di Antonio Mazzeo

Gli instancabili viaggi internazionali del titolare del dicastero della Difesa italiana, Giampaolo Di Paola, per promuovere la «grandeur» dell'Italia e l'efficienza del suo complesso militare industriale. Un anno sui campi minati

Il pomeriggio del 16 novembre 2011 quando giurarono fedeltà alla Costituzione i ministri-tecnici del primo Governo Monti, lui non c'era. «L'ammiraglio Giampaolo Di Paola, alla difesa, è in missione in Afghanistan per conto dell'Alleanza atlantica», si giustificò il premier. Da quel momento in poi il ministro con le stellette non si è fermato un attimo, sempre in giro per il mondo a promuovere la grandeur dell'Italia e l'efficienza del suo complesso militare industriale. 

La prima visita ufficiale dell'ex Capo di stato maggiore ed ex presidente del Comitato militare della Nato - tredici giorni dopo l'insediamento - era a Berlino nel nome del ritrovato asse italo-tedesco per lo sviluppo dei missili e dei droni.

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landini 3di Maurizio Landini
E' incredibile lo stupore che ha suscitato l'annuncio fatto dall'amministratore delegato della Fiat, Sergio Marchionne, riguardo al fatto che il piano Fabbrica Italia non esista più.
Bastava guardare l'assenza della progettazione di nuovi modelli, la lunga cassa integrazione, il venir meno alla promessa di un anno e mezzo fa di investire 20 miliardi di euro negli stabilimenti italiani. La stessa promessa era stata fatta in cambio della drastica riduzione dei diritti e delle libertà dei lavoratori accettata dagli altri sindacati prima a Pomigliano, poi a Mirafiori, poi alla Bertone e, infine, estesa a tutto il Gruppo Fiat. Secondo me, chi ha firmato e sostenuto quegli accordi in cambio degli investimenti in Italia oggi dovrebbe riflettere sulle proprie scelte.
Non appare quindi una grande novità quella annunciata da Marchionne. La domanda è: "Chi doveva vigilare su quegli investimenti e sul futuro dell'unica casa automobilistica italiana?".

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obama montidi Alberto Burgio
Se nei commenti della grande stampa sopravvivesse un briciolo di onestà intellettuale, si vedrebbe nella spinta alla "concentrazione capitalistica", operata da Monti, la vera causa della proletarizzazione del ceto medio.
Ragionare su Monti e il suo governo «a babbo morto» sarebbe vano se non fosse che le cose si capiscono meglio alla fine e che anche quanto è accaduto negli ultimi giorni è interessante. Senza contare che le conseguenze nefaste di questo anno «tecnico» ce le trascineremo a lungo. Monti non scompare per il semplice fatto di andarsene finalmente da palazzo Chigi.

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grillom5s

di Francesco Russo
Si sono appena concluse le Elezioni Amministrative 2012 che hanno visto emergere in maniera chiara il Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo. Nielsen ha analizzato 210 mila messaggi relativi agli ultimi 12 mesi, evidenziando il ruolo dei social network come luoghi dove si concentrano la maggior parte dei post.

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di Daniela Preziosi

«Io qui mi sento a casa. Ci sono alcune differenze fra noi ma dobbiamo fare uno sforzo di sintesi e intraprendere un percorso comune. Sappiamo bene che con il Pd ci sono forti divergenze. Per esempio, noi stiamo con i No Tav. Ma il confronto non ci sporca». Al Teatro Quirino, all'assemblea di Cambiare si può (una delle tre gambe della futura lista civica, le altre due sono gli arancioni di De Magistris e i partiti) Antonio Ingroia spiega con queste parole la richiesta pubblica di un incontro con Bersani. C'è chi giura che è fissato un appuntamento per la prossima settimana. E a questa platea l'idea non piace affatto.

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di Costantino Cossu

Natale di lotta per gli operai ex Rockwool di Iglesias, asserragliati nella galleria Villamarina della miniera di Monteponi, i cui ingressi sono stati murati alcuni giorni fa. Una giornata di festa e di protesta, all'insegna della speranza e della solidarietà. Il 25 mattina hanno ricevuto la visita del vescovo di Iglesias, Giovanni Paolo Zedda. Nel piazzale antistante l'ingresso della galleria occupata, insieme con i lavoratori ci sono anche i giovani che sostengono la lotta dei genitori. Cristian Strina, laurea in Scienze politiche e in procinto della specialistica, è il figlio di Nunzio, ex minatore Bariosarda passato poi alla fabbrica di lana di roccia della Rockwool. «Cristian ha seguito tutte le nostre battaglie - ha raccontato

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120113articolo18di Domenico Moro

1. Dieci anni di arretramenti

Dieci anni fa al Circo Massimo, contro l’abolizione dell’articolo 18, si tenne la più grande manifestazione sindacale, tre milioni di partecipanti secondo la CGIL, superata forse solamente dalla manifestazione del 2003 contro la guerra in Iraq. L’articolo 18 fu salvo, con grande entusiasmo a sinistra. Eppure, si trattò di una vittoria tattica, inserita in una sconfitta strategica per il movimento operaio, cioè in un peggioramento dei rapporti dei forza complessivi. Infatti, un anno dopo passò la Legge 30/2003 (Legge Biagi), che, bypassando l’articolo 18, abbassava drasticamente il livello di tutela dei lavoratori. Il grado di protezione del lavoro, già ridottosi con il Pacchetto Treu (varato dal Primo governo Prodi, sostenuto e partecipato anche dai comunisti) crollò al di sotto di quello di Francia e Germania.

Gli esiti delle grandi mobilitazioni contro l’articolo 18 e contro la guerra hanno denotato la medesima difficoltà della sinistra a capitalizzare organizzativamente e politicamente la forte spontaneità di massa.

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lavoroDi Gianni Rinaldini*

Le cause della crisi sono scomparse dal confronto politico e sociale. Sembra che tutto derivi dal debito pubblico di alcuni paesi e non da disuguaglianze sociali, precarizzazione, sistema finanziario. Il governo Monti rappresenta una sorta di epilogo della storia politica di questi ultimi decenni, dove gli aspetti fondamentali del liberismo, del capitalismo finanziario, sono stati e sono assolutamente egemoni. Siamo al paradosso che la crisi è usata per portare a compimento lo stesso modello sociale, culturale e politico che ci ha portato al disastro.

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partitodemocraticoeuropeedi Roberto Musacchio
Può un partito, un leader, che è per il Fiscal Compact, la Tav, le missioni militari, chiedere, anzi quasi imporre, di votare per lui, a me, che sono contro tutte quelle cose?
Mi sono interrogato sul fastidio profondo che mi hanno provocato le ultime uscite sul cosiddetto “voto utile” di Bersani e altri del Pd, e ho pensato che la cosa richiede qualche riflessione in più anche rispetto alle, per me, salutari risposte che circolano in rete e che invitano Bersani a rivolgersi a Monti, o gli ricordano il governo “tecnico” sostenuto insieme a Berlusconi, o prevedono starà ancora con Monti dopo il voto, o, appunto, legano l’”utilità” ai contenuti e alle idee.
E le riflessioni riguardano la natura della nostra democrazia, ma anche della nostra etica, e dei soggetti che agiscono sullo scenario pubblico, come i partiti.

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