di red.

I ricchi non pagano le tasse. Già si sapeva (a denunciare redditi oltre i 100mila euro sono in pochissimi), ma leggerlo nero su bianco sul Sole24ore fa effetto. Stando alle ultime rilevazioni, le tasse sul lusso introdotte dal Salva Italia si stanno rivelando un vero flop. Il governo si aspettava un incasso di 387 milioni, ma finora ne sono arrivati solo 92. Meno di un quarto. La patrimoniale sul lusso colpisce auto di grossa cilindrata, barche e aerei.
Almeno dovrebbe colpire. L’evasione più pesante è quella dei proprietari di yacht superiori a 10 metri di lunghezza, che entro il 31 maggio avrebbero dovuto versare 155 milioni e invece si sono fermati a 23.

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di  red.

Gilet catarifrangente e borsa zeppa di raccomandate a tracolla. Per anni sono andati in giro così, con una scritta sulla schiena: “Stiamo consegnando corrispondenza per conto di Poste italiane”, ovvero “non siamo postini”. Sono i lavoratori degli appalti postali e il loro posto è a rischio, perché Poste italiane da luglio 2012 ha cominciato a “razionalizzare” e “reinternalizzare”. “Razionalizzazione” che tocca da vicino duemila “non-postini”.

C’è chi da marzo non riceve lo stipendio, chi è già in cassa integrazione e chi ha i giorni contati per entrarci. “Siamo a rischio estinzione”, hanno denunciato più volte nei loro appelli su internet e durante lo sciopero nazionale indetto il 2 luglio scorso dalla Cgil. Hanno aperto anche un blog: si fanno chiamare “truppe d’appalto”.

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di Loris Campetti

La lotta di classe c'è stata in questi anni, peccato che a dichiararla, e a vincerla, siano stati i ricchi contro i poveri. Con il risultato che il 15% della ricchezza nazionale si è spostata dai salari e dalle pensioni ai profitti e alle rendite, più di 250 miliardi volati dal basso all'alto. «Se ci siamo beccati vent'anni di Berlusconi è perché da vent'anni il lavoro in Italia non è più rappresentato», grida Maurizio Landini a un pubblico di 5 mila delegati determinati, in attesa della proposta finale del segretario della Fiom. Eccola: «Il 16 novembre sciopero generale della categoria, nello stesso giorno della mobilitazione nazionale degli studenti.

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di Alfonso Gianni

L'intervista di Bersani di ieri su Repubblica contiene diversi elementi interessanti. Peccato che molti di essi siano gia' stati contraddetti dalle scelte concrete di quel partito. Il voto sull'articolo.18, sul pareggio di bilancio, sul fiscal compact sono mattoni di una politica a dir bene moderata, tutta interna alla politica attualmente dominante in Europa.
L'accordo che si profila sulla legge elettorale e' disegnato affinche' si creino simili equilibri, come ha immediatamente notato Berlusconi in una intervista praticamente parallela. La grande coalizione scartata a parole viene favorita nei fatti.

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di Alfonso Gianni

Desta stupore la rimozione del tema del fiscal compact, e delle conseguenze che ne derivano, dal dibattito sulle scelte elettorali della sinistra italiana. Naturalmente se ne parla in convegni economici, da ultimo quello di Sbilanciamoci. Ma quando entrano in scena gli attori politici scende il silenzio.
Non credo si tratti solo del tradizionale provincialismo che affligge la politica nel nostro paese, per cui tutti si dichiarano europeisti e poi se ne scordano quando le elezioni si avvicinano. Né che siamo soltanto di fronte alla deleteria separazione della cultura economica dalla politica che è all'origine della tecnicizzazione della prima e dello svuotamento della seconda. Qui c'è qualcosa in più e di più grave.

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di D.P.

La voce circola da giorni, ma stavolta la conferma c'è, anche ancora se rigorosamente off the record. Il grillino dissidente Giovanni Favia sarebbe interessato alla «rivoluzione civile» di Antonio Ingroia. Persino tentato. Arruolare il consigliere regionale emiliano cacciato a dicembre dal Movimento 5 stelle, per il magistrato palermitano sarebbe un colpaccio: tanto sul piano dei voti da sfilare a Grillo, quanto per rispondere a chi - come i «professori» di Cambiare si può - lo accusa di dare troppo spazio ai partiti della sua cabina di regia, composta dai sindaci De Magistris e Orlando ma anche il quartetto dei segretari Di Pietro-Diliberto-Ferrero-Bonelli.

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di Luciano Gallino

La chiusura ventilata della Carbosulcis avrà forse delle ragioni economiche, ma per diversi aspetti ha un forte contenuto politico, e un non meno rilevante potenziale di innovazione del modello industriale. Se le ragioni economiche finissero per prevalere sulle altre, come rischiano di prevalere, sempre in Sardegna, nei casi dell’Alcoa, dell’Euroallumina, della Portovesme, le relazioni industriali in Italia farebbero un altro passo all’indietro, e le spinte a innovare qui e ora un modello industriale superato subirebbero un lungo rinvio.
Il contenuto politico deriva dal fatto che si tratta di minatori. La memoria non può non andare al durissimo attacco che venne sferrato dal governo Thatcher nel 1984-85 contro il sindacato nazionale dei minatori, il più forte del Paese. Ben più che ridurre i costi dell’industria mineraria o avviarla a qualche tipo di conversione, esso aveva lo scopo manifesto di spezzare le reni all’intero movimento sindacale. L’operazione ebbe successo.

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di Marco Berlinguer

Con l'esplosione in Sicilia del movimento 5 stelle, la metamorfosi politica italiana ha un nuovo vettore: un nuovo contenitore per darsi forma. Il movimento 5 stelle ha funzionato come la breccia in una diga: ha aperto un canale, sia pure parziale, di sbocco al deterioramento di rapporti tra società e partiti e alla confusa ricerca di cambiamento che attraversa il paese. Il movimento di Grillo rimane un animale strano, difficile da classificare. Un ircocervo della politica. E anche per questo prende voti da sinistra, da destra e dall'astensionismo.

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di Norma Rangeri

È tornata la sceneggiata. Del perseguitato dai magistrati, del complotto internazionale, del liberale con le mani legate dalla Costituzione, che non lo ha fatto governare, delle promesse che si ripetono e non sono state mai mantenute. L'immagine televisiva è come un tuffo nel passato: sempre carico di trucco pesante, la solita Rete4 al suo servizio, la telecamera fissa, gli applausi della claque. In più c'è lo «scudiero» anti-magistrati, l'avvocato Ghedini. Silvio Berlusconi ieri ha confermato il passo indietro (non si candida a palazzo Chigi né alle primarie) per farne due avanti: uno contro Monti al quale minaccia di ritirare subito la fiducia, e l'altro per contenere lo sfascio del suo schieramento.

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