratori del turismo e quante/i amano il mare e il loro territorio a raggiungerci in Piazza Regolo a Licata sabato 12 Gennaio, alle ore 10,30, per gridare insieme: “Il mare non si spurtusa”.

Elena Mazzoni – responsabile nazionale ambiente PRC – SE
Mimmo Cosentino, segretario regionale Prc Sicilia

120110rinaldiLa segreteria nazionale di Rifondazione Comunista si unisce alla denuncia e alla richiesta di verità circa l’incidente della Nave Grimaldi avvenuto il 17 dicembre 2011 quando nel tratto di mare tra Gorgona ed il Banco di Santa Lucia l’Eurocargo Venezia, della compagnia in questione, ha disperso in mare 224 bidoni, ognuno carico di 200kg di monossido di cobalto e molibdeno, materiale pericoloso che, secondo il rapporto della Guardia Costiera, a contatto con l’aria si surriscalda e libera polveri e gas tossici. (alcuni esperimenti svolti su cavie hanno dimostrato che un eccesso di molibdeno provoca deformità sui feti).

Già il 9 luglio, a circa 10 miglia da porto di Marciana Marina, all’isola d’Elba, sono state registrate operazioni inequivocabili di attività di scarico, in quello che definito il Santuario internazionale dei mammiferi marini Pelagos attività più che sospetta specie alla luce del resoconto testuale dell’equipaggio tedesco della MS Thales, che qui si riporta integralmente: “il 9 Luglio 2009 la MS Thales era in navigazione dal porto (porto di provenienza) di Marina di Pisa all’Isola d'Elba.

Alle 21,00 abbiamo osservato la nave porta-container Toscana, il cui (porto di provenienza) La Valetta, nella posizione 43 07,893N, 10 15,026E (la posizione stata presa con l’aiuto del GPS e del sistema radar di bordo). La nave Toscana era ferma. Non cera segno di lavaggio della cisterna. Non cera segno di ancoraggio o che fosse disabilitata. A una osservazione più vicina con l’aiuto di binocoli (8x40) abbiamo scoperto l’equipaggio della nave mentre lavorava sulle gru di bordo, gettando alcuni oggetti fuori bordo. Gli oggetti sembravano essere container da 16ft2”.
Rosa Rinaldi, della segreteria nazionale del PRC e responsabile ambiente, dichiara la partecipazione di Rifondazione Comunista alla manifestazione dell'8 gennaio a Livorno, e, chiede a tutte le autorità competenti di fare piena luce sull’accaduto, un diritto inalienabile per i cittadini sapere la verità, un dovere inderogabile per le autorità competenti. Il Mediterraneo non può essere trasformato in discarica, come purtroppo accade, essendo questo mare crocevia di incontri tra i popoli ed un bene essenziale da preservare per l’umanità.

Rosa Rinaldi
Segreteria naz. PRC

Sostieni il Partito


 

COME SOTTOSCRIVERE

  • tramite bonifico sul cc intestato al PRC-SE al seguente IBAN: IT74E0501803200000011715208 presso Banca Etica.
  • attivando un RID online o utilizzando questo modulo
  • con carta di credito sul circuito sicuro PayPal (bottone DONAZIONE PayPal sopra)

Ricordiamo che le sottoscrizioni eseguite con la causale erogazione liberale a favore di partito politico potranno essere detratte con la dichiarazione dei redditi del prossimo anno