121105dipietridi Tonino Bucci
La crisi dell'Idv si può raccontare in tanti modi. Si potrebbe iniziare dagli scandali veri o presunti che hanno coinvolto esponenti locali del partito, ultimo fra i quali l'ex capogruppo alla regione Lazio, Vincenzo Maruccio. Nulla di nuovo, si potrebbe commentare. Fin dai tempi di Scilipoti e De Gregorio l'Idv ha sempre manifestato vistose incongruenze nella scelta del proprio personale politico. Certo, nel partito sono transitati personaggi di spicco che oggi giocano un ruolo pesante nella politica italiana. Basta citare i casi del sindaco di Palermo Leoluca Orlando e di quello di Napoli, Luigi De Magistris, quest'ultimo in procinto di lanciare una propria lista alle prossime politiche. Per non parlare di personalità illustri, reclutate in gran parte nell'area culturale della sinistra, dal filosofo Gianni Vattimo allo storico Nicola Tranfaglia.

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9berdini

di Paolo Berdini
eri i giornali di informazione hanno enfatizzato oltre i limiti del ridicolo il «piano città» del ministro Passera e del viceministro Ciaccia. Di fronte alle carenze strutturali e allo stato di abbandono delle nostre città che non riescono a competere con le città dell'Europa, in tutti i titoli si leggeva che erano stanziati niente meno che 2,1 miliardi di euro. Lavoce.info - sempre puntuale e preziosa - ha dimostrato che i 224 milioni, gli unici veri della partita perché il resto sono anticipazioni della Cassa depositi e prestiti, non sono neppure tutti nuovi perché verranno dai tagli di interventi di edilizia già programmati.

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BruceSpringsteenWreckingBall

di Stefano Miliani
Gli avidi e i ladri hanno distrutto la tua città, canta un Bruce Springsteen già infuriato in Death to my Hometown nell’ultimo album Wrecking Ball. Ma quando il Boss la E Street Band intonano quella rabbia degli esclusi allo Stadio Olimpico di Barcellona, allora è un’altra faccenda, allora l’incedere stile marcia irlandese diventa ancora più determinato, l’ira si fa carne viva, è sudore, chitarre e batteria, è respiro, è rivolta contro l’ingiustizia sociale degli uomini che toglie lavoro, che divora e prosegue.

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120707torturadi Moni Ovadia
Il mio amico Luciano Rapotez, 93 anni, ex comandante partigiano nella zona di Muggia - oggi segretario dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia, sezione di Udine – non cessa di ripetere questa frase: «I dolori della tortura non vanno in prescrizione». In breve, la vicenda che lo portò a subire la crudele esperienza della tortura: dieci anni dopo la fine della guerra di Liberazione, Rapotez fu arrestato sotto casa sua a Trieste con l’accusa di triplice omicidio. La città giuliana viveva in quegli anni una lacerazione da guerra civile perdurante ed era pervasa da un forte revanscismo fascista. L’accusa era stata costruita ad arte per incastrare degli ex partigiani. Per farlo confessare gli agenti di polizia e di custodia, ex fascisti, lo sottoposero a 306 ore di tortura, nella forma di ogni sorta di tormento che il sadismo del torturatore alambicca contro la sua vittima inerme: ripetute percosse, privazione continua del sonno, negazione dell’acqua, del cibo e della soddisfazione dei bisogni corporali per giorni e giorni. Rapotez fu rimesso in libertà dopo l’assoluzione in assise per interessamento dell’onorevole Aldo Moro che era rimasto sconvolto dal suo caso e in seguito assolto in ogni grado di giudizio. Nel frattempo però la sua famiglia si era distrutta, non trovò più lavoro e dovette emigrare in Germania dove si rifece una vita.

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il-vate-arringa-a-fiume

di Gianni Fresu
Il “caso Grillo” è per molti versi l’ultimo esempio della grande passione degli italiani per l’eloquenza e la guida carismatica. Questa tradizione, lunga e consolidata, almeno da D’Anunnzio in poi, ci spiega forse più di ogni cosa perché oggi la gran parte dei partiti politici italiani (PDL, UDC, IdV, SEL, FLI, Lega) reca nei rispettivi simboli il nome del proprio leader. Senza voler entrare nel merito delle rispettive proposte politiche, né fare assurdi paralleli tra le diverse personalità, è un fatto che in Italia ci sia una tendenza del tutto peculiare ad affidarsi ciecamente a un capo politico, cui si attribuiscono capacità illimitate, delegandolo ben oltre il mero rapporto di rappresentanza.

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brancaccioemilianoIntervista a Emiliano Brancaccio di Checchino Antonini
«Trovo maldestro, al limite del comico, il tentativo di certi media di valutare il caso del Montepaschi come un effetto di ingerenze politiche nella gestione bancaria. Sergio Rizzo, sul Corsera, ha addirittura candidamente affermato che il problema chiave sarebbe la dipendenza della banca senese dal potere politico. A suo avviso, quindi, per risolvere i problemi di MPS è sufficiente che la politica faccia un passo indietro e lasci la banca alle logiche del mercato. Ma qualsiasi osservatore che non abbia il prosciutto dell’ideologia liberista sugli occhi sa bene che questa è una interpretazione fuorviante e manichea dei fatti.

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121001alcoaVladimiro Giacché
Caso Ilva e caso Alcoa. Due storie molto diverse tra loro, che hanno però anche qualcosa in comune. In entrambi i casi, si tratta di ex imprese pubbliche che sono state privatizzate.
È un buon esempio di quanto pesino tuttora sulla nostra economia gli esiti delle privatizzazioni degli anni Novanta. Già questo sarebbe un ottimo motivo per occuparsene. Ma non è il solo. Oggi si torna a parlare della vendita di proprietà pubbliche per ridurre il debito. Sarebbe una buona idea? Capire cosa è successo venti anni fa può aiutarci a rispondere a questa domanda.
1) Dal 1992 al 2000 la gran parte dell’industria di Stato e delle banche pubbliche è stata posta sul mercato. Si tratta del più ampio processo di privatizzazione mai realizzato in Occidente. La tecnostruttura guidata da Mario Draghi, all’epoca direttore generale del Tesoro (che mantenne la carica sotto 6 diversi ministri), privatizzò imprese statali per un valore di 220.000 miliardi di lire, oltre 110 miliardi di euro.

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1halevi

di Joseph Halevi
La resistenza di François Hollande alla signora Merkel non è andata oltre le dichiarazioni del neopresidente. In un articolo a firma di Romaric Godin apparso sul quotidiano economico La Tribune di ieri 21 giugno viene rilevato che «il primo ministro Jean-Marc Ayrault rientra nei ranghi». In un'intervista al settimanale Die Zeit, l'ex professore di tedesco ormai sostiene che «una mutualizzazione dei debiti esige obbligatoriamente una maggiore integrazione politica, cosa che richiederà svariati anni». Questo altro non è che il discorso tenuto dal ministro delle finanze tedesco Wolfgang Schäuble e dalla cancelliera Angela Merkel dall'elezione di François Hollande il 6 maggio scorso. L'articolo ricorda che Hollande mise gli eurobond tra gli obiettivi più importanti del suo governo.

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120801bioeticadi Cinzia Sciuto

Diciamolo chiaramente: di questo parere del Comitato nazionale di Bioetica sull'obiezione di coscienza non se ne sentiva proprio il bisogno. In un paese in cui la quasi totalità dei ginecologi si rifiuta di compiere interruzioni di gravidanza proprio dichiarandosi obiettore di coscienza, e in cui a causa di questi numeri abnormi sta diventando praticamente impossibile abortire in molte strutture pubbliche, il Cnb – organo consultivo del governo – pubblica un parere (approvato con il solo voto contrario e motivato di Carlo Flamigni) in cui difende a spada tratta l'obiezione di coscienza, conferendole il rango di diritto costituzionale. Di più: definendola addirittura un baluardo della democrazia a presidio dei “diritti inviolabili dell'uomo”.
Andiamo con ordine. Il parere pubblicato dal Cnb decide di occuparsi della questione dell'obiezione di coscienza in generale, non con riferimento specifico all'interruzione di gravidanza. L'obiettivo del Comitato è quello di fornire un quadro etico-giuridico che possa essere utile alla regolamentazione dell'obiezione di coscienza.

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